Scenari estiviLe piogge hanno mitigato la crisi idrica, ma il concetto di “siccità finita” è fuorviante

Le precipitazioni primaverili hanno riempito fiumi e laghi, ma i “serbatoi” sotterranei sono ancora in difficoltà. E non è una buona notizia per gli invasi e i corsi d’acqua superficiali, che vivono anche grazie alle falde. I fenomeni siccitosi sono complessi e ramificati: la normalità, se esiste, è lontana

Marco Ottico/LaPresse

C’è un momento in cui, a bordo dell’Intercity che parte da Milano e arriva a Genova, si attraversa un ponte che passa sopra l’imponente Po. Vedere il fiume annaspante e sofferente era diventato quasi normale, complice una siccità meteorologica cominciata nell’inverno a cavallo tra il 2021 e il 2022. 

Nel 2022, secondo l’Ispra, circa il venti per cento del territorio nazionale ha attraversato condizioni di siccità estrema. Nel distretto idrografico del Po, per fare un esempio più specifico, la disponibilità d’acqua era inferiore del sessantasei per cento rispetto alla media del 2021. 

Oggi, dopo il secondo maggio più piovoso negli ultimi settant’anni e le precipitazioni della prima metà di giugno, il colpo d’occhio è immediato: il corso d’acqua più importante d’Italia è più “in salute”, e con lui tutti i bacini idrografici del nostro Paese: «Le precipitazioni abbondanti, in alcuni casi disastrose, hanno avuto come effetto primario quello di riempire i bacini di accumulo, sia artificiali che naturali», spiega a Linkiesta Emanuele Romano, ricercatore all’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr ed esperto gestione delle risorse idriche. 

«La situazione dei grandi laghi prealpini è migliorata, con riempimenti che vanno attorno al settantacinque-ottanta per cento della capacità d’invaso massima. L’effetto positivo ha anche toccato le portate dei corsi d’acqua superficiale, che a marzo-aprile erano ancora peggio del 2022», aggiunge il fisico. 

Severità idrica delle acque superficiali e sotterranee: una distinzione essenziale
Il bollettino nazionale dell’Ispra pubblicato il 16 giugno assegna il colore giallo (severità idrica bassa) a tutti i distretti idrografici d’Italia. Il 28 luglio 2022, per fare un paragone, ben quattro distretti su sette erano in rosso (severità idrica alta), mentre il 10 febbraio 2023 ne contavamo tre in arancione (severità idrica media). Vietato, però, abbassare la guardia: il giallo non indica una situazione di normalità, bensì uno scenario «in cui la domanda idrica è soddisfatta, ma gli indicatori mostrano un trend peggiorativo, le previsioni climatiche mostrano ulteriore assenza di precipitazione e/o temperature eccedenti i valori ordinari per il periodo successivo», si legge sul sito dell’Ispra. 

Guardando poi i bollettini delle singole aree all’interno dei distretti idrografici, notiamo situazioni più critiche e diversificate. Per esempio, il “notiziario” relativo alla zona delle Alpi Orientali mostra un indice di severità idrica bassa per le acque superficiali e media per le acque sotterranee: sono due scenari che si influenzano a vicenda e che vanno trattati complessivamente quando si parla di siccità. 

Le acque di falda, dopo un lungo periodo di scarse piogge, impiegano molto più tempo a tornare alla normalità, e questo può avere un impatto negativo nel medio periodo: «I fiumi sono in parte alimentati anche dai corpi idrici sotterranei: se le falde sono basse, questo contributo non c’è. Il rischio è che si torni a una situazione non ottimale», sottolinea l’esperto. 

I cinque tipi di siccità, che non è un evento ma un processo
La siccità non ha un tasto “on-off”, ma spesso viene trattata come evento singolo e fine a sé stesso. In realtà, è un processo complicato, ramificato e che si sviluppa (lentamente) nel tempo. Il passo tra lo spettro del razionamento idrico e l’«estate salva», come si legge su alcuni giornali italiani, non è così breve e semplice. L’emergenza è in parte rientrata (non di certo grazie all’intervento tardivo del governo Meloni, che ha approvato il decreto siccità a metà aprile), ma i fenomeni siccitosi hanno una coda molto lunga e strascichi difficili da smaltire. 

