Le rinnovabili in Italia crescono, ma non abbastanza. I principali ostacoli al loro sviluppo, secondo gli esperti, sono due: da un lato la burocrazia e l’inefficienza normativa (su cui ci siamo già focalizzati e ci focalizzeremo prossimamente), dall’altro le ostilità da parte delle comunità e amministrazioni locali. Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio internazionale sull’economia e la finanza delle rinnovabili di Agici, società di ricerca e consulenza specializzata nel settore delle utilities, nel 2022 in Italia la capacità rinnovabile installata è stata pari a tre gigawatt, il doppio rispetto al 2021.
La tendenza positiva sembra proseguire anche nel 2023, con ulteriori 1,1 gigawatt installati solo nel primo trimestre. Eppure, per raggiungere gli obiettivi climatici definiti dall’Unione europea per il 2030, il ritmo di crescita dovrebbe almeno raddoppiare. Un’accelerata che, al momento, pare di difficile attuazione. Per centrare i target europei sarebbe infatti necessario avviare grandi impianti rinnovabili, i cui iter autorizzativi sono però tipicamente gravati da significativi ritardi e da resistenze sui territori.
I problemi: lungaggini normative e resistenze locali
In assenza di misure di semplificazione delle procedure efficaci, durature e ben integrate nelle normative nazionali, la valutazione e l’autorizzazione degli impianti rinnovabili spetta in molti casi alle Regioni, che diventano dunque il collo di bottiglia più importante. Come evidenziato dal report “Scacco matto alle rinnovabili 2023” di Legambiente, alla fine di febbraio di quest’anno gli impianti che si trovavano in fase di Valutazione dell’impatto ambientale (Via), di verifica di Assoggettabilità a Via, di valutazione preliminare e di Provvedimento unico in materia ambientale a livello statale erano complessivamente 1.364, di cui il settantasei per cento tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
Parlando nello specifico di fotovoltaico utility scale, cioè di grossa taglia, sono 780 i progetti al momento fermi a vari step dell’iter autorizzativo. In teoria, stando alla legge, dovrebbero servire 175-220 giorni per ottenere la VIA e 245 per il procedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR), ma alcuni dei progetti fotovoltaici ancora in esame sono stati presentati nel 2021 o addirittura nel 2020. Questo problema è connesso a un secondo ostacolo, che Legambiente descrive come «i blocchi operati dalle Soprintendenze ai Beni Culturali e dalle opposizioni locali Nimby (Not in my backyard: non nel mio giardino) e Nimto (Not in my terms of office: non durante il mio mandato)».
Cosa sta succedendo in Puglia
Nimby e Nimto sono lati della stessa medaglia. L’opposizione delle amministrazioni locali all’installazione di nuovi impianti rinnovabili avviene talvolta per consolidare il proprio consenso tra gli elettori, che sono appunto già scettici o contrari. Ma potrebbe anche una risposta alla mancanza di una normativa considerata adeguata. In questi giorni se ne parla in riferimento alla Puglia, che gioca un ruolo importante nella partita delle rinnovabili.
È la seconda Regione italiana per nuova potenza installata (+338 megawatt nel 2022, di cui 237,7 megawatt di eolico), è la regione del Sud che impiega più unità lavorative nel settore (duemilasettecento dipendenti) ed è la prima per numero di progetti rinnovabili in fase di VIA. Ma, come evidenzia Legambiente, è anche tra le peggiori in termini di performance nel completamento degli iter autorizzativi.
Gli investimenti nella regione, però, non mancano. In Murgia e Salento sono stati approvati due nuovi parchi eolici per una potenza complessiva di più di 100 MW. Un altro parco eolico sorgerà a Guagnano, con opere di connessione a Salice Salentino, Brindisi, Erchie, San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, Francavilla Fontana, Oria e Grottaglie. Tra i progetti in fase di valutazione ci sono poi impianti fotovoltaici tra Santeramo, Altamura e Matera (quest’ultima in Basilicata, un’altra delle regioni più interessate dagli investimenti nelle rinnovabili).
Mentre il governo spinge verso queste nuove installazioni, la Regione frena. «La Puglia nei prossimi mesi sarà completamente trasformata senza altri obiettivi se non quelli di consentire extraprofitti alle multinazionali», ha dichiarato negli scorsi giorni a Repubblica l’assessora regionale all’Ambiente Anna Grazia Maraschio.
