La versione di RamallahL’Autorità Palestinese spera di tornare al governo a Gaza e poi convivere con Israele

Uri Davis, vecchio amico di Arafat e ora consigliere di Abu Mazen, ha parlato a Repubblica di una possibile soluzione al conflitto e di un progetto federale con lo Stato ebraico

AP/Lapresse

La strage di civili israeliani nasce da un calcolo criminale da parte di Hamas. Il giudizio di Uri Davis sui fondamentalisti islamici che governano la Striscia di Gaza non lascia molto spazio a fraintendimenti: non si possono avere dubbi sulle colpe e le mancanze di Hamas.

Davis è un accademico britannico nato a Gerusalemme, Yasser Arafat lo chiamò al suo fianco in Fatah e oggi fa parte del gruppo di intellettuali più vicini al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), con la carica di vicecommissario agli Affari Politici. Intervistato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari, Davis ha proposto la sua versione e la sua visione sui prossimi sviluppi del conflitto israelo-palestinese.

Già capo dell’ufficio di Fatah a Londra, sposatosi nel 2007 a Ramallah «grazie all’autorizzazione dei vertici di Fatah» e con in tasca due passaporti israeliano e britannico, Davis rappresenta opinioni e sentimenti che circolano all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese e in Cisgiordania. Davis muove le sue considerazioni a partire dagli accordi di Oslo e da una fase di reciproco riconoscimento tra Israele e Palestina, quindi dall’idea che la formula “Due popoli per due Stati” possa avere un futuro. Ma, scrive Molinari, «ritiene che la convivenza possa essere garantita solo dal pieno rispetto di tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a cominciare dalle 181 e 194 che accompagnarono la nascita di Israele nel 1948».

La conseguenza della soluzione “Due popoli per due Stati”, con Gerusalemme città internazionale, secondo Davis è possibile aggregare «due Stati all’interno di una federazione, confederazione o unione come lo sono il Belgio, la Svizzera, l’Unione Europea e anche gli Stati Uniti» perché «la chiave per convivere è la sovranità», come già accade, ad esempio, «negli Stati Uniti, dove la sovranità è federale, ma esistono al loro interno Stati come il Michigan, il Texas e la California, ognuno con la propria storia, cultura e i propri interessi che possono essere anche in contrasto fra loro su singole politiche». Questa soluzione creerebbe un amalgama diverso: un’alternativa allo Stato binazionale – che dovrebbe far coesistere identità così differenti al suo interno, non si sa come – e anche alla vicinanza di due popoli per due Stati divisi e confinanti. «Una federazione sovrana che contiene due Stati diversi, uno ebraico e l’altro arabo. A cui anche la Giordania potrà decidere se aderire o meno».

Certo, la prospettiva messa sul tavolo da Uri Davis non sembra imminente, non sembra nemmeno così facile da realizzare. Ma, spiega, anche la guerra in corso dovrà finire, in un modo o nell’altro. «L’Autorità nazionale palestinese che governa sulla Cisgiordania può tornare ad assumere il controllo della Striscia, come era fino al colpo di mano militare subito da parte di Hamas del 2007», dice Davis. «Ma non sarà grazie a un intervento militare israeliano: Fatah può rientrare a Gaza in maniera indipendente dal conflitto Hamas-Israele. E se ciò avvenisse i due passi seguenti dovrebbero essere lo scambio completo di prigionieri fra tutti gli israeliani catturati e tutti i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane con un relativo e complementare totale cessate il fuoco».

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