Furia rossaLa Spagna cresce più velocemente di noi, come succede da decenni

Il paragone con il Paese più simile all’Italia, in base a quasi tutti gli indicatori, è meno frequente rispetto a quello con Francia e Germania. I dati relativi alla crescita economica sono eloquenti secondo le previsioni della Commisione europea e del Fondo monetario internazionale

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In luglio facevamo meglio di Francia e Germania secondo la narrazione del governo, che riprendeva le stime sul Pil del Fondo monetario internazionale (Fmi), destinate poi a peggiorare in ottobre, quando è stato evidente che almeno i transalpini ci avrebbero superato sia quest’anno che il prossimo. Curiosamente la stessa cosa diceva Silvio Berlusconi nel 2003, in occasione di un rallentamento della crescita, presagio di quella stagnazione che poi avrebbe accompagnato il declino del nostro Paese.

Il paragone con le due maggiori economie dell’Unione Europea ricorre spessissimo, a tutti i livelli, anche nel mercato del lavoro per esempio, e rivela in fondo anche un po’ il nostro senso di inferiorità verso questi vicini più ricchi e influenti.

Molto meno frequente, invece, è il paragone con quello che è, invece, il Paese a noi più simile, in base a quasi tutti gli indicatori, la Spagna. Ciò un po’ avviene perché preferiremmo essere associati alla crème de la crème dell’Europa, un po’ perché, più prosaicamente, dal confronto usciamo quasi sempre sconfitti.

Le ultime previsioni sull’andamento del Pil per il 2023 e il 2024 sono eloquenti: per la Commissione europea noi cresceremo rispettivamente dello 0,9 per cento e dello 0,8 per cento, la Spagna del 2,2 e dell’1,9 per cento. Ampie differenze anche per il Fmi: l’Italia dovrà accontentarsi in entrambi gli anni di un’espansione dell’economia dello 0,7 per cento, mentre Madrid ne vedrà una del 2,5 per cento nel 2023 e dell’1,7 per cento nel 2024.

È quasi sempre stato così. Che il termine di confronto sia il 1980, il 1990, il 2000 o il 2010 appare esserci una voragine tra la crescita complessiva italiana e spagnola. Per esempio, da inizio secolo al 2024 per il Fmi il Pil italiano sarà cresciuto in termini costanti (al netto dell’inflazione) del 6,57 per cento, quello spagnolo del 41,95 per cento.

Questo nonostante le recessioni legate alla crisi finanziaria del 2008-09 e al Covid del 2020 siano state più profonde per Madrid. Che però ha saputo riprendersi più in fretta, dimostrando maggiore dinamicità.

Crescita in termini reali (fonte: Fmi)

È stato così anche negli ultimi anni. Nonostante una caduta del Pil in doppia cifra tre anni fa, il rimbalzo spagnolo è stato più pronunciato e nel 2024 l’economia sarà del 4,13 per cento più ricca che nel 2019, mentre in Italia la crescita dei questi cinque anni sarà complessivamente del 2,35 per cento, a causa del deciso rallentamento cominciato nel 2023.

Crescita in termini reali (fonte: Fmi)

Il gap tra Madrid e Roma rimane ampio anche se consideriamo il Pil pro capite, ovvero se inseriamo l’elemento dell’aumento (o mancato aumento) della popolazione nell’equazione. Perché è vero che la bassa crescita italiana è stata dovuta anche alla stagnazione demografica, ma anche misurando l’andamento dei redditi per persona i divari tra noi e l’Europa e tra noi e la Spagna si riducono un po’, sì, ma non si annullano.

È evidente come l’economia iberica, a differenza della nostra, abbia avuto performance simili a quelle delle più importanti economie europee. Tra il 2010 e il 2014 il Pil pro capite spagnolo sarà cresciuto dell’11,27 per cento, poco meno di quello tedesco, +13,03 per cento, e più di quello francese e inglese, +10,80 e +10,26 per cento. Il Pil pro capite italiano nello stesso lasso di tempo sarà aumentato solo del 5,09 per cento.

