Piaceri d’autunno Dieci cose da fare per gustare l’arrivo dei primi freddi

Zucche e castagne, cioccolata calda da sorseggiare sotto una ancor più calda coperta, ma anche piccole avventure gastronomiche, treni da prendere, terre da scoprire. Una piccola selezione di cose belle da fare in questa sempre più rara “mezza stagione”

Foto di Elijah O'Donnell su Pexels

Le giornate si accorciano: il buio arriva presto e il freddo inizia a pizzicare quando si esce la mattina. Le foglie si colorano di giallo e di rosso, la pioggia si alterna a un sole che fa sempre più fatica a scaldare. Si ripescano dagli armadi felpe e piumini. Torna la voglia di cucinare e di coccolarsi al chiuso, ma non manca il desiderio di vivere la pienezza delle sfumature che questi mesi sanno regalare. L’autunno ha una poesia tutta sua, fatta di sapori avvolgenti e di colori caldi: per goderla a pieno bisogna lasciarsi guidare dalle suggestioni del momento, certo, ma qualche idea può essere preziosa. Qui ne trovate dieci, dedicate a chi aspettava con impazienza l’arrivo di questa stagione, ma anche a chi non riesce a rassegnarsi alla fine dell’estate. Anzi, proprio gli irriducibili del sole e della “bella stagione” potranno scoprire il fascino dell’autunno.

Procurarsi un po’ di pioggia
Che non sia troppo forte, però. È la raccomandazione che dà Audrey Hepburn in “Sabrina” a chi visita Parigi per la prima volta. E anche se non avremo l’occasione di percorrere in taxi Bois de Boulogne, la pioggia in autunno è sempre una buona idea. Ci consente di non uscire di casa, di rannicchiarci sul divano con una copertona morbida e di guardare un film, magari proprio “Sabrina”. I comfort gastronomici non devono mancare, ma non saranno vaschette di gelato o patatine. No, con una pioggia che tamburella sui vetri e il primo freddo dobbiamo assolutamente preparare una cioccolata fumante, e coronarla con un ciuffo di panna montata (quella vera, niente bombolette). Possiamo scegliere tra cioccolata classica, bianca o fondente, aggiungere un po’ di caffè o un tocco di rum per una coccola extra, completarla con i marshmallows all’americana, tutto è questione di gusti. L’unica regola è che sia ben calda.

Nell’orto delle zucche
Le zucche servono per tingere l’inverno di arancione: le possiamo gustare in piatti colorati e saporiti, berle in un latte speziato come quello di Starbucks, le possiamo intagliare per il classico Jack-o’-lantern di Halloween e le possiamo usare come centrotavola. Ma soprattutto le possiamo cogliere, anche se non abbiamo un orto tutto nostro. Gli orti delle zucche sono sempre più diffusi in tutta Italia: una fuga meravigliosa dalla realtà, da fare con chi si ama o con i bambini (si divertiranno da matti). Ce ne sono anche di vicinissimi a Milano, da quello di Ornago a quello di Vimodrone, ma ce ne sono davvero in tutta Italia. Si può passeggiare tra i colori dell’autunno, cogliere la propria zucca e portarla a casa; in alcuni orti è anche possibile organizzare un picnic con prodotti autunnali o seguire un corso di intaglio della zucca. Scegliete il vostro campo delle zucche: se sarà un campo sincero, magari vi capiterà di imbattervi nel Grande Cocomero.

Foto di Marius Ciocirlan su Unsplash

Andare al mare
Se siete amanti del caldo, andate in cerca dell’ultimo respiro d’estate, di una spiaggia calma dove godere dell’ultimo sole. Se invece per voi l’autunno è davvero la porta del sospirato freddo, cercate una giornata di temporale, una scogliera, una mareggiata: prendete gli schizzi, respirate il vento che profuma di cose lontane, lasciatevi avvolgere dal quel mare che «urla e biancheggia». In ogni caso cercate un buon ristorante, piccolo ma accogliente, dove mangiare quei piatti di pesce, dalle zuppe agli umidi, che d’estate di solito non si gustano a pieno perché fa troppo caldo: cacciucco o brodetto, una bourride francese, o specialità locali come il caldaro maremmano.

Le castagne
Le castagne sono l’anima dell’autunno. Se abitate vicino a un bosco, o se avete un weekend libero, andate a raccoglierle, lasciandovi avvolgere dai profumi e dai colori della stagione. E se incontrate un mucchio di foglie secche, non rinunciate a saltarci dentro a piedi uniti! Se avete la fortuna di avere un camino, cuocete le caldarroste sul fuoco, nella pentola di ferro bucata: un consiglio, copritele con un panno umido, se volete che non asciughino troppo. Un bicchiere di vino, il fuoco acceso, e tanti racconti mentre si sgusciano uno ad uno i prelibati frutti: un rito antico, che si perpetua in diverse regioni con nomi differenti. Tutti gli altri possono cuocere le castagne sul gas, nel forno, o bollirle in acqua, senza dimenticare un pizzichino di sale. E chi vive in città può godere di un rito moderno ma non meno sentito e poetico: una passeggiata in centro, verso sera, lasciarsi guidare dal profumo inconfondibile, trovare un caldarrostaio, comprare un cartoccio e gustarlo subito, scottandosi un po’ le mani, in compagnia di una persona speciale.

