De amicitiaPerché le relazioni umane sono la chiave per una vita appagante

In “Lezioni sulla felicità”, edito da Mondadori, gli psichiatri Waldinger Robert e Marc Schulz spiegano quanto le esperienze interpersonali influenzino da sempre il nostro benessere, sia fisico sia mentale

Pexels

Harvard Study, giorno 6 del «Questionario di 8 giorni», 2003:
D: Qual è il segreto per invecchiare bene?
R: La felicità, il prendersi cura. Controllare ciò che si mangia. Provare a uscire per fare un po’ di esercizio o una passeggiata. Avere amici. È bello avere degli amici.
(Harriet Vaughn, 80 anni)

Pensate alla sensazione che provate quando amate qualcuno, o quando scoprite che il vostro amore è corrisposto. Pensate a come si sente il vostro corpo, alla sensazione di calore e agio che lo attraversa. Adesso concentratevi invece sulla sensazione – simile, ma ben distinta – di connessione che provate quando un amico intimo vi aiuta in un momento difficile. O all’esaltazione pervasiva che vi accompagna dopo che una persona che stimate ha detto di essere orgogliosa di voi. Pensate alla sensazione di essere commossi fino alle lacrime. O a quando sentite una piccola scarica di energia dovuta all’esservi fatti una risata di cuore con un collega. Al dolore fisico che provate quando perdete qualcuno che amate. O anche al piacere effimero che può dare il semplice gesto di salutare il postino.

Queste sensazioni, grandi e piccole, sono legate a processi biologici. Come il nostro cervello reagisce alla presenza di cibo nel nostro stomaco gratificandoci con delle sensazioni piacevoli, così esso reagisce al contatto positivo con gli altri. Il cervello ci sta dicendo: Sì, dammene ancora, per favore. Le interazioni positive comunicano al nostro corpo che ci sentiamo al sicuro, riducono lo stato di tensione fisica e aumentano il senso di benessere. Per contro, le esperienze e le interazioni negative ci danno la sensazione di essere in pericolo e stimolano la produzione di ormoni dello stress, come l’adrenalina e il cortisolo. Questi ormoni fanno parte della cascata di reazioni fisiche che alzano il livello di allerta e ci permettono di affrontare situazioni di enorme importanza: la risposta che viene chiamata «attacco o fuga» (fight or flight). Tali reazioni hanno un ruolo decisivo anche nel farci sentire sotto stress.

Contiamo sui segnali che ci arrivano da questi ormoni dello stress o dalle sensazioni gradevoli per orientarci tra le sfide e le opportunità della vita. Evitare i pericoli, cercare legami.

Queste reazioni a situazioni gratificanti o minacciose hanno una lunga storia evolutiva. Homo sapiens si è aggirato per il pianeta per centinaia di migliaia di anni con queste guide biologiche integrate al proprio organismo. La piccola iniezione di gioia che provate quando un bimbo piccolo ride vedendo un’espressione buffa sul vostro volto è biologicamente collegata a quella che ha provato uno dei vostri remoti antenati quando ha visto ridere un bambino nell’anno 100.000 a.C.

Gli esseri umani preistorici erano minacciati da forze che noi oggi non riusciamo nemmeno a immaginare. Avevano corpi simili ai nostri, ma le tecnologie primitive di cui disponevano offrivano ben poca protezione rispetto all’ambiente e ai predatori, e quasi nessun rimedio per infortuni e malattie. Un mal di denti poteva portare alla morte. I nostri antenati vivevano vite brevi, difficili e probabilmente terrificanti. Eppure sono sopravvissuti: perché?

Una ragione importante risiede in un tratto che inizialmente Homo sapiens condivideva con molte altre specie animali: il suo corpo e il suo cervello si erano evoluti grazie alla cooperazione.

Erano sopravvissuti perché erano socievoli. Gli animali umani di oggi non sono così diversi, sebbene la questione della sopravvivenza abbia assunto nuovi significati e si sia notevolmente complicata. Rispetto ai secoli passati, la vita nel XXI secolo sta cambiando a un ritmo mai visto prima, e molte delle minacce che ci troviamo ad affrontare sono state create da noi. Oltre alle sfide legate al cambiamento climatico, alla crescente diseguaglianza e alle vaste complicazioni introdotte dalle nuove tecnologie di comunicazione, dobbiamo confrontarci quotidianamente con nuove minacce che arrivano dalla nostra mente. La solitudine è più pervasiva di quanto sia mai stata, e i nostri cervelli antichi, progettati per cercare la sicurezza del gruppo, percepiscono queste sensazioni negative come minacce alla vita, che portano con sé stress e malattie. Anno dopo anno, la civiltà si trova di fronte a nuove sfide, che soltanto cinquant’anni fa sembravano inimmaginabili. Ci si presentano inoltre nuove scelte, il che significa che i percorsi di vita oggi sono più vari che mai. Ma, indipendentemente dal ritmo di cambiamento e dalle opzioni che abbiamo di fronte, rimane il fatto che l’animale umano si è evoluto per essere legato ad altri esseri umani.

