Il diritto del lavoro non si applica soltanto agli operai in tuta blu. Anche chi guadagna stipendi a sei zeri ha dei diritti che possono essere violati. Lo dimostra il contenzioso instaurato da Leonardo Bonucci, storico giocatore della nazionale e (fino a qualche giorno fa) della Juventus, contro la sua ex squadra che sarebbe colpevole di non aver garantito al difensore adeguate condizioni di allenamento e di preparazione nel corso dei mesi estivi. Da questa violazione deriva la richiesta di risarcimento danni da parte di Bonucci, che ha instaurato il giudizio arbitrale previsto dall’accordo collettivo per questo genere di cause.
L’accordo collettivo che disciplina la prestazione sportiva (e, quindi, lavorativa) dei giocatori di Serie A, oltre al suddetto arbitrato, prevede all’articolo 7 che «la Società fornisce al Calciatore attrezzature idonee alla preparazione e mette a sua disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale» e che il calciatore «ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra del rispettivo campionato». Dalla lettura delle dichiarazioni di Bonucci, sembra che la sua intenzione sia quella di contestare la violazione delle predette clausole per ottenere il risarcimento dei danni professionali e all’immagine asseritamente subiti.
Bonucci non è certamente il primo calciatore a contestare la violazione dell’art. 7. In passato, ad esempio, alcuni calciatori della Lazio (Pandev o Negro) o del Catania (Pantanelli e Colucci) hanno instaurato azioni simili. Alcuni di loro vinsero la causa riuscendo addirittura a far accertare la sussistenza di mobbing nei loro confronti. Le squadre di appartenenza furono costrette a reintegrarli e/o a versare una parte dello stipendio lordo annuo spettante al calciatore a titolo di risarcimento.
Lo so, fa una certa impressione, ma se anche i ricchi piangono, perché mai i calciatori non possono essere mobbizzati?
*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi