Cin cinLe star di Hollywood si danno all’alcol (per scopi commerciali)

Il binomio tra celebrities e bevande alcoliche è (e sarà) sempre più di successo, anche perché il valore del mercato degli spirits dovrebbe raddoppiare in meno di dieci anni. Da Jennifer Lopez a George Clooney, passando per LeBron James ed Eva Longoria: esempi concreti di un trend destinato a crescere

Superalcolici e vini si stanno bevendo anche la birra. E il merito (o la colpa) è di J-Lo, Clooney & Company. Basta caffè, George si è dato anche alla tequila, in società col marito di Cindy Crawford, Rande Gerber. Il binomio attori celebri e alcol è e sarà sempre più un successo: il valore del mercato degli spirits dovrebbe raddoppiare in meno di dieci anni. E negli Stati Uniti avrebbe superato quello della birra. Perciò la nuova manna, spinta anche dall’addio agli anni della pandemia (che pure hanno fatto crescere notevolmente l’e-commerce alcolico), viene offerta sempre più dai volti noti, seguiti globalmente. Come in una walk of fame alcolica. 

Se una bottiglia di vino, o altro alcolico, ti viene portata, ammiccando, da Cameron Diaz, o un’altra rinomata star di Hollywood, non si potrà rifiutare. Perciò il binomio alcol-Vip è un successo sicuro per il consumatore, tanto più per le casse dei nuovi produttori già belli, ricchi e famosi. Il motivo è presto spiegato dal New York Times: «Il marketing dell’alcol delle celebrità tende a basarsi sullo stile di vita percepito delle sue mascotte. Bevi la tequila Casamigos di George Clooney, per esempio… e acquisisci parte del suo glamour da star del cinema. Vuoi fare festa come Jay-Z? Compra un Armand de Brignac da ottocentocinquanta dollari».

Premiumizzazione; dietro il neologismo sta il segreto della nuova ondata del business alcolico. La fama è la garanzia del prodotto, se LeBron James superstar ultra vincente dell’Nba imbottiglia tequila non potrà che esser buona e far godere di un goccio di successo chi l’acquista. Anche perché così il ricarico è assicurato: se una normale bottiglia costa, calcolando a spanne, tra i venti e i trenta dollari, chi non sarà disposto a pagare anche più del doppio per sentire sul palato o sfoggiare in società il liquore di una star che non ne ha sbagliata una nella sua carriera? 

Il giocatore negli ultimi mesi non fa che produrre contenuti video e foto nei quali agguanta la sua Lobos, il distillato che nel 2022 ha vinto il titolo di “migliore al mondo” al San Francisco World Spirits Competition, sbaragliando anche la concorrenza di Michael Jordan, proprietario della distilleria Cincoro che produce l’omonimo spirit.

Non solo i distillati, anche i vini seguono l’onda dell’accoppiata con le celebrità d’oltreoceano. Non a caso dalla vendemmia tardiva in Nuova Zelanda può arrivare sulla vostra tavola, o tra le vostre mani, Invivo, Sauvignon prodotto da Sarah Jessica Parker (la protagonista di Sex & the City raramente restava senza bicchiere di vino, almeno nella serie): centotrenta euro la bottiglia. 

George Clooney deve aver subìto la seduzione dei distillati e le sue tasche sono state presto rimpinguate (hanno scritto che è l’attore che ha guadagnato di più negli ultimi anni, e non certo solo per via dei film): propone infatti Tequila Casamigos, dell’omonima distilleria fondata nel 2013, a sessanta euro la bottiglia. La stessa società è stata acquistata nel 2017 dalla Diageo, la multinazionale che possiede anche marchi come Smirnoff, Guinness e Baileys. Ma Clooney continua a prestare il nome e il volto per la pubblicità, e a registrare profitti.

Astemia ma col fiuto per gli affari, Jennifer Lopez s’è inventata Delola, una linea di Spritz: tre bottigliette, che fanno su per giù un litro di bevanda, a settanta euro. Anche Blake Lively non beve alcol, però “vende” Bourbon e Tequila Betty Buzz: pecunia non olet, alcol non nuoce, e ubriaca gli incassi degli hollywoodiani che si presentano con il sorriso e la bottiglia in mano, anche se alcuni di loro non l’apriranno mai. 

Nessun altro sequel o prequel per Breaking Bad: le due star Brian Cranston e Aaron Paul hanno preferito investire nell’agave e appoggiarsi a produttori di una zona remota di Oaxana, in Messico, che smerciano tequila Dos Hombres e Mezcal. E che dire di una dei portavoce della minoranza latina, ed ex casalinga disperata, Eva Longoria: cento dollari per settecentocinquanta millilitri della sua tequila Casa Del Sol. Persino Bob Dylan ha ceduto: è suo il bourbon Heaven’s door. D’altronde non avrebbe potuto chiamarsi altrimenti. Un affare di famiglia e più recente, nel Paese della Brexit, quello di Emma Watson in società col fratello Alex: i due hanno creato il gin Renais, ispirandosi ai territori della Borgogna. 

Le vendite di alcolici nel mondo ammontavano nel 2022 a 1,6 trilioni di dollari, e dovrebbero arrivare a due trilioni nel 2031, con una crescita garantita di oltre il 2,5 per cento l’anno. Perché a bere alcol saranno sempre più persone, grazie anche allo sviluppo dei nuovi mercati dalla Nigeria al Brasile. Il Brasile è ormai una potenza affermata, fa parte dei Brics e ha sviluppato una classe media che viaggia per il mondo e si concede piaceri borghesi; la Nigeria è la potenza africana che cresce grazie al petrolio (pur frenata dalla guerra civile interna di gruppi estremisti musulmani) e anche qui si è sviluppata una borghesia; senza contare che da tempo ormai Nollywood (crasi di Nigeria e Hollywood), l’industria cinematografica nigeriana, nutre l’immaginario collettivo dell’Africa occidentale e non solo.

D’altro canto le società occidentali si orienteranno maggiormente sulla qualità, ossia prodotti “premium”, target perfetto per testimonial già riconosciuti in gran parte del Pianeta. Sebbene la Cina stia vedendo una contrazione delle vendite globali (per via delle nuove generazioni che per la prima volta affrontano la crisi economica dopo decenni di tumultuosa crescita interrotta) in molti Paesi del mondo l’alcol (e soprattutto vino e spirits) riempirà sempre più bicchieri. Considerato un prodotto di consumo di base, l’alcol viene acquistato anche quando l’economia è debole. La domanda di beni di consumo di base tende ad essere non ciclica, il che significa che la domanda dei consumatori è costante tutto l’anno. L’alcol resta così, a tutti gli effetti, un prodotto a prova di recessione.