Anche se l’emergenza legata al Covid-19 sembra ormai un ricordo lontano, il settore chimico/farmaceutico continua a essere nell’occhio del ciclone. Tra le aspettative sulle nuove scoperte scientifiche e le trasformazioni tecnologiche che lasciano intravedere ormai una nuova era della medicina, anche in questo comparto si assiste a un’integrazione necessaria tra vecchie e nuove competenze e tra generazioni in azienda.
La stima è che nei prossimi dieci anni, a fronte di 90mila figure professionali che potrebbero scomparire, un numero altrettanto importante di nuove professioni emergerà. «Più che a un cambio di profili veri e propri, stiamo assistendo a una trasformazione di competenze», spiega Giacomo Maida, National Industry Leader Lifescience & Energy di The Adecco Group. «Il settore lifescience sta seguendo la traiettoria tracciata della medicina che si sta evolvendo secondo le cinque P: predittiva, preventiva, di precisione, partecipata e personalizzata. Questa trasformazione deve essere sostenuta da un impegno verso l’innovazione, che è stato accelerato certamente dalla pandemia».
Il settore, da sempre all’avanguardia anche per quanto concerne l’evoluzione delle professioni, sta entrando nella nuova normalità post Covid, contesto in cui sempre più si stanno affermando la telemedicina e la virtual care. Inoltre, la diffusione dell’automazione fa sì che molte attività prima svolte in maniera tradizionale ora richiedano l’utilizzo di software, robot e intelligenza artificiale. E quindi di nuove skill.
In questo orizzonte, le figure tradizionali si contaminano con i nuovi profili che fanno ingresso nelle aziende. «Vengono richieste skill digitali e ingegneristiche nuove», spiega Maida. «Alcune di queste competenze sono ricercate sul mercato, all’esterno dunque, altre si creano invece in azienda. La forza lavoro esistente deve essere traghettata in questa nuova era con politiche di upskilling e reskilling e con strategie che consentano un’integrazione tra generazioni nelle aziende».
Così, mentre nelle imprese acquisiscono sempre maggior rilevanza data scientist e data analyst, le figure già presenti apprendono nuove competenze all’interno di team di lavoro cross-funzionali. E le aziende del settore lifescience sempre più guardano al mondo delle startup innovative, sia per assorbire le skill mancanti al proprio interno, sia per nuove acquisizioni societarie. I due mondi a volte si compenetrano a volte si contendono le figure professionali più ricercate, come i bio statistici o i chimici computazionali.
Perché, come in tutto il mercato del lavoro, anche in questo settore ci sono profili molto richiesti che le aziende faticano a trovare. Ecco perché, spiega Maida, «ci deve essere un dialogo con il mondo universitario e gli enti di formazione, per spingere verso moduli formativi multidisciplinari e orientare quindi i giovani a sbocchi occupazionali nuovi nel mondo del settore lifescience».