Foto di Francesco Paggiaro su Pexels

Andare in Romagna a comprare la Cagnina
La Cagnina è un vino giovane e profumatissimo, da bere fresco di vendemmia, con il suo irresistibile gusto dolce e insieme acidulo. Ma attenzione, non dovete ordinare un cartone di Cagnina online, il bello non è solo sorseggiare un calice rosso con le caldarroste. Il bello è proprio andare in Romagna, riconoscere quei posti che in estate avevano un altro volto, perdersi in spiagge vuote, senza ombrelloni e lettini, e camminare nelle vie di Rimini o di Cesenatico: quei bar, quei ristoranti che fino a qualche mese fa offrivano gelati, granite e spritz ghiacciati, ora espongono cartelli scritti a mano, alla buona. «Qui castagne e Cagnina» si legge, e vale la pena provarla lì, e poi, solo poi, comprarla e portarla a casa.

Sfogliare un vecchio quaderno di ricette
Di quelli dove la mamma o la nonna scrivevano i loro appunti di cucina: ne abbiamo quasi tutti uno in casa, coperto dalla polvere, riposto insieme a riviste di cucina degli anni Settanta e a vecchi ricettari un po’ malconci. Quei quaderni dove le dosi sono date a occhio e i tempi a sentimento. Niente grammi e millilitri, solo manciate e bicchieri. Sfogliamolo con calma, facciamoci prendere per mano dai ricordi, e cerchiamo uno di quei piatti un po’ demodé, di quelli che richiedono cotture infinite e che di sicuro nei mesi caldi non abbiamo neanche immaginato. Trippa, brasati, zuppe fumanti, ma anche specialità dimenticate. Come la rostita lombarda, che si prepara con fettine di lonza e cipolle: quante? Tante, almeno sei, da sbucciare, affettare e mettere ad appassire in una casseruola con una noce di burro; quando saranno quasi disfatte si unisce la lonza (diciamo tra gli ottocento grammi e un chilo), si fa colorire, si sfuma con il vino rosso, si bagna con il brodo e si lascia cuocere per un’ora e mezza. Così intanto abbiamo il tempo di preparare la polenta.

La cerca del tartufo
Camminare nei noccioleti e nei boschi del Monferrato, scoprire un antico mestiere, ascoltare racconti e aneddoti, imparare a rispettare la natura, a seguire le indicazioni di un amico cane, e poi assaggiare, degustare. Diventare tartufaio per un giorno significa trascorrere una giornata davvero diversa dal solito, scoprendo la cerca e la cavatura tradizionali, imparando l’analisi sensoriale di un prodotto nobilissimo, incontrando un territorio unico in un modo diverso e suggestivo. Non mancano gli assaggi, di cibi e di vini, e per le famiglie i laboratori capaci di coinvolgere anche i bambini.

@anastasiaflorea

Salire su un treno
Le rotaie che si snodano quasi all’infinito sono un simbolo di libertà. Dal finestrino di un treno si può guardare il paesaggio che cambia, senza lo stress della guida, lasciandosi cullare del movimento ritmico dei vagoni. Se poi scegliamo un treno storico, la magia è completa. Possiamo attraversare l’Alto Sangro lungo la Ferrovia dei parchi, approfittando delle soste in uno dei caratteristici borghi per provare qualche delizia tipica del luogo; oppure possiamo perderci tra gli uliveti con il Treno dell’olio e della Magna Grecia, ma le proposte sono tantissime.

Cambiando zona, anzi, varcando il confine, possiamo scegliere il Trenino Verde delle Alpi, per andare da Domodossola a Berna, tra panorami incantati, vallate aperte, tunnel bui, viadotti vertiginosi, fiancheggiando laghi e fiumi, incontrando città e castelli. E all’arrivo, un boccale di birra del posto sarà il coronamento di una gita indimenticabile.

Preparare un liquore antico
Quest’anno nelle valli del Piacentino le bacche del bargnolino, il prugnolo selvatico, con il gran caldo e la siccità sono appassite quasi tutte. Quasi, perché chi conosce bene le campagne di questo meraviglioso spicchio d’Italia sa dove scovare un cespuglio ricco di piccoli frutti bluastri: si raccolgono a novembre, con cautela, per evitare di pungersi con i rami spinosi. Se avete trovato le prugnole, siete già a metà strada per preparare il bargnolein: vi servono ancora zucchero, alcol, Gutturnio, vaniglia, una ricetta da seguire (ad esempio questa) e un paio di mesi di pazienza prima di assaggiare il profumatissimo nettare.

Bargnolino @Matteo Re

Le anime dei defunti
L’autunno è anche il mese dei morti. In quelle giornate limpide, tanto da essere scambiate per una «fredda estate», come scriveva Pascoli, generazioni di bambini hanno trovato un modo ingenuo e rassicurante di incontrare gli spiriti delle persone care che non ci sono più. Un modo che ovviamente passa per il cibo, con usanze diverse, ma sempre suggestive, in tutta Italia. Un rito gastronomico affascinante è quello pugliese, dove si prepara la colva, ricco dolce simbolico fatto di grano cotto che rappresenta i defunti, uva che è la loro anima, chicchi di melagrana che sono i loro occhi, vin cotto che è il loro sangue. Troppo complicato? Spostiamoci vicino a Milano. Qui un tempo si lasciavano le castagne lessate da mangiare per i morti che venivano in visita durante la notte: e tra lo stupore dei bambini, la mattina dopo delle castagne si trovavano solo i gusci.

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