InsonnIALa tecnologia potrebbe aiutare a dormire meglio e a rilassarsi di più

Sempre più persone soffrono di disturbi del sonno dovuti allo stile di vita moderno. La letteratura supporta l’efficacia di queste terapie elettroniche, ma alcuni esperti avvertono che l’eccessivo utilizzo di dispositivi prima di andare a letto potrebbe avere un’influenza negativa

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Un video di sessanta minuti e otto secondi di Matthew McConaughey che guarda la pioggia. Anzi, ben nove ore di un primo piano su un ventilatore acceso. No, forse tutte le riprese dei campionati mondiali di cani a Helsinki.

Su Napflix c’è l’imbarazzo della scelta tra le opzioni che potrebbero meglio stimolare il nostro torpore. La versione di Netflix per chi non riesce a dormire è un servizio di streaming nato nel 2016 che serve a far addormentare gli spettatori offrendo una selezione dei video più monotoni e ripetitivi di Internet. Si tratta, però, di una piattaforma gratuita che non ha alcuna intenzione di competere con i giganti della distribuzione streaming d’intrattenimento a pagamento. Eppure, Napflix, nella sua ironia, è parte di un settore ormai decisamente popolare.

In una società digitalizzata che si muove a ritmi sempre più incalzanti, anche la ricerca di strumenti che stimolino rilassamento o sonnolenza si sta spostando nel mondo informatico. E nonostante numerosi esperti sconsiglino di usare dispositivi come smartphone, tablet e computer poco prima di andare a letto, il mercato della tecnologia del sonno sta diventando sempre più fiorente. Secondo il Global Market Insights Inc, supererà infatti i sessantasette miliardi di dollari entro il 2030.

Innanzitutto, la clientela si è moltiplicata vertiginosamente. Secondo la Società Italiana di Medicina Generale e l’Associazione Italiana Medicina del Sonno (Aims), almeno un terzo della popolazione mondiale soffre di una forma di insonnia che richiederebbe un intervento terapeutico.

Gli italiani sembrano sempre più stanchi e insoddisfatti della qualità del proprio sonno. Secondo le ultime rilevazioni dell’Aims, in Italia sono 13,4 milioni le persone che soffrono di insonnia, prima della pandemia erano circa la metà. Tra gli adulti, almeno uno su quattro ne è affetto, in forma transitoria o cronica.

Le complicazioni di un cattivo riposo vanno dalla sfera mentale a quella fisica, secondo la Mayo Clinic. Da un rendimento inferiore sul lavoro o a scuola a un tempo di reazione rallentato durante la guida, quindi un maggior rischio di incidenti. Dormire male aumenta il rischio di sviluppare o aggravare disturbi di salute mentale, come depressione, disturbo d’ansia o abuso di sostanze. Inoltre, come è stato confermato da studi recenti, aumenta il rischio di malattie come ipertensione e malattie cardiache.

È cresciuto, di conseguenza, anche l’uso di medicinali per dormire meglio. Solo negli Stati Uniti, la percentuale di persone che usano sonniferi è raddoppiata rispetto al 2010.

Il bisogno di dormire è diventato un bene così prezioso che il cosiddetto “turismo del sonno” è stato definito come la più grande tendenza di viaggio del 2023. In un hotel a Londra, aperto all’inizio del 2020, gli ospiti possono prenotare un ipnoterapeuta ed esperto del sonno, oltre che disporre di camere dotate di insonorizzazione innovativa. Oppure il Park Hyatt New York, che ha cominciato a utilizzare materassi dotati di intelligenza artificiale integrata per garantire la migliore notte di sonno a seconda delle esigenze dell’utente.

Oltre alle opzioni di lusso, aumentano anche le terapie digitali alla portata di tutti. L’Asmr (acronimo per “Autonomous Sensory Meridian Response”), ad esempio, è una tendenza massiccia e in crescita nella cura dell’insonnia domestica. C’è più interesse di ricerca per Asmr che per parole come “caramelle” o “cioccolato”, secondo Google. Nel 2021 questi filmati hanno registrato su YouTube più di sessantacinque miliardi di visualizzazioni.

