Lo scorso 14 settembre, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione proposta dalla parlamentare socialdemocratica tedesca Maria Noichl che ha come obiettivo quello di promuovere il Modello Nordico nell’approccio alla prostituzione.
Si è trattato di un voto che ha diviso trasversalmente le famiglie politiche europee, proprio in virtù della particolarità della proposta, che consiste, sostanzialmente, nella criminalizzazione della clientela. Fra i Paesi che hanno deciso di adottare questa strategia o alcune sue varianti, vi sono la Svezia, che per prima l’ha introdotta nel 1999, la Norvegia, l’Irlanda e la Francia.
La faglia politica
A Strasburgo è emersa così una maggioranza favorevole composta da Popolari, Socialdemocratici e una parte di Liberali, Verdi e Sinistra, e al contempo un’ala contraria in cui si ritrovano la maggioranza dei Conservatori (escluso l’italiano Nicola Procaccini, di Fratelli d’Italia), dei Liberali, dei Verdi e l’intero gruppo euroscettico di Identità e Democrazia, di cui fa parte la Lega di Matteo Salvini.
L’obiettivo del Modello nordico è quello di ridurre la domanda e di conseguenza diminuire gli episodi sfruttamento e traffico di esseri umani. Ciò ha comportato una spaccatura a sinistra fra sostiene la legalizzazione della prostituzione in virtù dell’autodeterminazione, in particolare quella femminile, e chi, invece, la ritiene un retaggio della società patriarcale; a destra, la divisione è fra chi condanna la prostituzione per ragioni morali e chi la difende, magari ricordando l’epoca d’oro delle case chiuse.
La firmataria della risoluzione, Maria Noichl, ha commentato così la sua approvazione: «Oggi il Parlamento dà voce a persone, specialmente donne, che sono state tradizionalmente trascurate, marginalizzate e stigmatizzate dalle nostre società. Siamo al fianco di chi a lungo ha messo in guardia dalla realtà della prostituzione. Questa risoluzione indica le cause che caratterizzano la maggior parte delle persone che si prostituiscono e sottolinea le azioni da intraprendere: creare programmi di uscita e alternative, eradicare la povertà e l’esclusione sociale, smantellare stereotipi e diseguaglianze e ridurre la domanda colpendo la clientela».
Nonostante il voto favorevole della stragrande maggioranza del gruppo dei Socialisti e democratici (S&D) e dell’estrema sinistra, si sono espressi in maniera contraria i danesi Fuglsang e Schaldemose e la finlandese Modig. Entrambi i Paesi mantengono un approccio diverso, attraverso il quale è legale l’esercizio della prostituzione e la clientela non è punita, ma non sono previste forme di regolamentazione come ad esempio in Germania e nei Paesi Bassi.
I dati: una questione di decoro
In che modo ha funzionato il provvedimento, dove è stato applicato per la prima volta? L’impatto è stato studiato dal governo svedese, che nel 2010 ha pubblicato un report legato al fenomeno nelle grandi città. I valori dimostrano come, con l’eccezione della terza città del paese Malmö (che però è a due passi da Copenhagen), non si siano registrate drastiche riduzioni nella prostituzione in strada.
Con l’introduzione della legge nel 1999, esattamente in corrispondenza con l’emergere di internet, si sono al contempo sviluppati gli annunci online. Secondo un articolo del 2012 del quotidiano Aftenposten e una ricerca dell’istituto Pro Senteret, gli effetti della legge norvegese del 2009 sarebbero stati limitati ad una diminuzione della prostituzione visibile, ovvero in strada. Insomma, più una questione di decoro che di sostanza.
Lontano dagli occhi
E le persone direttamente interessate, cosa ne pensano? In Svezia, l’organizzazione di riferimento è Red Umbrella Sweden. La portavoce, nota con il nome d’arte di Kira Stellar, è anche il trait d’union fra la sede principale di Red Umbrella (ad Amsterdam) e il gruppo di lavoro svedese.