Quello della coda lunga, spiega Emanuele Romano, «non è un concetto scientifico ma è molto efficace, in quanto legato ai processi di infiltrazione verso le falde acquifere, che poi vanno in parte ad alimentare anche i corsi d’acqua superficiali». Il nostro è un ecosistema complesso, e in quanto tale va analizzato attraverso un approccio olistico, che tenga conto dei cinque i tipi di siccità accreditati dalla letteratura scientifica. 

Esiste la siccità meteorologica, che fa riferimento all’assenza di precipitazioni per un lungo periodo di tempo (con un impatto sulle riserve idriche). C’è poi la siccità agricola, riguardante lo stato del suolo. Quella idrogeologica si riferisce invece alla condizione dei corsi d’acqua sotterranei, mentre quella idrologica ai fiumi che possiamo vedere in superficie. L’ultima è la siccità socioeconomica, che racchiude le conseguenze sui settori che necessitano di acqua per funzionare. Dire «è finita la siccità» è tecnicamente e praticamente sbagliato. 

Procediamo con ordine. Secondo il fisico dell’Irsa-Cnr, la siccità meteorologica «è migliorata in maniera importante in quasi tutta Italia» grazie alle piogge di maggio e giugno. Stesso discorso per la siccità agricola: «Siamo in una situazione buona, grazie a una condizione di terreno umido che, in alcuni casi, è addirittura vicino alla saturazione». Dal punto di vista delle falde acquifere (siccità idrogeologica), però, non possiamo cantare vittoria: «Ci sono ancora segnali di sofferenza di alcune falde, ancora molto basse». 

Questo, come anticipato in precedenza, può impattare anche sulla siccità idrologica, che al momento non desta preoccupazione. La siccità socioeconomica dipende invece dagli utilizzatori, dalle realtà territoriali e dalle esigenze della popolazione: «La crisi idrica è determinata non solo dalla disponibilità d’acqua, ma dalla somma di quanta acqua abbiamo bisogno per tutti gli usi», puntualizza il ricercatore. 

Lo scenario estivo
I cambiamenti climatici non conoscono mezze misure: si passa da un estremo all’altro a una velocità che ci coglie ancora impreparati. Tra febbraio e marzo una delle immagini più diffuse sui social era l’isola dei Conigli, sul lago di Garda, raggiungibile a piedi da Manerba a causa di un livello dell’acqua assolutamente inedito in quel periodo. Ora, invece, non riusciamo a dimenticare l’Emilia-Romagna sott’acqua a causa delle alluvioni che, in maniera forse inedita, hanno portato il riscaldamento globale di origine antropica in cima al dibattito pubblico italiano. Con tutte le conseguenze, positive e negative, del caso. 

A maggio, in Italia ha piovuto più del doppio rispetto alla norma: i numeri, riportati da Iconaclima, parlano di un +110 per cento rispetto alla media del trentennio 1991-2020. È il secondo dato più elevato dalla fine degli anni Cinquanta. In Sicilia è stato registrato il +232 per cento e nel centro Italia il +118 per cento di precipitazioni. In generale, nella primavera del 2023 le precipitazioni sono cresciute del trenta per cento rispetto all’anno precedente. 

In Lombardia, come spiega Massimo Sertori (assessore agli Enti locali, Montagna, Risorse energetiche e Utilizzo risorsa idrica), «la situazione delle riserve idriche è nettamente migliorata e il deficit è del 16,4 per cento rispetto alla media del periodo di riferimento». In Piemonte, invece, la carenza d’acqua è scesa del due per cento e l’estate fa un po’ meno paura: «Sulle falde superficiali l’effetto già si vede. Una buona notizia per l’agricoltura, che proprio da queste falde si approvvigiona per bagnare i campi. Ma anche sul fronte dell’acqua per gli usi domestici ora la situazione è più rassicurante», scrive la Società Metropolitana Acque Torino.

«Io credo che in estate – a parte alcune zone nelle quali già esiste una situazione di debolezza infrastrutturale dei sistemi di approvvigionamento idrico – non avremo problemi. Le precipitazioni ci consentiranno di procedere abbastanza tranquillamente, anche perché una parte della stagione irrigua è già finita ed è stata sostenuta in modo importante dalle piogge», conclude Emanuele Romano.  

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