Nico Kok è come il suo lavoro: ermetico ed essenziale. L’artista, nato nei Paesi Bassi nel 1954 e diplomato in scultura alla prestigiosa Gerrit Rietveld Academy, dal 1980 si è fatto conoscere per la sua arte sospesa minimalista e concettuale, quasi una filosofia zen o ascetica. L’artista è un cultore della materia, nel senso che il suo lavoro consiste in interventi a prima vista minimi su diversi materiali grezzi. Questo fare ha lo scopo di mostrare un nuovo aspetto della realtà. L’artista non è quindi un demiurgo, ma un maestro della maieutica, che permette a tutti noi di entrare in una relazione più profonda e sincera con il mondo esterno e con la materia di cui siamo fatti.
Il legame tra artificio e opera d’arte è sempre sottile, elegante e quasi impalpabile, eppure c’è. L’artista ripudia il ready-made, alla ricerca di quel “tocco” che renda diversa la materia del reale: da un grande blocco di granito nero a un truciolo tutta la materia è arte.
La scultura e la tridimensionalità anche nei quadri sono un elemento imprescindibile nella tua arte. Quando e come ha deciso di studiare scultura?
Volevo studiare grafica, ma il primo anno della Rietveld Academy ti permette di approcciare diversi campi artistici, prima di scegliere una specializzazione nel secondo anno. Mi è capitato così di entrare in contatto con il design e ho capito che mi interessava molto l’interazione nello spazio. Di qui è nata la mia passione per la tridimensionalità. Così ho deciso di cambiare strada e studiare scultura.
C’è stato un punto di svolta nella vostra ricerca artistica?
In giovane età sono andato a Parigi in bicicletta. Sono andato al Centro Georges Pompidou. Inaspettatamente, ho visitato lo studio di Constantin Brancusi, di fronte al Centro ed è stata una rivelazione per me: essenziale, profondo. In quelle opere c’è il Tutto.
Come puoi definire il tuo lavoro: concettuale? Minimalista?
Forse “paradossale”. Il mio lavoro spesso mette insieme elementi a prima vista contrastanti, ma in realtà tutto ciò che faccio è volto a conferire a tutte le forme e ai materiali di uso quotidiano un aspetto insolito. Quindi parto sempre dalla realtà, di cui “dico” qualcosa di non ancora detto. Nelle mie opere si esprime l’importanza del processo di realizzazione, così che emergano le proprietà dei materiali, ma anche le forme nel modo più semplice possibile. Nelle opere si esprime l’importanza del processo di realizzazione, voglio mostrare le proprietà del materiale e la forma nel modo più semplice possibile.
Che rapporto hai con la natura, che nel tuo lavoro sembra ricoprire un ruolo centrale sin dai primi anni?
Le forme e i materiali della natura sono una grande ispirazione per me. La natura è perfetta, ma difficile da abbinare e “imitare”. Dopo i miei studi ho fatto molte sculture in granito nero, lavorandole con martello e scalpello. Il risultato del processo era un grigio chiaro, ruvido e sabbiato, che si alternava alla pietra, lavorata in altro modo e che proponeva un colore grigio scuro o lucido, quasi nero. È stato un lavoro duro e pesante, quello di creare forme naturali con martello e scalpello e lucidare le forme. Mi interessa usare i materiali naturali, grezzi come la pietra e il legno. Ogni elemento naturale ha le sue proprietà e noi ci dobbiamo adattare a questo. Le differenti tipologie di legno hanno proprietà molto diverse tra loro e da quelle della pietra. Il legno che cresce all’equatore non ha anelli di crescita, non c’è differenza di temperatura tra estate e inverno. Il legno che cresce da noi, invece, ha anelli annuali. Anche le diverse tipologie di pietra hanno proprietà diverse: il granito, ad esempio, è più duro del marmo e può essere splendidamente lucidato. Ho lavorato molto con il granito nero, perché il contrasto tra la materia grezza prima e il materiale lucido è considerevole, e si passa dal grigio chiaro al nero profondo.
È quindi la natura a creare l’opera d’arte?
Diciamo che la natura guida la mia arte, quel gesto necessario a raccontare qualcosa in più. Ciò non vuol dire che il mio sia un ready-made senza lavoro. Anzi, il mio lavoro è enorme, solo non amo si veda che c’è stato. Voglio confondere chi ho da vanti, confondendomi con il “naturale”. Per esempio, ho fatto tre cubi di legno massiccio, che hanno le stesse dimensioni, ma il nucleo degli anelli annuali è posizionato in modo diverso. Il primo cubo è sul centro di una faccia; il secondo è al centro di un lato; il terzo, su un vertice.
Il primo cubo è stato facile da fare, per via delle proprietà del legno, non è necessario molto legnoso. La durezza degli anelli annuali è perpendicolare alla superficie: il legno cresce infatti in lunghezza ed è flessibile e forte, mentre in larghezza lo è molto meno. Il secondo cubo è già più difficile da segare: il duro degli anelli annuali è a un angolo di 45 gradi all’aereo e c’è più legno da segare via. Il terzo cubo è il più difficile da tagliare e si perde ancora più legno, per questo ho dovuto acquistare una speciale troncatrice a mano con angolo regolabile.
Nel tuo lavoro tecnica, tecnologia e scienza si condensano in un uso versatile della geometria. In fondo il tuo lavorare procede attraverso la risoluzione di paradossi.
Certo. Mi interessa sempre come vengono fatte le cose. Non nego mai la tecnologia. Ora realizzo sculture di granito con una grande macchina di roccia tumbler, che mi ha permesso di lavorare su un cubo di granito che ho diviso in pezzi con precisione. Contrassegno i pezzi e li lascio erodere naturalmente nella macchina per 2 mesi e poi li riassemblo in un cubo, è così che imito e tendo alla natura. La geometria è funzionale a questo mio approccio: apporto piccole modifiche alle forme geometriche più semplici, come il quadrato e il cerchio. Il mio intervento dipende ed è sempre conseguente alle caratteristiche della materia, da cui non si può scappare.
Il mio agire, sempre minimo ed essenziale, genera risultati sorprendenti e insoliti. Questa particolarità e singolarità creata dall’arte credo sia un strumento per far riflettere lo spettatore. Un lavoro per me emblematico a riguardo è Tensioned square: gli angoli di un quadrato di gomma sono piegati insieme attraverso una corda. Quest’ultima forma un nuovo quadrato, offrendo un altro punto di vista. Questo lavoro mi piace per la sua semplicità, per l’uso dei materiali, l’eleganza della gomma curva in contrasto con il quadrato allungato di corda. Piegando la gomma, il retro diventa visibile e deformando un quadrato, si forma un nuovo quadrato. La mia opera è come l’esistenza: mette insieme i contrasti: gomma nera / corda marrone chiaro, quadrato aperto / chiuso, curvo / dritto, anteriore / posteriore, ruvido / liscio, formando / deformando ecc.
Questo tuo minimalismo estetico a volte ha un non so che di architettonico e di gusto molto affine al design. Che ruolo ha il design nella tua arte?
Sono molto coerente con la mia visione, che non è artefatta, ma è parte di me. Mi affascina il riuscire a combinare la materia con una funzione. Perciò non posso che apprezzare e ammirare quel design “buono” e semplice, capace di usare il materiale e premiarlo nel migliore dei modi, in cui sembra persino “naturale” la funzione caricato dal progetto di design.