Questi video sono caratterizzati da frasi sussurrate e suoni prodotti con oggetti in modo da provocare una sensazione di formicolio lieve e uno stato di rilassamento mentale. Non tutti però reagiscono nella stessa modalità. Secondo uno studio canadese del 2018, l’ottanta per cento della popolazione appare infatti immune a questo effetto.

Aumentano anche applicazioni per tracciare gli schemi di sonno, servizi per gestire disturbi medici come l’apnea notturna oppure le app di mediazione. E spesso questi stessi apparecchi sono consigliati dalle agenzie sanitarie.

L’anno scorso il National Institute for Health and Care Excellence ha raccomandato alle persone che soffrono di insonnia di provare Sleepio, un’app che mira ad aiutare gli utenti ad addormentarsi più facilmente. L’applicazione, alimentata dal software AI, è dotata di un assistente del sonno virtuale chiamato “The Prof” e un algoritmo che adatta gli interventi consigliati, inclusa la Cbt (“Cognitive-Behaviour Therapy”), ai sintomi e alle esigenze di ciascun individuo.

Recentemente la Food and Drug Administration (Fda) americana ha approvato, invece, una digital therapeutic per l’insonnia in forma di app chiamata Somryst, per il trattamento degli adulti con insonnia cronica.

Mentre quindi in molti Paesi la terapia digitale dell’insonnia diventa realtà, in Italia non sono ancora disponibili app elaborate localmente o portali in lingua italiana. Eppure, l’integrazione tra un approccio digitale e pratica clinica consentirebbe di estendere l’assistenza sanitaria a molte più persone, oltre che naturalmente permettere ai pazienti di risparmiare sui costi.

Per Luigi De Gennaro, Segretario dell’Aims e professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica alla Sapienza di Roma, la letteratura evidence based certifica che questi trattamenti sono sostanzialmente (non completamente) efficaci e paragonabili alla terapia in presenza.

In un’intervista con Trend Sanità, De Gennaro ha dichiarato: «Le terapie digitali sono da recepire positivamente, come tutto quello che accorcia la distanza tra paziente e questa terapia, che è la scelta di prima linea. A patto che comunque siano sottoposte a verifiche scientifiche e a studi di efficacia, anche perché si tratta di software diversi tra loro».

Per quanto in un mondo sempre più online l’uso di un’app per il sonno sia naturalmente agevole, alcuni studiosi non sono completamente d’accordo. Secondo quanto dichiarato alla Bbc dall’esperta di sonno Alison Francis, con la digitalizzazione delle soluzioni per l’insonnia «l’intera idea di dare alla mente una pausa dalla tecnologia e di spegnere la tecnologia, viene gettata fuori dalla finestra», dice.

L’abitudine di rivolgersi alle tecnologie prima di andare a letto è, infatti, già ben radicata. Secondo un sondaggio Ipsos, condotto in occasione del World Sleep Day, solo circa il quattordici per cento dell’opinione pubblica dichiara di leggere prima di addormentarsi. Quattro persone su dieci, invece, guardano la televisione, oppure film e serie, di cui una su tre utilizza smartphone o tablet.

Sono i Gen Z e i Millennials, che costituiscono quasi il cinquanta per cento del totale, ad usare prevalentemente dispositivi elettronici. Le luci emesse dagli schermi, però, confondendo l’orologio biologico interno, influenzano però il ritmo circadiano e quindi producono squilibri nel dormire. I disturbi del sonno, infatti, dilagano sempre più tra bambini e adolescenti.

Secondo Francis, bisognerebbe ambire a utilizzare la tecnologia per imparare a distaccarsene, e quindi alla fine riuscire a dormire senza di essa. «In questo modo potremo essere più indipendenti e non avremo bisogno di usare sempre il telefono», dice.

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