Tempo di qualità È il momento di accogliere

Nel tavolo dedicato al servizio ancora una volta si è ribadita la necessità di una nuova narrazione che racconti il mondo della ristorazione allargando la visione a ciò che avviene in sala, oltre che in cucina

@Gaia Menchicchi

«Il tempo non è più una questione di conseguenze ma di consistenze.
Non più scandito ma servito.
Il tempo che passa lascia il tempo del pasto».

Con queste parole della moderatrice Azeb Lucà Trombetta, copywriter e formatrice, si apre la discussione al tavolo 6 dell’hackathon tutto under 40 della seconda edizione del Festival Gastronomika; il tema è l’accoglienza e il ruolo di chi, in sala, fa in modo di creare un tempo di qualità.
Le voci al tavolo sono state numerose e diversificate, ognuno ha portato in campo la propria esperienza e visione, contribuendo alla creazione di un dibattito stimolante nel tentativo di proiettarsi verso un futuro ricco di cambiamenti.

La discussione è partita dalla condivisione di ognuno del “tempo che ci siamo guadagnati”: dal tempo della riflessione, a quello del dettaglio, passando per il tempo del riposo e quello dell’insegnamento è stato chiaro fin da subito che lavorare nell’accoglienza in sala oggi è complesso e va oltre al costituire solamente un tramite tra la cucina e il tavolo.

@Gaia Menchicchi

Siamo partiti dal tema della formazione, chiedendoci quali siano le competenze e le conoscenze necessarie e dove si possano imparare oggi. Emerge il dubbio che i percorsi di studio che dovrebbero formare i giovani camerieri oggi dimentichino il lato più umano del lavorare in sala: lingue, cultura e arte potrebbero essere gli strumenti per allenare consapevolezza, sicurezza e, infine, sensibilità, una delle componenti fondamentali in sala, assieme alla gentilezza, secondo Giulia Battistini, responsabile di sala di Trattoria da Lucio. Carlotta Coduti, di Onest Milano, invece condivide la visione di una formazione in continuo divenire, che avviene esperienza dopo esperienza grazie all’incontro continuo con persone e realtà diverse: qui, la competenza chiave è l’adattabilità.

In un esercizio collettivo di immaginare una nuova scuola di alta formazione nel settore dell’ospitalità, tra matematica, sociologia, “tecniche di godimento sensoriale” e “buone maniere” anche le materie di “perdita di tempo”, “curiosità” e l’irriverente club di teatro “Drama Mama” trovano il loro posto.

@Gaia Menchicchi

Ragionando sull’importanza del personale di sala nei locali della contemporaneità non si è potuto evitare di parlare del meccanismo delle stelle Michelin: se per Delia Paolicelli, ufficio marketing San Pellegrino e Acqua Panna, ci sarà sempre bisogno di un riconoscimento a cui aspirare, che possa garantire al cliente degli standard di qualità, per Stefano Pisciotta, manager nel settore agro-alimentare, il servizio non può essere esclusivamente dedicato all’ottenimento di una certificazione, ma deve essere orientato al cliente, proponendo un’esperienza unica e originale. Inoltre, emerge la necessità di scardinare le categorie in cui viene spesso incasellato il personale di sala a seconda dei diversi tipi di ristorazione.

Lo spazio ha più volte intersecato il tema del tempo nel corso della discussione: per tornare all’iniziale metafora teatrale proposta dalla moderatrice, come vengono progettati i luoghi del “andare in scena”? Lo spazio della sala sembra spesso seguire le esigenze della cucina e raramente accade il viceversa: ancora una volta serve una visione più ampia, che includa la cura rivolta a chi sceglie di sedersi a tavola all’interno dell’esperienza gastronomica stessa.

@Gaia Menchicchi

Parlando di futuro e di cambiamento, si è delineata, infine, la necessità di una nuova narrazione della ristorazione: la ricchezza e la complessità della discussione appena descritta hanno reso chiara l’importanza di un dibattito attivo e sfaccettato sul tema del cibo, del servizio in sala e delle abilità necessarie per coniugare bene i due aspetti.

Consapevolezza, competenza e cultura sono i concetti chiave con cui il tavolo si è sciolto, con il proposito di continuare a tenere vivo il discorso e portarlo nei “luoghi del fare”.