Propaganda a grappoloLa guerra alla verità del pacifismo filorusso è la stessa di Putin, ma con altri mezzi

I collaborazionisti di casa nostra usano un’arma impropria da un anno e mezzo, cioè la pretesa che la violenza russa sia valutata in base al grado di rettitudine civile e democratica di chi la subisce anziché la disumanità di chi la esercita

AP/Lapresse

Nella guerra alla verità che conduce ora direttamente a sostegno, ora a obliqua giustificazione, ora a imbastitura negazionista dell’operazione speciale contro il popolo ucraino, il pacifismo collaborazionista ha sempre fatto uso, tra i tanti mezzi riprovevoli, di quest’arma oscenamente impropria: e cioè la pretesa che la violenza che da un anno e mezzo si consuma laggiù sia misurata e dunque giudicata tenendo a riferimento il grado di rettitudine civile e democratica di chi la subisce anziché la sfrontata perizia stragista di chi la esercita.

Ne abbiamo scritto proprio qui non so più quante volte, perché quella propaganda mistificatoria è propalata a grappolo e colpisce ripetutamente a casaccio e un po’ dappertutto il diritto-dovere di parteggiare per gli aggrediti: può trattarsi della Villa al Forte dei Marmi del presidente ucraino, il guerrafondaio possibilmente ritratto con naso adunco e braccio fasciato di svastica, o del solerte reportage sulle malversazioni del governo di Kyjiv, la versione democratica della requisitoria contro la cerchia di omosessuali e drogati da rimuovere e sostituire con un po’ di gente perbene, o ancora può trattarsi della contraerea che fa piovere schegge sui civili, a riprova che dopotutto è la sventatezza ucraina a fare la sua parte di danno e a portare una quota equiparabile di tragedia, insomma può trattarsi di qualunque argomento più o meno falso, di qualsiasi evidenza più o meno contraffatta, di ogni addebito più o meno calunnioso per dimostrare ciò che solo un cieco non vede, e cioè che gli ucraini sono di una tal fatta che il loro diritto di difendersi è quanto meno discutibile, e a dir poco improbabile è il dovere altrui di aiutarli.

È un’operazione, appunto, che comincia subito, e fiorisce già sui giornali e nei talk show del 24 febbraio del 2022 a decorosa copertura della scena di edifici sventrati e di gente fatta a pezzi dalle bombe comprensibilmente, e alla fine dei conti anche giustamente, orientate a contenere le ambizioni espansionistiche della Nato.

Ed è un’operazione che – di conserva con quella speciale, e a supportarla – è proseguita senza sosta nel puntuale rilievo dell’inammissibile destituzione di un ministro ucraino senza il benestare di Giuseppe Conte e dell’Anpi, nell’inoppugnabile investigazione circa la presenza della pronipote del cugino di James Bond nell’acciaieria di Mariupol, nell’inchiesta democratica sul giornalismo ucraino intollerabilmente irrispettoso dei canoni di libertà di stampa vigenti alla Rai, a Telecinquestelle aka La7 e tra i liberali per Retequattro, e via via nello scrutinio della dotazione morale dei genitori ucraini, che non capiscono che i bambini sono felici anche in dittatura, nella denuncia dell’oltranzismo che irresponsabilmente fa saltare un pilone del ponte su cui transitano gli armamenti con cui gli aggressori radono al suolo asili e ospedali, nelle perizie stronzo-balistiche degli esperti che scoprono l’origine sovietica dei missili che gli ucraini si tirano sulla testa per ostacolare il percorso di pace voluto dai russi. Eccetera.

È insomma l’operazione speciale che prosegue con altri mezzi: con le armi impugnate dalle Mani Pulite del collaborazionismo pacifista.

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