Maraschio ha annunciato l’approvazione entro l’estate del piano energetico regionale, aggiungendo però che questo potrebbe non bastare a «frenare la corsa del ministero, che non solo continua a ignorare i pareri paesaggistici della Regione, ma anche quelli del ministero dei Beni culturali, che non sono più vincolanti». «Dobbiamo regolamentare non solo dove è possibile insediarsi e dove no», ha aggiunto Maraschio. «Ma anche il quanto: perché la nostra regione deve sacrificare il suo paesaggio più delle altre regioni?».
I blocchi alle rinnovabili nelle altre Regioni
La Puglia non è un caso isolato. Nel suo recente report Legambiente individua oltre quaranta «casi esemplari di blocco alle rinnovabili» in tutta Italia, da Nord a Sud. In Veneto, ad esempio, il Consiglio regionale ha approvato una legge (legge regionale n. 17 del 19 luglio 2022) che introduce una serie di nuovi vincoli e principi di inidoneità «che stanno generando incertezza negli operatori del settore e confusione negli uffici pubblici, ponendo di fatto un freno alle autorizzazioni e allo sviluppo delle energie pulite», dice Legambiente.
Nelle Marche, ultima Regione italiana per performance nel rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico tra il 2019 e il 2022, un impianto agrivoltaico di quarantacinque ettari tra Cartoceto e Fano, con una potenza di 28,38 megawatt, ha recentemente ricevuto parere negativo. L’opposizione è stata estesamente motivata dalla Regione: preoccupazione per il mantenimento della vocazione agricola del territorio; possibili impatti negativi sugli aspetti geomorfologici, idrogeologici ed idraulici; frammentazione del territorio; interruzione della connettività ecologica; possibili impatti per la popolazione in merito al rumore e all’elettromagnetismo; forte alterazione del paesaggio percepito.
Un approccio che Legambiente riassume come «un no a tutti i costi». Limitazioni allo sviluppo delle rinnovabili sono state introdotte in passato da leggi e regolamenti regionali anche in Umbria, Lazio, Molise e Abruzzo. In Sicilia aveva fatto notizia l’annuncio del presidente della Regione, Renato Schifani, di voler sospendere il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. «Dobbiamo trovare una soluzione che consenta al governo regionale di chiedere a chi intende insediare gli impianti fotovoltaici energia, non soldi, per avere una bolletta più attenuata grazie a ciò che si produce nella regione. La Sicilia paga un danno ambientale dovuto agli impianti», aveva spiegato il presidente, motivando la moratoria.
Coinvolgere le comunità
Secondo il report dell’Osservatorio internazionale sull’economia e la finanza delle Rinnovabili di Agici citato in apertura, l’opposizione delle comunità locali – e, di conseguenza, anche delle amministrazioni locali e regionali – è da spiegarsi proprio con l’assenza di benefici diretti percepiti.
«Il quadro emerso indica che, nonostante i recenti progressi, l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili non è ancora percepita come un vantaggio da una larga parte della cittadinanza», ha dichiarato in una nota stampa Marco Carta, amministratore delegato di Agici. «Per questo motivo, il rapporto suggerisce l’attuazione di misure concrete affinché i cittadini stessi possano partecipare alla transizione energetica del Paese, beneficiandone direttamente».
La svolta nella corsa alle rinnovabili, insomma, potrebbe essere la diffusione sistematica di misure che permettano alla cittadinanza di essere coinvolta attivamente nei progetti sul territorio, con effetti positivi immediatamente percepibili. Tra le soluzioni proposte da Agici ci sono, ad esempio, l’introduzione di tariffe agevolate di prossimità per destinare alla cittadinanza una quota di energia prodotta dall’impianto rinnovabile, garantita a prezzo agevolato; l’avvio di progetti di crowdfunding per permettere a privati cittadini di investire nello sviluppo di progetti rinnovabili oppure l’istituzione di comunità energetiche rinnovabili, associazione di utenti che si uniscono con l’obiettivo di produrre e condividere l’energia rinnovabile necessaria al proprio fabbisogno.