Passeggiando tra i roseti e le piante di rosmarino di Villa Fiorella, l’asfissiante ritmo cittadino sfuma subito in un lontano ricordo. La piscina a sfioro, in cui si specchiano gli alberi sul bordo, sembra quasi sorvegliata dalle statue dello scultore torinese Domenico Borrelli. Poi, scendendo per le scale del giardino, ci si inoltra nell’oliveto secolare da cui si produce uno squisito olio della casa.
Qui i profumi della macchia mediterranea, protagonisti nelle cucine dell’hotel, diventano sempre più insistenti. Anche sul finire della stagione estiva. Tra le pale dei fichi d’India e gli arbusti, si scorge il mare, con al centro l’isolotto del Vervece, simbolo di Massa Lubrense e protagonista di diverse leggende. Anche il clamore turistico della penisola sorrentina si placa sotto i limoneti.
Ma come si fa a scandire il tempo in questo piccolo angolo di paradiso? «Ci accorgiamo che la stagione sta finendo guardando il tramonto: a inizio estate il sole cala dietro Ischia, ad ottobre dietro Capri», risponde lo staff.
Sembra di trovarci in un’opera di Gabriele D’Annunzio. Ma in realtà questo che stiamo descrivendo è solo l’hortus conclusus – il Vate l’avrebbe definito così – di un Art Hotel a cinque stelle in provincia di Napoli.
L’Art Hotel e la sua cucina
Massa è una delle località più suggestive di una costiera molto votata al turismo, mentre gli Art Hotel sono concept di accoglienza dove le opere d’arte diventano più di un semplice arredo. A patto di essere esposte con passione e competenza.
Molte volte il legame con l’arte può essere una mera trovata di marketing in hôtellerie. Ma nel caso di Villa Fiorella, le opere di Sironi (c’è un bassorilievo vicino la reception), di Miltos Manetas, Chen Zen, Takeo Hanazawa o Luigi Mainolfi testimoniano una passione solida e di famiglia. Quella dell’albergatore Alberto Colonna, che dal 2016, grazie all’ispirazione del papà collezionista, ha trasformato la struttura in una galleria d’arte vera e propria.
Il fuori e il dentro dell’hotel sono tappezzati infatti da esposizioni temporanee e altre permanenti. Quadri e statue di arte contemporanea non si trovano solo negli spazi comuni. Le opere si insinuano nelle stanze stesse (sono ventitré tra camere e suite) caratterizzando fortemente ogni ambiente.
Nelle terre che hanno dato i natali agli spaghetti alla Nerano e a ristoranti che hanno fatto la storia come Don Alfonso 1890 (ora in pausa ristrutturazione), nemmeno la cucina poteva essere un dettaglio. Da quest’anno la giacca di executive chef ce l’ha Carmine Mazza, trentanovenne che dopo esperienze in indirizzi stellati come il Capri Palace, Le Trabe a Paestum e lo stesso Don Alfonso, ha accettato la sfida di Villa Fiorella.
L’offerta gastronomica di Villa Fiorella
Due le cucine gestite, lo Scirocco Pool Bar & Sunset Restaurant, il bistrot vicino alla piscina, e il fine dine Terrazza Fiorella. Concept diversi, ma stessa filosofia.
Chef Mazza è di Torre Annunziata (Napoli), e non si è mai mosso dalla Campania. Il suo credo è la materia prima, lo si vede da come esalta il sapore del pesce che sempre si distingue anche nelle preparazioni più elaborate. «Il rispetto per gli ingredienti della mia terra l’ho imparato nelle cucine di Don Alfonso, la tecnica dal Capri Palace» ci spiega. «Ma per me essere chef del territorio non è qualcosa che dico tanto per fare il figo: è la mia filosofia di vita. Quando vado fuori e poi torno sotto al Vesuvio mi vengono i brividi per l’emozione». La spiegazione, che sembra più un’umile confessione che retorica, si interrompe. Perché è la sua cucina a parlare da sola. Mazza parte spesso dai piatti poveri della tradizione: gli toglie l’abito umile per infilargli la veste gourmet, senza corrompere l’anima autentica.
Come si trasformano i piatti poveri
Ecco un po’ di esempi. Nel menu di Scirocco spicca una parmigiana colorata che potrebbe benissimo figurare in una carta da fine dining. Fuori l’aspetto è elegante ma dentro conserva i sapori simili a quelli delle migliori case che affacciano sul Golfo di Napoli.
I cappelletti alla Nerano, uno dei piatti serviti a Villa Fiorella, invece, nascondono un ripieno che ricorda le più autentiche interpretazioni del lido dove è nato il famoso piatto ad inizio Novecento. Qui, il gelato di talli (foglie e germogli di zucchine reperibili solo nei mercati popolari) è servito in abbinamento, adagiato proprio sui sassi provenienti dalla spiaggia di Nerano.
Poi c’è la “Ricciola di rinforzo” che prende ispirazione dalla insalata natalizia e un po’ sottovalutata della gastronomia partenopea. Sui tavoli di terrazza Fiorella, la pietanza tradizionale si trasforma in un secondo ambizioso grazie al connubio tra gel alla papaccella e crema di cavolfiori.
Con Mazza lavora il pastry chef abruzzese Federico Di Persio che prepara sia classici, come delizia al limone o sorbetti (bistrot), sia fine pasto delicati per la sera, come “Sedano, carote e cipolla” dove il battuto povero tradizionale viene rivisitato in chiave dolce.
Una cantina da non sottovalutare
Paesaggio naturale, arte e cucina sembrano un tutt’uno a Villa Fiorella. Ma non dimentichiamo pure la cantina, ricca e selezionata. Non solo ostentazione di grandi e blasonate bottiglie riservate ai turisti stranieri, ma un vero e proprio tempio per wine lover. Curata dai sommelier Tiziano Imperato e Luciano Esposito, è un arsenale con quattromila bottiglie e settecento etichette. Queste sono custodite in un caveau a maggioranza campana, che prevede pure sale degustazioni per l’approfondimento.
È possibile effettuare su prenotazione dei wine tasting attraverso percorsi sensoriali guidati alla scoperta di vini regionali, italiani e internazionali. E i sommelier sono sempre disponibili per la bottiglia giusta da stappare, anche a bordo piscina. Una loro qualità molto apprezzata è quella di partire dal territorio e poi offrire suggestioni diverse. Servizio realizzabile solo da chi passa l’inverno a spasso fra le cantine e ha grande disponibilità in cantina.
La vista dello Sky Lounge
Così magari si può sorseggiare una Biancolella ischitana fresca e profumata di giorno, e durante la cena provare l’abbinamento tra la ricciola e il rosso valdostano Fumin di Cantina Les Cretes. Non disperino gli amanti di mixology. Anche loro sono ben accontentati. All’ultimo piano della struttura c’è infatti il Cielo Sky Lounge dedicato ai cocktail, racchiusi in una lista chilometrica. Mentre si sorseggia il drink si deve guardare però il panorama: da un lato Capri, dall’altro il resto del Golfo di Napoli. Al centro il Vervece. E le lancette del tempo si fermano di nuovo.