Certe volte si ha l’impressione che gli avversari dei nazionalisti si siano incamminati verso le europee come fantasmi. Il problema ce l’hanno in casa e per prima cosa devono farci i conti come sta succedendo a Pedro Sanchez alle prese con la crescita di Vox di Santiago Abascal, promesso sposo dopo l’imminente voto di luglio dei Popolari iberici. Emmanuel Macron deve gestire i ben noti problemi di piazza e di banlieue in fiamme, dopo il corpo a corpo sulla riforma delle pensioni. In Germania i Socialisti e Verdi al governo assistono sbalorditi e inorriditi al secondo posto nei sondaggi dei neonazisti di Alternative für Deutschland. I Popolari di Donald Tusk in autunno cercheranno di fare il miracolo elettorale: sconfiggere il Conservatore Mateusz Morawiecki, che proprio ieri ha annunciato un referendum sull’immigrazione illegale da far votare nello stesso giorno del voto politico. Una manganellata nelle urne.
Populismo puro. Voglia di fare tanto male a Tusk, che rappresenta il Partito popolare europeo in Polonia ovvero il partito con il quale i Conservatori pensano di allearsi dopo il voto europeo del 2024. Morawiecki ha idee eccentriche sui futuri alleati. L’altro giorno il leader di Pis ha detto che a est c’è il «Gruppo Wagner», che sta per trasferirsi in Bielorussia, mentre a ovest è attivo il «Gruppo Weber», Weber-Tusk. Un paragone assurdo con la terribile guerra Ucraina. Un colpo di scimitarra come l’uso che vuole fare del referendum sulla migrazione illegale. Una risposta al patto sottoscritto da venticinque Paesi europei, Italia compresa, che prevede anche la distribuzione obbligatoria dei migranti.
Mai «l’Europa delle madri patrie», ha detto ieri Morawiecki al seminario dei Conservatori, si piegherà a certe «ideologie» che vorrebbero superare in sede europea il voto all’unanimità per introdurre quella a maggioranza. «La sovranità polacca non può essere intaccata da istituzioni sovranazionali come la Commissione europea». Questo è il personaggetto che Giorgia Meloni, ieri ospite d’onore a Varsavia, dice di ammirare. Questo l’alleato di ferro che guida un Paese che ancora ieri Bruxelles accusava di violare lo Stato di diritto. E che quando c’è da bastonare l’Italia sui conti si schiera con i falchi, che rema contro l’interesse del governo italiano impegnato a far passare il patto europeo sul controllo dei confini esterni.
Se il problema della presidente del Consiglio è come fermare la migrazione illegale e non come gestirla quando arrivano in Europa, allora perché ha sottoscritto l’accordo europeo che penalizza gli Stati con il pagamento di ventiduemila euro per ogni migrante non accolto? Una vera contraddizione, un’ammirazione per la Polonia, l’unico Paese che Meloni si vanta di avere visitato due volte da quando è in carica. «Questo dimostra la profondità dei nostri rapporti. Al Consiglio europeo ci basta uno sguardo per essere d’accordo». E coloro che pensano di dividerli «si stanno illudendo: lavoriamo per gli stessi obiettivi».
Il polacco per lei è il simbolo della coerenza sovranista, ma la stessa coerenza Meloni, per nostra fortuna, non l’ha dimostrata una volta entrata a Palazzo Chigi proprio a cominciare dalla tenuta dei conti pubblici e dall’atteggiamento nei confronti dell’Europa.
Un terreno contraddittorio su cui Matteo Salvini gioca in contropiede nel disperato tentativo di recuperare consenso a destra e di entrare nella grande partita di potere a Bruxelles dopo le europee. E lo fa proponendo a Meloni il patto larghissimo del centrodestra unito contro la sinistra. Una vecchia proposta che Salvini aveva avanzato alle europee del 2019, quando la lista del Carroccio volò oltre il trenta per cento, ma miseramente fallita. Figuriamoci adesso che lotta disperatamente per ritornare a una percentuale a due cifre e Fratelli d’Italia è il primo partito di gran lunga.
Meloni si tiene stretto l’amico Mateusz, è grata perchè ha accolto Fratelli d’Italia, quando erano underdog, nel gruppo dei Conservatori. Con lui, Abascal e Viktor Orban vuole scalare il potere a Palazzo Berlaymont. Se ne frega se nella partita ci sarà pure Matteo Salvini, anzi meglio che non ci sia, perché non vuole Marine Le Pen tra i piedi. Meglio perché punta a fare l’inciucio con i Popolari, ma se questo è il suo piano, logica vuole che a un certo punto potrebbe starle stretto anche Morawiecki. Adesso baci e abbracci, passeggiate romantiche nel parco di Varsavia «più sicuro del mondo» (parola del premier polacco), promesse di non mollare MAI i Conservatori. «L’unico obiettivo è rafforzare la nostra famiglia, aprire, collaborare e avvicinate i partiti simili ai nostri. Comunque vada i Conservatori dovranno essere determinanti dopo le elezioni europee».
Bene, vedremo come andrà a finire. Vedremo intanto se il Pis vincerà le elezioni in Polonia, che performance farà Vox, che secondo Meloni sta subendo in Spagna le stesse accuse che venivano rivolte a Fratelli d’Italia. Vedremo se alla fine anche le famiglie più tradizionali e tradizionaliste saranno costrette a farsi larghe o accodarsi alla detestata sinistra dell’utopia e ai liberali del non amico Macron.
Fateci caso, Meloni non dice con decisione mai e poi mai con i Socialisti. Non accetta di sottoscrivere quel patto anti-inciucio che Salvini le propone. Prima si vota e poi si contano i numeri. Già, ma si contano anche i numeri dei governi che indicheranno il presidente del Consiglio europeo all’europarlamento. E lì Scholz e Macron qualcosina di più conteranno dell’amicone polacco.