Leadership in bilicoLe barriere non tecnologiche che minacciano il settore italiano della carta riciclata

Incentivare l’uso dei materiali da riciclo e trasformare in valore economico i loro benefici ambientali; semplificare le pratiche autorizzative; alleggerire la burocrazia. È questa la ricetta che potrebbe rilanciare questo comparto produttivo, in attesa di sviluppi da Bruxelles sul nuovo Regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti

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In Italia, il settantadue per cento dei rifiuti viene riciclato e acquisisce una nuova vita. La media dell’Unione europea è del cinquantatré per cento, mentre quella della Germania si attesta al cinquantadue. Bastano questi dati, forniti dalla Fondazione sviluppo sostenibile, per capire quanto il nostro Paese sia un’eccellenza all’interno del settore. Ciò non ci rende il paradiso della green economy, ma la crescita dell’Italia in termini di circolarità dei rifiuti è innegabile. 

Un’eccellenza nell’eccellenza è rappresentata dalla carta da macero, materia prima end of waste (quando un rifiuto, grazie a procedure di recupero, acquisisce lo status di prodotto) che proviene dalle attività di lavorazione di carta e cartone usati. Secondo l’Unione nazionale imprese recupero e riciclo maceri (Unirima) – la principale federazione italiana di imprese di questo settore industriale – siamo medaglia d’argento europea per quantità di carta riciclata: nel 2021 la produzione complessiva ha sfiorato quota sette milioni, un aumento del tre per cento rispetto al 2020. 

In Italia ricicliamo circa 13,3 tonnellate di carta al minuto, merito dei circa seicento impianti ormai ben consolidati all’interno del tessuto produttivo del Paese: «Quello della carta da macero è un settore storico, antichissimo. Ci sono tante imprese a noi associate che stanno festeggiando i cinquant’anni di età. Sono spesso piccole-medie imprese a conduzione familiare del nostro sistema economico che ha retto a tante crisi, e che speriamo regga anche a questa. In Italia siamo dei grandi produttori di questa materia prima, ne produciamo così tanta che siamo in surplus rispetto al fabbisogno interno: ne esportiamo circa il venticinque per cento», racconta a Linkiesta l’ingegnere ambientale Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima. 

Oltretutto, è stata l’Italia a introdurre a livello normativo – nel 1998 – il concetto di “materia prima secondaria”. Non a caso, nel 2009 abbiamo raggiunto e superato gli obiettivi europei al 2025 sul riciclo degli imballaggi in carta e cartone. In più, nel 2021, siamo stati il primo Paese a emanare un “Regolamento end of waste per la carta” (decreto ministeriale 22 settembre 2020, n. 188). 

Tra pandemia, guerra in Ucraina e nuovi equilibri geopolitici in atto, anche il settore della carta da macero sta vivendo periodi di incertezza e instabilità. A questi fattori spesso difficili da controllare (se sei un’azienda), si aggiungono quelli legati specialmente ad aspetti burocratici e normativi: parliamo delle cosiddette “barriere non tecnologiche”, che rischiano di minare la posizione di leadership dell’Italia e di frenare lo sviluppo – anche a livello innovativo – di un settore storicamente in salute. 

Queste barriere sono più evidenti nei momenti tumultuosi in termini di assetti internazionali, in cui i singoli mercati nazionali sono fortemente influenzati dalle dinamiche tra le potenze globali. «Facendo un raffronto tra la quotazione media di agosto 2023 e giugno 2022, siamo al settantasei per cento in meno. E non è tutto: noi, a volte, recuperiamo la resa invenduta dei quotidiani delle stampe per poi trasformarla in nuova materia prima; questo materiale, da settembre 2022 ad agosto 2023, ha avuto un crollo vicino all’ottanta per cento come valore di mercato», sottolinea il direttore generale di Unirima. 

Secondo le imprese del settore, la parola chiave è “semplificazione”. Che, tra l’altro, è esattamente lo stesso problema che sta frenando la crescita del fotovoltaico utility scale. Negli ultimi anni, denuncia Unirima, la normativa di riferimento – il Testo unico ambientale – è stata stravolta da quasi centocinquanta modifiche e integrazioni: per le aziende diventa difficile, se non impossibile, adeguarsi.

«Se le imprese vogliono installare un macchinario più performante, apriti cielo. Tutte le volte che vogliono mettere un impianto più efficiente, avviene una notifica sostanziale dell’autorizzazione rilasciata dalle Regioni o, su delega di quest’ultime, dalle Province o dalle Città metropolitane. Per comprare una macchina ci metti un mese, ma per installarla e farla funzionare ci metti, ad esempio, un anno in attesa dell’autorizzazione. E, nel frattempo, la macchina diventa obsoleta», dice Sicilia, che parla anche di «ritardi negli iter autorizzativi da parte delle amministrazioni competenti, che si traducono in costi aggiuntivi per le imprese».

Per fornire al settore un maggiore impulso bisognerebbe anche incentivare l’uso dei materiali da riciclo, mettendo al centro i loro valori ambientali (trasformandoli in valore economico): «Una materia prima secondaria si porta dentro due valori principali. Il primo è che viene prodotta recuperando cose che si buttano, il secondo è che il recupero di nuove materie prime dai rifiuti ha vantaggi ambientali in termini di minor consumo di energia e di minori emissioni climalteranti», spiega Sicilia. 

Un altro esempio: il cartone della pizza può essere composto solo da fibra vergine e non da carte da riciclo. Questa regola è frutto di una norma del lontano 1973 (il decreto del ministero della Sanità del 21 marzo 1973, intitolato “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanza d’uso personale”), che andrebbe allargata e adattata ai tempi che corrono. 

Secondo Unirima, poi, anche la proposta del nuovo Regolamento europeo sulle spedizioni di rifiuti – proposto dalla commissione Envi e approvato dal Parlamento europeo nel gennaio 2023 – potrebbe costituire una barriera non tecnologica: «Siccome siamo gli unici in Europa ad avere una norma all’avanguardia sull’end of waste, attraverso questo regolamento cercano di depotenziare la nostra legge. Una legge che per noi è un vantaggio competitivo». Il timore delle aziende del settore è che, in caso di approvazione del testo attuale da parte del Consiglio, il nuovo regolamento avrà un impatto negativo sui Paesi che, negli anni, hanno ottenuto una posizione di leadership nel comparto del riciclo.

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