La Francia chiama – allons enfants – ma Carlo Calenda non ci sta. La spinta nientemeno che di Emmanuel Macron a superare gli ostacoli per dar vita a una lista unitaria nel segno di Renew Europe (attualmente è il terzo gruppo per numero di parlamentari a Bruxelles) per il capo di Azione nemmeno esiste. In effetti non c’è stata alcuna iniziativa diretta del presidente francese, il quale ha ben altro da fare che non occuparsi delle beghe dei riformisti-centisti italiani, e tuttavia un appello esplicito è venuto da Stephane Séjourné, il presidente del gruppo di Renew a Bruxelles: «Sono in contatto costante con Renzi, Calenda e Più Europa» per tentare la strada di una lista unica.
Ma niente. Il collante francese sparso per mettere d’accordo Calenda e Matteo Renzi non attacca, il tentativo ormai pare più arduo di quello di mettere intorno a un tavolo Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Non ci riuscirebbe neppure il cardinale Matteo Zuppi. Perché ormai le distanze non sono più politiche, investono l’ambito morale, come spiega Calenda ai suoi interlocutori: «Piuttosto che con Renzi mi alleo con la Meloni».
Renzi ci starebbe, invece, infatti Italia Viva manda segnali positivi con Raffaella Paita, Ettore Rosato, Nicola Danti, Sandro Gozi. Dice quest’ultimo, da sempre tessitore dei rapporti tra Renzi e Macron: «Abbiamo bisogno di rafforzare Renew Europe e per fare questo è necessario avere una lista comune Renew Italia, facciamo prova di visione e pragmatismo». Il rischio che tutti conoscono è che, separate, le due liste non superino il quattro per cento nessuna delle due, cioè l’equivalente dell’autodistruzione e di rimbalzo il concreto rafforzamento del tanto aborrito doppio radicalismo Schlein-Meloni, un esito davvero drammatico e probabilmente definitivo di ogni ipotesi “terza” rispetto allo sghembo bipolarismo attuale, senza contare il contributo negativo che questo fallimento recherebbe al gruppo europeo macroniano.
Cioè il dualismo tra “Carlo” e “Matteo” potrebbe creare un problema di non poco conto al presidente francese in una fase per lui tutt’altro che semplice: un responsabilità che ognuno dei contendenti fa rimbalzare sulle spalle dell’altro come nella commedia dell’arte. Ma qui c’è poco da scherzare. C’è un pezzo (quanto grande?) di elettorato che rischia di rimanere senza una rappresentanza politica, perché nel caso di un naufragio europeo è chiaro che la stessa prospettiva “italiana” potrebbe evaporare per sempre.
In questo quadro, non si sa cosa deciderà di fare Più Europa, forse corteggiata da entrambi. Ma bisogna mettere nel conto anche la possibilità che una lista passi e l’altra no, ponendo fine a questo estenuante duello. Quello che è certo è che questa competizione fra calendiani e renziani pare ormai tracimata in una lotta nel fango tra opposte fazioni con punte di inusitata durezza, come si è visto sui social – ormai la “tribuna” prediletta – dopo l’uscita di Elena Bonetti da Italia Viva per andare a formare un “ticket” con Calenda. Sono gli elettori ormai a mettersi di traverso a ogni ipotesi unitaria.
Dopodiché non è chiaro se l’avvicinamento “tematico” di Azione al Partito democratico preluda a un suo graduale riposizionamento strategico nel centrosinistra – che, intendiamoci, è un’ipotesi assolutamente respinta da Calenda: e tuttavia la sintonia sui temi (il salario minimo, la sanità) potrebbe innescare un processo persino involontario nella direzione del campo largo. Ma per ora bisogna restare alle dichiarazioni ufficiali: Azione non sarà mai organicamente nel centrosinistra. Dunque due partiti fuori dal bipolarismo?A molti pare un follia. Di certo, il rapporto tra Matteo Renzi e Carlo Calenda non esiste più. E se non ci riesce Emmanuel Macron a rimetterli in qualche modo insieme non ci riuscirà nessuno. E a quel punto buona fortuna a tutti.