Il buon risultato raggiunto dai Verdi alle elezioni legislative tedesche del 2021 e la partecipazione alla coalizione di governo guidata dal cancelliere Olaf Scholz si stanno rivelando un pericoloso boomerang per gli ambientalisti. Un anno e mezzo dopo le consultazioni, i membri del partito ecologista si ritrovano segnati da scandali, delusi dalle difficoltà nell’implementare i punti chiave del proprio programma elettorale e in crisi di consensi.
Il movimento, che fino a non molto tempo fa era considerato il perno della rivoluzione verde europea, non è riuscito a conciliare l’ideologia con il pragmatismo necessario al governo ed ha proposto soluzioni radicali, come quella riguardante l’abbandono dei combustibili fossili per energia e riscaldamento, senza tenere conto delle congiunture internazionali e della ritrosia dei partner dell’esecutivo.
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha avuto un effetto dirompente sull’opinione pubblica tedesca e i Verdi, come ricordato dal portale Energy connects, hanno allarmato ulteriormente la popolazione presentando soluzioni radicali. Le continue diatribe con i socialdemocratici e i liberal-democratici hanno peggiorato il quadro, dando l’impressione di una situazione caotica e confusa. Sudha David-Willp, analista presso il German marshall fund, ha commentato quanto accaduto dichiarando che «i Verdi avrebbero potuto puntare alla cancelleria, ma ora si trovano in una situazione in cui l’ideologia entra in conflitto con l’essere al governo». Secondo l’esperto, gli esponenti del partito «non hanno adottato una linea sufficientemente pragmatica».
Ci sono stati casi, invece, in cui i Verdi si sono dimostrati aperti al compromesso, ma questo atteggiamento è stato criticato da una parte dei loro sostenitori. L’esecutivo di Olaf Scholz ha contrastato, con il consenso dei Verdi, la dipendenza energetica dalla Russia riaprendo o rinviando la chiusura di venti miniere di carbone ed approvando piani per la costruzione di impianti per la lavorazione del Gas naturale liquefatto (Gnl).
Il vice cancelliere, ministro dell’Economia e della Protezione climatica e presidente del partito ambientalista (Bündnis 90/Die Grünen), Robert Habeck, ha chiarito come la sicurezza energetica nazionale dovesse avere la priorità in questa circostanza. Un rapporto ha evidenziato come la riapertura delle miniere abbia portato all’emissione di 15,8 tonnellate di CO2 nel solo 2022, un dato che non può che aver scontentato gli ecologisti.
La linea governista e quella movimentista sono entrate in conflitto anche sulla vicenda di Lützerath, un piccolo villaggio del Land Renania Settentrionale-Vestfalia demolito nel gennaio 2023 per espandere una miniera di carbone del colosso energetico Rwe. In questo caso, i Verdi avevano approvato il progetto di espansione per ragioni di sicurezza energetica nazionale, raggiungendo un accordo di compromesso con Rwe per anticipare l’abbandono dei combustibili fossili al 2030 contro il 2038 originariamente previsto.
Si è trattato di un ottimo risultato di prospettiva, ma gli attivisti – che avevano occupato Lützerath sin dal 2020 per impedirne la demolizione – non hanno accettato questa scelta e sono stati sgomberati con la forza.
Lo scontro tra establishment ed attivisti climatici è ormai evidente e potrebbe avere effetti problematici sul futuro del movimento. La ventisettenne Luisa-Marie Neubauer, leader dei Fridays for future in Germania, ha criticato pubblicamente e in più occasioni la linea politica del partito, e la sua frustrazione è probabilmente condivisa da altri membri della società civile. I giovani sono un serbatoio elettorale molto importante per i Verdi, e deluderli rischia di comprometterne le prestazioni elettorali. È anche vero, però, che il radicalismo giovanile non può essere sempre perseguito, in quanto alienerebbe le simpatie dei potenziali partner di coalizione a livello locale e nazionale.
Il partito ambientalista, nato come movimento di protesta contro l’energia nucleare e l’inquinamento, si trova in una situazione paradossale perché è oggetto di critiche sia quando assume atteggiamenti moderati, sia quando si radicalizza.
Il politologo Gero Neugebauer aveva dichiarato, poco dopo la demolizione di Lützerath, che i Verdi continuavano a essere il partito tedesco più stimato per quanto riguarda la protezione ambientale e climatica. Secondo l’esperto, intervistato dalla Deutsche welle, il movimento non era stato particolarmente danneggiato da quanto accaduto, dato che le voci critiche non godevano di particolare sostegno.
Il politologo sosteneva che il partito fosse unito sulle questioni climatiche e su altri temi, come l’invio di armi all’Ucraina. Secondo Neugebauer, «i Verdi sono contemporaneamente un partito pragmatico di governo e l’unica forza politica che sostiene gli obiettivi del movimento climatico globale». Ma i giovani devono ancora prendere la misura con queste dinamiche.
Le parole rassicuranti di Neugebauer si scontrano però con i dati emersi dai sondaggi elettorali più recenti. Nella maggior parte dei casi i Verdi sono stimati al tredici-quindici per cento dei voti contro il diciotto-venti per cento di alcuni mesi fa. Non solo: sono stati nettamente superati dall’ultradestra di Alternative für Deutschland (Afd).
L’ascesa di Afd, che ha posizioni diametralmente opposte a quelle degli ambientalisti in materia di cambiamento climatico, è un segnale preoccupante per i Verdi: indica come una parte della popolazione tedesca non sia più ricettiva nei confronti delle proposte politiche green.
L’Afd trae inoltre buona parte dei propri consensi dai Land della ex Germania-Est, impoveriti dopo decenni di industrializzazione forzata durante il regime comunista e potenzialmente terreno fertile per i Verdi. Per recuperare la distanza che la separa dall’estrema destra, dai socialdemocratici della Spd e dall’Unione Cristiano-Democratica di Germania, la leadership ambientalista deve quindi cambiare rapidamente rotta. Altrimenti rischia di occupare una posizione sempre più marginale nello scenario politico nazionale, annullando i passi avanti degli ultimi anni.