Dire che gli esseri umani hanno bisogno di relazioni affettive non significa sostenere un’idea sdolcinata: è un dato di fatto. Studi scientifici lo hanno confermato più e più volte: gli esseri umani hanno bisogno di nutrirsi, hanno bisogno di muoversi, hanno bisogno di uno scopo e hanno bisogno gli uni degli altri.

Spesso ci viene chiesto di sintetizzare le scoperte dello Studio. Le persone vogliono sapere qual è la cosa più importante che abbiamo capito sugli esseri umani.

Per natura, noi due siamo entrambi restii a dare risposte troppo semplici, per cui queste conversazioni spesso non sono brevi come vorrebbe chi pone la domanda. Ma, quando pensiamo al segnale che ci giunge con chiarezza dagli ottantaquattro anni di studio e dalle centinaia di documenti che costituiscono la ricerca, il messaggio è decisamente semplice: avere delle relazioni positive è essenziale al benessere umano. Ci sbilanciamo a ipotizzare che, se state leggendo questo libro, probabilmente state cercando una forma di saggezza a cui conformare la vostra vita, o quanto meno siete curiosi di sapere cosa significa vivere bene. Volete una vita che abbia un significato, uno scopo, e vi dia gioia, e volete che sia una vita sana. Se ci sbilanciamo ancora di più, potremmo perfino ipotizzare che stiate già cercando, al meglio delle vostre possibilità, di essere felici e in salute. Avete una qualche nozione di chi siete, di ciò che vi piace o non vi piace, delle vostre emozioni e abilità sociali. Giorno per giorno cercate di vivere la vostra vita al meglio. E, se siete come la maggior parte di noi, non sempre ci riuscite.

Nel corso di questo libro, ci occuperemo di alcune delle ragioni principali per le quali le persone hanno difficoltà a trovare felicità e soddisfazione, ma ci sono alcune verità generali che bisognerebbe riconoscere fin da subito.

La prima è questa: per molti di noi vivere bene può essere una preoccupazione fondamentale, ma per la maggior parte delle società moderne non lo è. La vita odierna è una nebulosa di priorità sociali, politiche e culturali in lotta tra loro, alcune delle quali hanno ben poco a che fare con il miglioramento della vita delle persone. Il mondo moderno attribuisce molta più importanza ad altre cose, piuttosto che all’esperienza di vita degli esseri umani.

La seconda ragione è collegata alla prima ed è perfino più decisiva: i nostri cervelli, i sistemi più sofisticati e misteriosi nell’universo conosciuto, spesso ci ingannano nella nostra ricerca di soddisfazioni e piaceri duraturi. Forse siamo capaci di straordinarie scoperte intellettuali e creative, siamo stati in grado di mappare l’intero genoma umano e di andare sulla Luna, ma, quando si tratta di prendere delle decisioni per la nostra vita, noi umani siamo spesso incapaci di capire cosa ci fa davvero bene. Il senso comune in questo campo non è poi così sensato. È assai difficile capire cosa conta davvero.

Queste due cose – la nebulosa culturale e l’incapacità di prevedere ciò che ci renderà felici – sono intrecciate e ricoprono un ruolo importante nella nostra vita quotidiana. Nel corso della nostra vita, questi fattori esercitano un’influenza significativa. La cultura in cui viviamo ci spinge in determinate direzioni, talvolta senza che ce ne rendiamo conto, e noi seguiamo la corrente fingendo di sapere cosa stiamo facendo, anche se dentro di noi siamo consapevoli che agiamo in uno stato di relativa confusione.

Prima di parlare un po’ più approfonditamente dei modi in cui la cultura e le inclinazioni personali possono allontanarci dal nostro obiettivo di vivere bene, diamo un’occhiata alla vita di due partecipanti all’Harvard Study che hanno già attraversato molteplici avversità, e vediamo cosa possono insegnarci su ciò che conta davvero e ciò che invece non ha importanza.


Tratto da “Lezioni sulla felicità”, Mondadori, di Waldinger Robert e Marc Schulz, 372 pagine, 20 euro.

X