İstanbul. Alla fine il terzo candidato alla presidenza della Turchia, Sinan Ogan, ha deciso di schierarsi in favore di Recep Tayyip Erdogan. Dopo giorni di attesa e di consultazioni con i due sfidanti al ballottaggio di domenica prossima, il leader ultra-nazionalista dell’Alleanza Ancestrale ha affermato di aver raggiunto un accordo con il presidente uscente.
Il sostegno di Ogan a Erdogan è certamente una delusione per il candidato dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, che ha corteggiato fin dall’inizio il leader ultra-nazionalista, ma si tratta di una scelta in linea con i valori degli elettori conservatori. Il presidente uscente è da anni promotore del nazionalismo turco e ha reso la Turchia una potenza regionale, ponendosi come mediatore tra Occidente e Russia e investendo ingenti quantità di denaro nel settore della Difesa. Inoltre, a differenza di Kilicdaroglu, Erdogan ha una chiara posizione anti-curda, ugualmente condivisa da Ogan e dal suo elettorato.
In cambio del suo sostegno, il leader ultra-nazionalista aveva chiesto al candidato dell’opposizione di allontanare i filo-curdi della Sinistra verde, ma una simile richiesta avrebbe messo in difficoltà gli elettori appartenenti a questa specifica minoranza, risultati importanti per l’esito del primo turno.
Le province a maggioranza curda hanno votato in larga parte in favore di Kilicdaroglu e costituiscono il dieci per cento dell’elettorato dell’opposizione. Rinunciarvi in cambio di un bacino di voti pari al cinque per cento e più vicino ai valori incarnati da Erdogan sarebbe stato probabilmente un azzardo e Ogan non sembrava propenso a fare marcia indietro su questo tema.
Una conferma in merito è arrivata dallo stesso leader dell’Alleanza Ancestrale, che ha affermato l’importanza della «lotta costante contro tutte le forme di terrorismo» e la necessità di eliminare dalla politica turca tutte «le estensioni politiche del terrorismo», facendo riferimento al partito filo-curdo dell’Hdp, presentatosi a queste elezioni sotto la sigla della Sinistra verde.
Ma nel suo discorso Ogan ha anche motivato la scelta di sostenere Erdogan sulla base dei risultati delle elezioni parlamentari, che hanno visto l’alleanza del presidente uscente ottenere più del cinquanta per cento dei seggi. Secondo Ogan, per la stabilità del Paese è importante che «il Parlamento e il presidente siano rappresentativi della stessa alleanza», pertanto sostenere Kilicdaroglu sarebbe stato a suo avviso contro l’interesse stesso della nazione.
La scelta di campo del terzo candidato è una brutta notizia per l’opposizione, ma negli ultimi giorni il leader repubblicano ha cercato di convincere l’elettorato di Ogan a votare per lui ricorrendo a discorsi ancora più nazionalisti che in passato. Kilicdaroglu ha puntato in particolare su una retorica dai toni xenofobi apprezzata dalla generalità della popolazione turca, ormai stanca della politica migratoria implementata da Erdogan negli ultimi anni con il sostegno dell’Unione europea.
Il leader dell’opposizione ha accusato il presidente uscente di aver messo in pericolo il Paese e ha promesso di rimandare indietro i quasi quattro milioni di rifugiati siriani presenti in Turchia nel più breve tempo possibile.
I discorsi pronunciati da Kilicdaroglu in vista del ballottaggio erano diretti a conquistare una parte dell’elettorato conservatore e quei cittadini che hanno disertato le urne al primo turno, ma sono anche serviti a dividere l’Alleanza ancestrale. Il leader dello Zafer parti ha preferito sostenere l’opposizione.
Resta da capire cosa otterrà Ümit Özdağ in cambio del suo appoggio. Lo Zafer parti è noto per le sue posizioni conservatrici e misogine ed è percepito come un pericolo dall’elettorato femminile, che teme una limitazione dei propri diritti.
La scelta di campo di Özdağ ha di certo il merito di aver ridimensionato il peso di Ogan, che difficilmente potrà contare nuovamente sul cinque per cento degli elettori, ma potrebbe non essere abbastanza per superare Erdogan. Il presidente uscente ha conquistato il 49,5 per cento delle preferenze al primo turno, contro il quarantacinque del suo sfidante, e questo ultimo endorsement dovrebbe comunque garantirgli una certa crescita, seppur minima.
Kilicdaroglu invece deve fare i conti con un elettorato disilluso dai risultati dal primo turno e con una copertura mediatica particolarmente sfavorevole. In Turchia il novanta per cento dei media è controllato in maniera più o meno diretta dal governo e in diverse trasmissioni il nome e il volto di Kilicdaroglu sono stati addirittura oscurati.
Il risultato delle elezioni in Turchia, però, è ancora tutto da scrivere e molto dipenderà dalle capacità di mobilitazione di entrambi i candidati.