Nata nel 1971 a Parigi da genitori portoghesi in esilio, Joana Vasconcelos torna in patria dopo la Rivoluzione dei garofani. È a Lisbona che l’artista sviluppa un linguaggio proprio, caratterizzato da una inconsueta sperimentazione che affonda le radici sia nella cultura popolare che nel barocco portoghese.
Reinterpretando questa tradizione, Vasconcelos opera però spostamenti con i quali interviene anche su questioni sociali, in particolar modo quelle riferite all’identità di genere. Il successo internazionale arriva con la Biennale di Venezia del 2005. Vi partecipa chiamata dalle curatrici (per la prima volta due donne) e la sua presenza risulta quanto mai appropriata.
Le installazioni di Vasconcelos sono spesso frutto di una riflessione femminista sulla realtà, operata senza recriminazioni sui ruoli, ma comunque decisa: l’artista, classe 1971, utilizza infatti un’allegra ironia per magnificare l’efficacia del dirompente potere femminile.
Nel 2012 Vasconcelos risulta la più giovane artista (e la prima donna) a esporre nel Palazzo di Versailles. E ancora lei, nel 2018, è la prima portoghese a cui viene offerto lo spazio per una personale al Guggenheim di Bilbao. Oggi è considerata una star di prima fila nell’arte contemporanea internazionale, eppure il suo atteggiamento resta lontano da quello di molte viziatissime superstar dell’arte.
Lo scorso marzo, il brand Dior le ha affidato un allestimento milionario approntato nel Jardin des Tuileries a Parigi. L’operazione ha fruttato a Vasconcelos un’esposizione mediatica planetaria che dura ancora oggi: dalla boutique di via Montenapoleone, a Milano, “spuntano” letteralmente alcune delle sue coloratissime sculture di stoffa.
Tuttavia, l’estate precedente tuttavia Vasconcelos si era presentata a Siracusa con un altrettanto pregevole allestimento, posizionato però nella piccola sala centrale del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa. Lo aveva fatto con un’unica intrigante opera destinata all’ammirazione di una cerchia di connoisseur pilotati lì dal critico d’arte Demetrio Paparoni, con cui Vasconcelos intrattiene un particolare rapporto di stima.
È difatti ancora Paparoni, insieme al vulcanico direttore degli Uffizi Eike Schmidt, ad accompagnarla nella nuova avventura fiorentina battezzata Between Sky and Heart. Si tratta di tre grandi opere che l’artista portoghese ha posizionato nella tribuna degli Uffizi, nella sala Bianca e nella sala di Bona di palazzo Pitti.
La Sala Bianca di Palazzo Pitti accoglie Marilyn, un gigantesco paio di calzature femminili che richiama quelle indossate da Monroe nel film “Quando la moglie è in vacanza”. La scultura in metallo lucido assorbe e restituisce l’energia di questo grande salone dei suoi maestosi stucchi, degli specchi e dei lampadari. Le calzature, però, sono composte da pentole in acciaio accompagnate dai rispettivi coperchi. Dal contrasto tra la sensualità di questa icona femminile e il ruolo domestico a cui è tradizionalmente legata la donna, emerge l’ironia che da sempre permette all’artista portoghese di affrontare con leggerezza temi controversi.
Sempre a Palazzo Pitti, nella Sala di Bona è esposta Happy family, reinterpretazione del tema cristiano “Holy family” (la Sacra Famiglia). Le due figure sistemate al centro della sala sono realizzate in cemento, simbolo della rigidità maschile, ma avvolte in un malizioso manufatto all’uncinetto. Al posto di Maria e Giuseppe, Vasconcelos sceglie due soggetti pagani come Flora e un Bacco, che portano con sé un bambolotto-bambino. Al divino si sostituisce così l’effusione dionisiaca; il composto messaggio cristiano di salvezza si trasforma in un inno alla vita e alla gioia di esistere.
Royal Valkyrie, che si staglia invece sul soffitto della Tribuna degli Uffizi, è invece una monumentale scultura pensile che appartiene al suo grande “Ciclo delle Valchirie”. Di questo ciclo faceva parte l’installazione costruita per Dior a Parigi e anche quella per il Museo Archeologico di Siracusa. Anche questa volta, l’opera realizzata con stoffe, ricami, imbottiture, perline si fonde con l’ambiente che Vasconcelos ha trasformato in una componente della sua installazione.
Il mito dipinge le Valchirie come guerriere dotate di una forza sovrumana, capaci di sottomettere qualsiasi forma di vita. Adornandole di tessuti coloratissimi e ricamati, Vasconcelos dona sensualità e delicatezza in una lettura che le restituisce come paladine della libertà femminile.