«I clienti temono di essere arrestati, per questo fanno di tutto per nascondere la propria identità e sono le prostitute stesse a dover accettare queste condizioni per poter esercitare», racconta spiegando le difficoltà che normalmente si riscontrano in Svezia. «Poiché negli alberghi il personale è preparato e allertato per contrastare prostituzione, gli incontri possono avvenire in luoghi anonimi e lontani dal pubblico, ad esempio boschi o aree isolate, con tutti i rischi del caso. Sarebbe molto meglio se questi incontri avvenissero in luoghi sicuri».
Più insicurezza
In Norvegia, ne parla Astrid Renland, criminologa e coordinatrice amministrativa dell’organizzazione Pion, che dal 1990 lavora a stretto contatto con la prostituzione.
«Dall’introduzione della legge sono sorti molti problemi. Il principale è la repressione delle autorità: con la scusa di contrastare lo sfruttamento e il traffico di esseri umani, la polizia ha finito per allontanare chi lavora dalle proprie abitazioni anche di fronte a proprietari ignari, o dalla propria cerchia sociale, perquisendo appartamenti e alberghi o imponendo l’analisi dei contatti telefonici, anche queli privati dedicati alle famiglie. Il tutto nonostante l’esercizio volontario sia una pratica legale».
L’impatto è devastante dal punto di vista della sicurezza: «C’è una mancanza tale di fiducia verso le forze dell’ordine, che non si denunciano episodi di violenza e furto ai quali le persone che lavorano in ambito sessuale sono particolarmente esposte, soprattutto ora che si ritrovano isolate fra loro non potendo esercitare in luoghi condivisi», spiega Renland.
Criminali e criminalizzati
Cos’è cambiato nell’approccio dei clienti? «Non sono un gruppo monolitico. Si diceva che sarebbero spariti i clienti pericolosi, ma non è così. Il divieto ha creato diverse aree di contatto e i clienti più benestanti possono utilizzarle senza essere intercettati dalla polizia. Invece, chi esercita in strada, riporta una maggiore rilevanza di clienti stranieri, ad esempio dall’Est Europa, e le attitudini nei loro confronti sono diverse, anche per fattori culturali».
«Ad ogni modo, la criminalizzazione influenza il comportamento dei clienti e alcuni pensano di potersi comportare come vogliono». E ciò comporta altri rischi. In un’indagine dell’organizzazione Pion del 2019 fra cinquanta persone iscritte, è stata individuata una prevalenza di sopraffazione e violenza. I più tipici sono gli abusi sessuali, ma sono comuni anche richieste di sesso non protetto o clienti che filmano i rapporti senza il consenso.
I «modelli» degli altri
I modelli di riferimento non mancano, indica Renland. «In Olanda e Germania sono in vigore licenze per aprire le case di tolleranza, ma esiste ancora un coinvolgimento da parte delle forze dell’ordine per il controllo del fenomeno. La legge in vigore in Nuova Zelanda, in Belgio e in alcuni stati dell’Australia, invece, ha rimosso la prostituzione dal codice penale indicando i diritti e i doveri delle prostitute, salvaguardandone la salute»
La legge neozelandese del 2003 è effettivamente una delle meno stringenti nell’ambito: le limitazioni sono legate all’età (è vietata fino ai diciotto anni) e all’eventuale costrizione. Per il resto, è garantita sia l’esistenza delle case di tolleranza che la possibilità per chi si prostituisce di associarsi commercialmente.
Una piaga molto grave, rimane il traffico di esseri umani: «C’è molta attenzione su questo e se riceviamo una segnalazione, non lavorando direttamente in questo ambito, indirizziamo le vittime verso le autorità. La nostra esperienza è che chi esercita sia maggiormente esposto dalla criminalizzazione rispetto a prima, perché maggiormente dipendente da chi organizza il mercato».
«Si è creato un mercato illegale per i criminali e altri profittatori, per questo è molto importante stabilire reti sociali per chi lavora, in particolare chi arriva da altri Paesi e non ha la protezione sociale che le reti di contatto possono garantire attraverso il contatto con la comunità. La polizia è più preoccupata a controllare la regolarità della permanenza nel paese: il problema è quando le vittime straniere vengono espulse dal paese perché irregolari, esponendole allo stesso rischio nello Stato dal quale arrivano», chiude l’amministratrice di Pion.