La marcia di Varsavia In Polonia il vento sta cambiando (e se n’è accorto anche Duda)

L’opposizione ha portato in piazza mezzo milione di persone e per la prima volta ha sorpassato i sovranisti di Diritto e Giustizia nei sondaggi. La Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione per la legge sulle interferenze russe, le riforme cosmetiche stavolta non basteranno

Il leader dell'opposizione Tusk marcia a Varsavia
Foto Czarek Sokolowski/Ap

C’è del fermento in Polonia. Da qualche settimana il panorama politico nazionale è caratterizzato da un susseguirsi di colpi di scena rappresentato da annunci, disegni di legge controversi, manifestazione oceaniche e notizie poco accomodamenti provenienti dal Lussemburgo e da Bruxelles.

Bocciatura senza appello
L’ultimo di questi episodi fa riferimento al pronunciamento della Corte di giustizia europea a proposito del ricorso presentato due anni fa dalla Commissione contro la riforma della magistratura attuata da Varsavia nel 2019. La sentenza è stata netta: «Le misure attuate dalla Polonia sono incompatibili con le garanzie di accesso a un tribunale indipendente e imparziale». In pratica l’ennesima violazione del diritto comunitario.

Si tratta di una bocciatura senza appello nei confronti di una riforma che ha modificato i rapporti tra i tribunali e aveva introdotto un organo di controllo, la Camera di disciplina della Corte suprema, deputata a monitorare l’operato dei giudici ed eventualmente a sanzionarli. Questo provvedimento è definito in Polonia, negli ambienti non allineati al governo, «Legge museruola».

La sentenza non giunge inaspettata. Varsavia è in rotta di collisione da anni con la Commissione su questo tema. La risposta è stata affidata al ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, che di quella riforma fu l’architetto. «La Corte di giustizia europea è corrotta – ha tuonato Ziobro – le sue sentenze sono scritte su battute di caccia e banchetti». Il riferimento è a un presunto scandalo sollevato due anni fa dal quotidiano francese Liberation, secondo cui alcuni giudici della Corte di giustizia europea sarebbero stati soggetti all’influenza di alcuni membri del Partito popolare europeo.

Il PiS fa finta di non sentire
La strategia attuata dall’attuale governo di Varsavia è chiara, ed è quella seguita negli ultimi anni. Ignorare la voce di Bruxelles, sia che si tratti di un semplice richiamo, sia che si tratti di una sentenza della Corte. A tal proposito va ricordato che due anni fa alla Polonia era già stata inflitta una multa record di un milione euro al giorno per ogni giorno di attività della Camera di disciplina.

La multa è stata recentemente ridotta a cinquecentomila euro a seguito della riforma che ha visto la liquidazione di questo ente, sostituito dalla Camera di responsabilità professionale. Una riforma che nei piani del presidente polacco Andrzej Duda, che ha scritto la legge, avrebbe dovuto spianare la strada verso i 35,4 miliardi di euro del Recovery fund che la Commissione tiene bloccati proprio per le questioni legate allo stato di diritto.

Bruxelles ha però ritenuto le modifiche poco più che cosmetiche e rimane in attesa di riforme più consistenti.

Le conseguenze della Lex Tusk
Se Varsavia continua per il momento a ignorare le beghe europee, non altrettanto si può dire per quel che riguarda la politica interna. La controversa «Lex Tusk», ovvero la legge anti-influenze russe approvata dal Parlamento e firmata dal presidente Duda ha avuto l’effetto di un tornado.

La decisione di Duda ha fatto montare un’asprissima polemica, dal momento che l’opposizione ritiene che la legge abbia come unico scopo l’eliminazione politica del capo dell’opposizione Donald Tusk in vista delle prossime elezioni parlamentari. Soprattutto ha offerto il gancio al grande successo della manifestazione, convocata dallo stesso Tusk qualche settimana prima, contro le politiche del governo di Diritto e Giustizia.

Mezzo milione di persone da tutta la Polonia sono affluite a Varsavia per partecipare alla marcia del 4 giugno, un evento che si è tenuto in un data già di per sé evocativa: il 4 giugno 1989 i polacchi si recarono alle urne per le prime elezioni semilibere dopo oltre quarant’anni di regime comunista. Evocativo era anche il manifesto che invitava a partecipare, lo stesso utilizzato da Solidarność all’epoca. Gary Cooper nei panni dello sceriffo di Mezzogiorno di Fuoco con in mano una tessera elettorale.

La marcia di Varsavia
Quella che era stata pensata come una manifestazione di partito, si è trasformata dunque in una chiamata a raccolta dell’intera opposizione. Il dato politico che ne è uscito è che per la prima volta dopo otto anni, esiste un movimento in grado di contendere seriamente la vittoria alle urne a Diritto e Giustizia. I sondaggi sembrano confermare questa sensazione. Un’indagine condotta dall’agenzia Kantar pochi giorni dopo l’evento ha segnalato il sorpasso di Piattaforma Civica, il partito di Tusk, su Diritto e Giustizia. Un risultato che fino a un paio di settimane fa sarebbe stato impensabile.

Che il vento stia cambiando se ne è accorto lo stesso Duda, che nell’immediato vigilia della marcia ha annunciato l’intenzione di presentare un emendamento alla legge che vada a modificare i punti più controversi, tra cui quello della sospensione dagli incarichi pubblici delle persone ritenute colpevoli di essere state soggette alle ingerenze di Mosca.

Si è trattato di una mossa piuttosto inusuale, e soprattutto tardiva. Non c’è modo di sapere se è quando il presidente presenterà queste modifiche, e in che tempi il parlamento se ne occuperà.

In questo momento la legge è in vigore così come è stata firmata, e di conseguenza permane il rischio reale che l’opposizione possa perdere il suo principale leader politico in prossimità delle elezioni.

Procedura d’infrazione
La Commissione europea, intanto, dopo le iniziali dichiarazioni in cui aveva espresso preoccupazione, è passata dalle parole ai fatti aprendo una procedura d’infrazione nei confronti della Polonia. La Commissione ha valutato che la nuova legge interferisce indebitamente con il processo democratico dal momento che la definizione data dalla legge al tipo di ingerenze è molto ampia, così come non viene specificato il tipo di attività che potrebbe essere ritenuto passibile di sanzioni.

Queste potrebbero inoltre essere applicate anche a comportamenti che erano considerati legali al momento in cui sono stati compiuti. Varsavia ha ora ventuno giorni di tempo per rimediare alle criticità, altrimenti Bruxelles passerà alla fase successiva di quello che si preannuncia un nuovo estenuante braccio di ferro. Il rischio è che anche questa vicenda possa portare a delle conseguenze finanziarie nei confronti della Polonia. Per il governo di Diritto e Giustizia si tratterebbe di un altro guaio in vista delle elezioni.

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