Dal Tigullio al tetto del mondo L’amaro migliore del mondo è ligure

Incetta di premi e riconoscimenti per il distillato di erbe, fiori e radici dalla storia centenaria e la cui ricetta è ancora segreta

Foto di Johann Trasch su Unsplash

La maturità alla soglia dei cento anni. Amaro Camatti è stato appena nominato il migliore di tutto il mondo e sta vivendo una sorta di “seconda giovinezza” proprio appena prima di arrivare allo storico traguardo del secolo di vita. A mettere l’infuso ligure sul tetto del mondo è stato il sito specializzato TheDrinksReport.com che da anni organizza i World Liqueur Awards, una sorta di Oscar delle bevande alcoliche.

Camatti si è aggiudicato il titolo di miglior amaro del mondo, di miglior liquore alle erbe d’Italia e la medaglia d’oro tra gli amari italiani. Un tris che mette l’azienda che produce nell’entroterra ligure tra quelle più in vista nell’intero panorama mondiale e che è un bell’antipasto delle celebrazioni previste nel 2024 per il centesimo anno di vita. Tra gli altri italiani, medaglia d’oro anche per l’amaro Gran Sasso Paesani; c’è gloria anche per l’Amaro Ilex (miglior digestivo al mondo), la Sambuca Vecchia Sarandrea (categoria Anice), l’Amaro San Marco Sarandrea (“Herbal”), la vodka al caramello salato Love Kamikaze (“Patisserie/Bakery”), il Kranebet Botanic Gin Liqueur (“Gin”) e Black Sinner (“Coffee”).

Correva il 1924. Mentre negli Stati Uniti si era in pieno Proibizionismo, in Italia, e più precisamente a Genova, il chimico e farmacista Umberto Briganti (toscano ma ligure di adozione) creava il suo amaro, dedicandolo alla moglie, Teresa Camatti. La ricetta, rimasta identica e non ancora svelata per intero, prevede un’infusione di erbe, fiori e radici aromatiche, tra cui arancio amaro, china, menta, genziana e mandorlo. Insieme al fratello Cesare, Umberto produce nell’entroterra di Recco, riscuotendo buon successo: anche la gestione familiare dell’azienda è un segno distintivo del Camatti, che perdura ancora adesso nonostante il passaggio di consegne, avvenuto nel 1989 quando a subentrare è la Sangallo Distilleria delle Cinque Terre di Giovanni Bergamino, nonno di Stefano, attuale proprietario con il socio Marco De Marchi.

In (quasi) cento anni di attività, la produzione si è fermata solo nell’ultima parte della Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi, insediatisi nel Nord Italia, presero possesso dell’impianto per le proprie attività belliche. Lo stabilimento, che ora è a San Colombano Certenoli, sempre nelle montagne che avvolgono il golfo del Tigullio, si sta espandendo e seguendo un processo di rinnovamento che va di pari passo con quella che può essere considerata una seconda vita anche dell’amaro. Pur mantenendo una propria identità (anche l’etichetta è rimasta quella originale), i riconoscimenti ottenuti ai World Liqueur Awards fanno il paio con l’aumento delle vendite: l’avvento della mixology ha rinnovato la clientela, che ora va dallo storico affezionato, soprattutto in Liguria, ai giovani, che lo sorseggiano liscio o nei diversi cocktail concepiti all’occorrenza. Un incremento che sta portando il Camatti anche in tutta Italia e oltre, finanche a solcare gli oceani, negli States o in Australia. A Monaco di Baviera, tra l’altro, un appassionato ha creato di sua spontanea volontà un bar che porta il nome dell’amaro, come segno di predilezione e “devozione”.

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