Nel vuoto e nel disorientamento che accompagnano il trauma che ha tramortito il terzo polo, si può forse dire che qualcosa che si muove è meglio di niente. Ma finisce qui il merito di Letizia Moratti: aver mosso un po’ le acque stagnanti e dato un segno di vita. Il messaggio è talmente ambiguo che fa ancor più rimpiangere la perduta verginità delle speranze nate con l’otto per cento del 25 settembre. Due gambe che correvano su una nuova corsia occupando con successo almeno le strade di vari quartieri Ztl delusi dal declinante riformismo del Partito democratico, ma desiderosi di respirare aria nuova, talora persino entusiasti dell’unica vera novità, tra destra destra e sinistra sinistra.
Due gambe che ne richiamavano una terza, bene o male nata a gennaio tra liberali e laici rissosi e diffidenti fra loro, ma forse finalmente decisi a cercare in un nuovo movimento, purché contendibile, non oligarchico e autoreferenziale come rischiava more solito di essere, l’alternativa all’ ennesimo partitino dello zero virgola.
Tutto poi finito rapidamente in fumo, tra psicanalisi ed egocentrismi, da cui è uscito più malconcio Carlo Calenda, cui è rimasto in mano il cerino del fallimento. Matteo Renzi è svolazzante ma sempre sul pezzo, l’unico a evocare persino un’ipotesi di nuova leadership unificante con il nome di Paolo Gentiloni (ipotesi improbabile, ma facilitata dall’autolesionista Elly Schlein che non vuole candidarlo capolista alle Europee, perché preferisce tutte donne).
Ora, dal fumo, emerge Letizia Moratti e chiama a raccolta le varie ed eventuali del centrismo, come fosse una gran novità. Ma il terzo polo era un’alternativa al bipopulismo, non la raccolta delle briciole rimaste sul tavolo dopo il banchetto populista! Fiore all’occhiello dell’operazione è la presenza per una volta ingombrante, non come al solito insignificante, di Maurizio Lupi, il moderato con seggio assicurato dagli smodati di destra. E passi per Gianfranco Librandi, generoso sostenitore di cause anche non malvagie, ma che c’entra Claudio Signorile della “sinistra ferroviaria” dei bei giorni lontani? Certo, una bella compagnia variegata, persino pittoresca e oggettivamente pulp. Nella gran confusione un tocco dadaista tra arancioni, ciellini e cani sciolti. I liberali non sono pervenuti, salvo Alessandro De Nicola, l’uomo che ha il merito di ricordare due secoli dopo il grande Adamo Smith, ma che immaginiamo un po’ sconcertato, gomito a gomito con il leader del meeting di Rimini.
Per carità, Moratti ci prova, e in questa Italia rassegnata all’egemonia meloniana, sarebbe già qualcosa. Ma per operazioni ambiziose come questa occorrerebbe almeno un po’ di esperienza politica. Ci par di vedere il sorrisetto ironico di Matteo Renzi, presente alla bella riunione, quando Letizia ha sfoderato l’unico argomento che tatticamente non avrebbe dovuto mai scoprire: l’intenzione di aderire al Partito popolare europeo! Era una carta da tenere coperta, ben celata. Per molti, un colpo al cuore.
Ma come? Moratti non sa cosa si sta muovendo in Europa? Con Manfred Weber che ha tanta voglia di allearsi con Meloni e conservatori e rovesciare la maggioranza attuale? Sarebbe la fine dell’Unione europea che conosciamo, il segno di una svolta epocale. E la fai con le truppe Librandi-De Nicola-Signorile? Con il vetusto democristiano Giuseppe Fioroni e il non più creativo Gaetano Quagliarello come rincalzo?
Ecco perché l’operazione è ambigua. Dove si vuol andare? Con l’Italia del cambiamento oggi affidata a alle cure di Giuseppe Conte o ai futuri prossimi avvelenatori dei pozzi Pd, come si fa a proporre la prospettiva del Partito popolare europeo, oggi impegnato se mai a riassorbire un Matteo Salvini ancora alleato di Marine Le Pen? Chi glielo spiega a Emmanuel Macron che in Italia c’è un tavolo che lancia ami al declinante ed ex glorioso Partito popolare?
Almeno, quando il liberale Berlusconi saltò su quel carro, lo fece con un partito protagonista. Saltare oggi su un veicolo che ha fatto gran fatica a liberarsi di Viktor Orbàn e che uscirà ridimensionato dal 2024, sembra a dire poco anacronistico e bizzarro. Si capisce ancor meglio perché alle Regionali tanti non si sono fidati. Resta ammirevole l’impegno civico di Letizia, ma la politica è un’altra cosa.