Cronache romaneLa visita di Zelensky in un Paese «difficile» come l’Italia

Gli ucraini in Italia e gli ucraini in Ucraina non si sono persi niente della tappa ufficiale a Roma, ma il presidente si è trovato a dover parlare alla minoranza italiana che crede nel colpo di Stato del 2014 e nei russofoni trucidati nel Donbas

(La Presse)

L’aggettivo che gli ucraini in Italia e gli ucraini in Ucraina ripetono di più per definire l’Italia è «difficile». L’Italia è un Paese difficile. Lo sono tutti i Paesi, se andiamo a studiarli a fondo, però nel 2023 tra i Paesi europei solo in Italia si trovano nella maggioranza di governo partiti che la pensano diversamente sulla guerra della Russia all’Ucraina, e non solo al governo ma anche all’opposizione. Un’Italia in cui si parla di referendum per non fornire armi, il cui unico effetto sarebbe sdraiarsi in trincea, a casa o per strada in attesa della morte. Un’Italia in cui un vecchio politico delira di non volere incontrare un certo signor Zelensky, ovvero il presidente di un Paese aggredito che tutti i giorni dal 24 febbraio del 2022 cerca di difendersi per sopravvivere, nel momento in cui il certo signor Zelensky fa la sua prima visita a Roma, in veste, e nei vestiti, di chi governa un Paese in guerra nel cuore dell’Europa nell’anno 2023.

Ogni volta che Zelensky esce dall’Ucraina per incontrare i leader mondiali, sento che l’Ucraina resta con le spalle scoperte. Sì, ci sono i ministri, il governo, il Parlamento, c’è il capo delle Forze armate Valeriy Zaluzhnyy, ci sono le Zsu, le Forze armare d’Ucraina, che con i loro corpi in prima linea proteggono tutto il Paese, eppure ci si sente non protetti durante le ore in cui il capo di Stato fa di tutto per garantire una protezione ulteriore al suo Paese trattando con i leader mondiali. Questa volta gli è toccato visitare il Paese «difficile».

La comunità ucraina lo ha accolto con le bandiere gialloblù per le strade di Roma sotto la pioggia battente prima sugli ombrelli, che sembrano invocare l’ombrello di protezione antiaerea che continuano a chiedere per proteggere le loro famiglie in Ucraina, e dopo sulle divise dell’orchestra che davanti al Quirinale suona l’inno dell’Ucraina. Zelensky ha messo la mano sul cuore. E un intero Paese l’ha seguito cantando tutti insieme, lui a Roma e loro in Ucraina, il «Non è morta ancora l’Ucraina, né la sua libertà, né la gloria!».

Dopo una giornata di parole piene di sostegno concreto dell’Italia nei confronti dell’Ucraina aggredita, pronunciate negli incontri con il presidente Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni e Papa Francesco, la giornata romana di Zelensky è finita all’Altare della patria, un posto simbolico per la storia italiana, dove è stato allestito uno studio televisivo, un ambiente noto al presidente ed ex attore Zelensky, ma anche un ambiente dove, rispetto agli uffici governativi, l’Ucraina di solito perde di più sul suolo italico. Stando ai talk show televisivi italiani, l’Ucraina avrebbe dovuto già arrendersi, ha manipolato il massacro di Bucha e così via seguendo gli scenari della propaganda russa.

Per un’ora e mezza il presidente dell’Ucraina si è trovato a rispondere alle domande, chiarendo dei concetti che forse avrebbero dovuto chiarire anni fa gli stessi giornalisti italiani, per evitare che Zelensky fosse costretto, nel 2023 e dopo quasi un anno e mezzo dalla spietata aggressione russa, a parlare alla corrente minoritaria in Italia che crede nel colpo di Stato nel 2014 e nei russofoni trucidati nel Donbas. È stato costretto a rispondere alle domande sui compromessi ai quali è disposto a scendere pur di finire la guerra, perché la guerra ha portato delle vittime, insinuando che le vittime civili ucraine siano colpa di Zelensky. Ma anche a spiegare quando si rimetterà la giacca e la cravatta, perché evidentemente si sono tutti stancati del suo look militare. Per fortuna ci sono state domande intelligenti e opportune. E comunque Zelensky se l’è cavata benissimo.

Alla fine della giornata, con la pioggia che è cessata con la capitale blindata che ha salutato il presidente dell’Ucraina in partenza per la Germania, la speranza è che grazie a questa visita simbolica l’Italia possa diventare un Paese meno «difficile».

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