Il solito Paese canagliaL’insopportabile retorica di chi indugia sul ritorno del fascismo ma chiude gli occhi su Hamas

È strano vedere certi osservatori democratici sbraitare contro un presidente del Senato che non partecipa a una commemorazione e poi non dire niente sul nazi-pacifismo che giustifica le aggressioni contro i giovani a un rave party

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Chissà se adesso è più chiaro. Chissà se adesso qualcuno, almeno qualcuno, capisce quanto sia stata e continui a essere contraffattoria, assolutoria, mortifera la retorica sulla Repubblica nata dalla Resistenza, sulla Costituzione antifascista, sulla democrazia delle leggi contro l’odio.

Chissà se qualcuno, almeno qualcuno, considera l’inaderenza e il carattere oltraggioso di quella retorica rileggendo come si deve le supercazzole, i giri di parole, i ragionamenti complessi attorno al posizionamento capolista del simpatizzante di Hamas.

Chissà se qualcuno, almeno qualcuno, mette al posto che merita la divagazione grillina sull’Europa governata dai mercanti di Venezia, la prefazione del magistrato antimafia al libro degli autori allegramente neonazisti, la vignetta in prosa del fascistello che indugia sul folto sopracciliare del deputato giudeo.

Chissà se qualcuno, almeno qualcuno, si accorge di come tutto quel ben di dio assomigli in modo impressionante a certi slogan che nei giorni scorsi erano strillati, non – si badi bene – a denuncia della risposta (sbagliata) che Israele ha dato ai massacri del 7 ottobre, ma a giustificazione e perfino a rivendicazione della giustezza di quei massacri e a santificazione della valentìa dei massacratori.

Se ne dubita. Ho già fatto questo riferimento, ma mi sembra l’illustrazione esemplare dello schifo cui assistiamo, mi sembra la verità più pura del dissesto morale italiano: si dubita che sia apprezzata ancora una volta come si deve, si dubita che sia percepita per quel che di profondo rappresenta ed evoca, l’immagine del corteo imbandierato di pace che calpesta le pietre d’inciampo e grida a denuncia del nazismo israeliano.

Si dubita che la faccenda sia ben inquadrata quando il civile osservatore democratico indugia bensì sul fascismo che ritorna perché il presidente del Senato non partecipa a questa o quella commemorazione, ma non sul risuono goebbelsiano dell’apoftegma nazi-pacifista che condanna la musica e le danze capitaliste sul confine della prigione a cielo aperto dove la gente soffre.

Si dubita che sia chiaro come, sotto un tegumento democraticamente rimpannucciato, le anse e i giri delle budella del Paese siano sempre gli stessi.