Trema un po’ la mano a scrivere di Michele Santoro che in questo periodo appare molto suscettibile, magari ha anche le sue ragioni, e tuttavia non si saprebbe definire la sua Staffetta pacifista di domenica altrimenti che come un flop mediatico e politico. Forse qui si sbaglia ma se di una iniziativa nazionale pacifista denominata con qualche pompa «per l’umanità» organizzata da personalità famose, intellettuali molto mediatici, attori, sacerdoti, cantanti e compagnia bella non parla nessuno forse il problema non è tanto nella dittatura dei poteri forti e dello Stato delle multinazionali ma nel fatto che la Staffetta non ha tirato, non ha parlato al Paese come fu per altre manifestazioni analoghe. Anche perché questa volta non c’era Maurizio Landini, e nemmeno Elly Schlein né Giuseppe Conte, neppure l’area più tradizionalmente vicina al pacifismo, tutta la massa critica che sin qui aveva gonfiato il fiume del No alle armi a Volodymir Zelensky.
Dice Il Fatto, organo ufficiale del pacifismo bellicista, che alla iniziativa da Nord a Sud avrebbero partecipato ventimila persone, una cifra che, more solito, valla a controllare, e comunque ben lontana da altre manifestazioni autodefinitesi contro le armi. L’articolo del giornale di Travaglio, anch’egli in prima fila nel sole romano, spiega però che i partecipanti in realtà sono stati molti di più, e che «la diretta realizzata con collegamenti via smartphone mandata in onda dalla app Servizio Pubblico e dai social di Santoro ha raggiunto un pubblico ampio…»: già, non sono più i tempi delle grandi marce, basta un clic. Un pacifismo telefonico è pur sempre una novità.
A parte questi aspetti, diciamo così, organizzativi, il punto vero è il flop politico: anche tanta gente che ritiene un crimine inviare armi all’Ucraina da Michele non è andata. Combinazione, manifestare contro le armi alla Resistenza nelle ore dei più tragici bombardamenti su Kyjiv e Odessa forse è parso di cattivo gusto persino ai seguaci di Fiorella Mannoia. Sì, troppa fuffa demagogica.
Il pacifismo è una cosa troppo seria per incanalarsi nei furenti assalti non allo Stato invasore ma alla ragione storica e morale di quello invaso, ché questa è l’inevitabile, inattaccabile, ineludibile conclusione delle intemerate santoriane “contro le armi”. Guardateli. Moni Ovadia, Donatella De Cesare, Ginevra Bompiani (che fine ha fatto Baby Orsini?) aguzzano il loro vocabolario quasi tutte le sere nei vari talk berlingueriani (nel senso di Bianca) e Lasettisti, mentre il giurista Ugo Mattei – quello del comitato DuPre, agitatori contro i vaccini (un’altra disfatta politica e morale) – raccoglie le firme per un referendum anti-armi che non si farà mai perché palesemente incostituzionale e infine lui, Michele, sempre imbufalito, che non riuscendo a scatenare una rissa con la Rai che non se lo fila da anni adesso se la prende pure con gli amici de La7: ieri ha telefonato come il Silvione dei bei tempi a Myrta Merlino per protestare contro un sevizio che manco aveva visto – «ho ricevuto un sacco di telefonate» – riservandosi di vederlo e semmai agire in giudizio.
Quel che ha fatto infuriare il giornalista salernitano è che nel servizio sulla sua staffetta si è mescolato il raduno a Roma dei filo putiniani in vista delle celebrazioni della Giornata della Vittoria. Così, in seguito a questo accostamento nella stessa clip, Santoro ha deciso di alzare la cornetta e di chiamare in studio, e vani sono risultati i tentativi di Myrta di spiegare, le ha attaccato il telefono in faccia come un fidanzato tradito.
D’altra parte è legittimo che l’autore di Samarcanda faccia le battaglie in cui crede, anche quella, davvero poco nobile, tesa a lasciare Kyjiv sola sotto le bombe di Putin. Siamo in democrazia. Dove se non hai consenso fatti una domanda invece di fare scenate isteriche, che a una certa età fa pure male alla salute.