Le tre vite di RobertoÈ morto Cicciomessere, il radicale più bravo, più buono e più stronzo

È stato uno dei più rigorosi e generosi intellettuali pannelliani, con uno stile che bordeggiava l’eresia e l’insolenza. È stato sia il padre della legge sull’obiezione di coscienza e della politica antimilitarista sia uno dei più precoci e risoluti contro l’inganno pacifista

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Per quelli che non lo hanno conosciuto personalmente, Roberto Cicciomessere, dirigente e parlamentare radicale di lungo corso, è per lo più passato alla storia soprattutto per le sue geniali e furiose impuntature e per un carattere tanto programmaticamente intollerabile, quanto aperto alle esigenze della fantasia e dell’invenzione.

Invece è stato, al di là delle apparenze, uno dei più rigorosi e generosi intellettuali pannelliani, ma con uno stile personale che bordeggiava l’eresia e l’insolenza. Non solo all’esterno, in partibus infidelium. Ma anche all’interno di quella variegata galassia radicale, di cui Pannella provava e non sempre riusciva a orientare e controllare gli equilibri e che spesso trovava in Ciccio, come tutti l’hanno sempre chiamato tra i radicali, un Franti provocatorio e beffardo.

Aveva escogitato da deputato un ostruzionismo parlamentare agonistico, che gli costò una storica espulsione per avere contestato l’uso partitocratico del Regolamento di Montecitorio da parte della presidente Nilde Iotti del PCI, di cui ai tempi i radicali rappresentavano un’alternativa massimamente detestabile, imputando ai comunisti di essere una parte del Regime: cosa che in radicalese ha significato e significa qualcosa di molto più problematico e grave di “parte del sistema politico” e che i comunisti pativano come un intollerabile affronto.

Negli anni precedenti e in quelli successivi – in un Parlamento consociativo in cui la pattuglia radicale era costretta a usare il Regolamento come uno strumento di guerriglia e di dialogo – Cicciomessere si distinse come (diremmo oggi) un nerd insopportabile e insormontabile, uno che si poteva reprimere, ma non contraddire, che poteva essere obliterato, ma non colto in fallo, per una frequentazione con i testi, con le norme, con i precedenti che pochissimi nel Parlamento italiano maneggiavano con la stessa cura e competenza. Fino al 1994, anno in cui lasciò Montecitorio, presidenti, dirigenti e funzionari della Camera dovettero misurarsi con questo imbattibile guastatore, che senza avere mai messo una cravatta insegnava loro il lessico e la sintassi delle istituzioni parlamentari.

Anche all’interno del partito Ciccio era quello che studiava e spiegava le cose e irrideva il facilismo militante dei radical-entusiasti e, spesso, dello stesso Pannella. Era privo, cosa rara in politica, di qualunque senso di superiorità e di inferiorità. Passava ore a spiegare questioni complicatissime anche all’ultimo svogliato attivista, che quelle cose, peraltro, neppure avrebbe voluto capirle e si sarebbe comodamente limitato a sostenerle per amore di partito o di fazione. Nello stesso tempo, quando vedeva colmare un deficit di intelligenza politica con un sovrappiù di enfasi retorica, si divertiva a sfottere con un abrasivo sarcasmo lo stesso Pannella, che da questi scontri usciva spesso inferocito e sfiancato, con uno dei suo famosissimi refrain: «Ciccio sa tutto, ma non capisce un cazzo».

Nella sua multiforme avventura politica, Cicciomessere è riuscito a essere il padre della legge sull’obiezione di coscienza e della politica antimilitarista e insieme uno dei radicali più precoci e risoluti contro l’inganno pacifista. Quando nel capodanno del 1992, nelle trincee di Osijek, Pannella scelse di vestire disarmato le divise croate di fronte ai bombardamenti serbi, con lui c’erano non a caso Cicciomessere e Olivier Dupuis, che pochi anni prima si era fatto arrestare in Belgio, rifiutando il servizio militare e civile nazionale, per denunciare la drammatica esigenza di una politica di difesa europea.

Se uno si chiede perché nel sostegno alla causa e resistenza ucraina il segno nonviolento radicale oggi sia così univoco e incondizionato, la risposta rimanda culturalmente a Pannella, ma anche a Cicciomessere, che negli ultimi mesi della sua vita si doleva di come i nonviolenti non andassero a manifestare a Mosca, secondo la logica politica gandhiana e la loro posizione fosse usurpata dai pacifisti, sempre pronti a biascicare i paternostri contro l’invadenza della Nato.

Quando meno che cinquantenne uscì dalla Camera, si inventò prima una seconda vita, poi una terza, sempre seguendo il filo delle intuizioni e contro-intuizioni radicali. Nella seconda, fondò Agorà Telematica, una delle prime bbs italiane, che partì alla fine degli anni ’80 nei locali nel tesseramento del Partito Radicale al secondo piano di via di Torre Argentina e che funzionava come un sistema di democrazia elettronica, con aree di discussione multidisciplinari. Il contrario di Rousseau: non un formicaio politico intitolato a una improbabile volontà generale e manovrato da un invisibile puparo, ma una vera agorà democratica aperta e transpartitica.

Questo giocattolo di cui Pannella menava grande vanto e che Cicciomessere gli fabbricò in casa, divenne col tempo una impresa importante. Nel 1993 fu il primo Internet provider italiano e divenne una protagonista del mercato digitale e quando alla fine degli anni ‘90 fu venduta per dieci miliardi di lire, interamente destinati al finanziamento della politica radicale, come Cicciomessere ricordava non senza civetteria, questo ex parlamentare ed ex imprenditore aprì la terza pagina della sua carriera di geniale autodidatta, quella dello studioso delle politiche del lavoro e del welfare. Nell’ultimo ventennio dedicò a questo la gran parte delle sue attenzioni, lavorando per istituzioni pubbliche e private, e anticipando molte delle analisi, solo tardivamente accettate, sulla crisi irreversibile dello stato sociale all’italiana.

Sempre interessato a tutto, era disinteressato di sé, come dimostrò sempre nell’uso del denaro, che letteralmente regalava, in primo luogo, ma non solo, ai radicali. Malgrado si impegnasse, sempre con ottimi risultati, per sembrare uno stronzo, non era solo il radicale più bravo, ma anche il più buono di tutti.