Martedì 22 agosto, attraverso un comunicato ufficiale, la Commissione europea ha fatto sapere che il vicepresidente Maros Sefcovic ricoprirà l’incarico di commissario per l’azione per il clima, dopo la decisione di Frans Timmermans di lasciare il ruolo per candidarsi alle elezioni olandesi del prossimo novembre.
A luglio il presidente dei Paesi Bassi, Mark Rutte, ha annunciato le dimissioni e il governo è caduto a causa delle divergenze in materia di immigrazione e diritto di asilo. La corsa elettorale che ne è scaturita ha coinvolto anche Timmermans, che dopo quasi dieci anni di incarichi europei ha lasciato la Commissione per candidarsi in patria, a capo della lista dei laburisti (PvdA) e dei verdi (GroenLinks). L’olandese è stato l’uomo simbolo del Green deal, provvedimento pilastro della legislatura Von der Leyen che lo ha reso bersaglio delle critiche della destra europea (ma anche di liberali e Ppe, come in occasione del voto sulla Nature restoration law a luglio).
Come dichiarato dalla Commissione, Sefcovic assumerà solo temporaneamente il portafoglio del clima, fino alla nomina di un nuovo commissario indicato dall’Olanda. Lo slovacco – cinquantasette anni compiuti a luglio, ex diplomatico ed eurodeputato di area socialista – ha supervisionato le relazioni dell’Unione europea con la Gran Bretagna e il programma di acquisto congiunto di gas per la sostituzione delle forniture russe, dopo essere stato responsabile della politica energetica. In precedenza, nel 2009, era stato nominato dall’esecutivo di Bruxelles come commissario per l’istruzione e la cultura.
Subito dopo la nomina, Sefcovic ha twittato dicendo che «gli europei meritano una transizione verde giusta», parlando di un processo «equo e inclusivo» che deve portare «crescita» e «posti di lavoro». Parole che sembrano sottolineare le ritorsioni economiche e sociali del Green deal e che suonano come un cambio di tono più prudente e conciliante nei confronti delle parti avverse al patto all’interno della cosiddetta “maggioranza Ursula” del Parlamento.
«Si tratta di una mossa attendista da parte della Commissione. Sefcovic ha sicuramente un profilo meno illustre di quello di Timmermans. Al netto del fatto che dipenderà dal nome che verrà proposto poi dall’Olanda, credo che questa sia una mossa per fare meno spostamento possibile rispetto agli assetti esistenti, in attesa di un nome olandese che potrebbe rendere realtà buona parte del portafoglio di Timmermans», spiega a Linkiesta Davide Panzeri, esperto di politiche europee per il clima e responsabile Europa di ECCO, think tank italiano dedicato alla transizione energetica e al climate change.
«Non credo cambierà molto. L’impostazione per cui Timmermans si è speso tantissimo e per cui ha ottenuto risultati importanti è in dirittura d’arrivo. In particolare, mi riferisco agli aspetti del Fit for 55, che delineano non solo i meccanismi per raggiungere gli obiettivi al 2030 ma anche l’impalcatura sulla quale il resto del Green deal verrà costruito al 2040 e al 2050. Al di là del nome su cui la Commissione concluderà questa questione, io credo che non ci saranno deragliamenti: la direzione di viaggio è segnata e si stanno chiudendo i giochi».
Un impatto negativo, anche se minimo, potrebbe però esserci: «Il Fit for 55 ha mostrato che si sono raggiunti livelli significativi di ambizione e questo ha creato una spinta in senso opposto da parte di determinate lobby e di determinati quartieri politici», continua Panzeri. «Senza una voce forte come quella di Timmermans, che controbilanci queste tendenze, c’è il rischio che gli obiettivi per il 2040 (che dovranno essere proposti dalla Commissione entro la prima metà del 2024, ndr) escano meno ambiziosi di quanto possibile e di quanto sarà necessario».
L’altro rischio legato all’addio di Timmermans riguarda la Cop28, la prossima conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici che si terrà a dicembre a Dubai. La sua figura è stata infatti fondamentale per stipulare accordi in più occasioni, per esempio l’anno scorso durante la Cop27.
«Con il Green deal l’Europa sta mettendo a dimora una legislazione che è davvero la prima al mondo e che mostra la strada, ma bisogna tradurre questo esempio in azioni concrete a livello internazionale. In questo senso, il ruolo della delegazione alla Cop28 (oltre che a tutti gli altri forum meno importanti) sarà fondamentale. Non solo in termini di ambizione, ma anche di esperienza di negoziazione e di caratura per rapportarsi alle controparti internazionali». Per questo, l’assenza di Timmermans potrebbe avere un peso specifico non indifferente.
L’unica certezza, per il momento, è che l’avventura del “falco del Green deal” (come lo aveva rinominato qualcuno), il negoziatore poliglotto in grado di parlare inglese, tedesco, francese, italiano e russo, è finita. Sembrava che il suo destino fosse legato indissolubilmente agli ambienti europei. Fin dalla nascita a Maastricht, nel 1961, trentuno anni prima che nella città vicina alle Fiandre si firmasse il trattato che avrebbe cambiato per sempre il volto dell’Europa. Invece le cose sono andate diversamente.
Ora le ambizioni di un’Unione europea verde sono nelle mani di Sefcovic, ma solo temporaneamente. Spetterà al suo successore prendere le redini di una transizione che sia il più possibile «giusta, equa e inclusiva». Ma soprattutto, prima di ogni altra cosa, efficace.