Crescita in termini reali (fonte: Fmi)

Del resto le stesse dinamiche demografiche a loro volta sono anche il prodotto, oltre che la causa, di quelle economiche. In Spagna la popolazione è salita negli ultimi anni, a differenza che in Italia. Si prevede che per l’anno prossimo sarà del 3,08 per cento più alta che nel 2010, mentre nella Penisola sarà più bassa dell’1,7 per cento. Con essa è aumentato, in modo più che proporzionale, il numero degli occupati, che in Spagna nel 2024 sarà dell’11,79 per cento maggiore che tredici anni fa, mentre da noi la salita, che pur c’è stata, sarà meno della metà.

Crescita in termini reali (fonte: Fmi)

Eppure non è stata solo e tanto la componente lavoro a determinare la maggiore crescita spagnola, soprattutto negli ultimi anni. È accaduto tra 1996 e 2006, durante quello che per loro è stato un mini-boom economico, ma successivamente a fare la differenza è stata la componente del capitale, sia Ict che non Ict. Negli ultimi 20 anni anche nei momenti di crisi, anche quando diminuivano i lavoratori, l’accumulazione di capitale, sotto forma di macchinari, di software, di hardware, è sempre stata positiva, anche solo di pochi decimali, e superiore a quella italiana, dove spesso, al contrario, si è visto il segno meno.

(fonte: Ocse)

Come di solito accade in questi casi la maggiore accumulazione di capitale si è accompagnata ed è stata causata da una più grande produttività. Qui sta la radice del divario tra crescita spagnola e italiana. La prima è anche il prodotto di un incremento del Pil per ora lavorata che è stato del 16,82 per cento tra 2000 e 2002, mentre in Italia è salito del 3,49 per cento nello stesso periodo.

Ugualmente ampio è il gap tra la crescita del prodotto interno lordo per dipendente nei due Paesi. Mentre in Spagna in questi ventidue anni è aumentato del 9,54 per cento, in Italia è addirittura diminuito. Insomma, se durante la crisi del 2008-09 e del 2011-13 abbiamo preservato meglio l’occupazione, ciò è avvenuto anche perché ogni lavoratore ha prodotto meno, bisogna dirlo.

(fonte: Ocse)

L’occupazione spagnola ha vissuto maggiori oscillazioni, anche per la volontà di preservare la produttività da parte delle imprese, ma proprio grazie a questa è stata possibile una ripresa dalle crisi più rapida e incisiva di quella italiana.

Un ruolo fondamentale l’ha avuto la qualità del capitale umano. Da sempre in Spagna la proporzione di laureati tra chi è in età da lavoro è maggiore che in Italia e in Europa, arriva al 36,8 per cento, più del doppio che nel nostro Paese. E il gap si è allargato nel tempo. Cosa ancora più rilevante, dal 2016 si è ingrandita anche la distanza tra la percentuale dei laureati iberici e italiani tra i venticinque e i trentaquattro anni, all’inizio della carriera. In Spagna sono ormai più del cinquanta per cento, in Italia meno del trenta.

(fonte: Eurostat)

È anche per questo che nel tempo la Spagna è riuscita ad aumentare più di noi sia gli investimenti che l’export, cioè le componenti della crescita del Pil diverse dalla domanda pubblica e privata interna.

Media mobile di cinque anni (fonte: Fmi)

E a proposito di domanda e di spesa pubblica ha avuto evidentemente un ruolo il fatto che Madrid sia riuscita ad averne una costantemente inferiore a quella italiana, si prevede ammonterà al 45,85 per cento del Pil l’anno prossimo, circa cinque punti minore che in Italia. La maggiore crescita media ha consentito di tenere più basso anche il debito, che dopo le fiammate causate dalle crisi è sceso e sta scendendo più velocemente.

Buon aumento del prodotto interno lordo e minore spesa per interessi hanno consentito alla Spagna di avere deficit e disavanzi primari molto più profondi dei nostri. Eppure Standard & Poor’s gli affibbia una A, un rating migliore del nostro BBB, segno che, a differenza di quel che molti pensano, il mercato non punisce tanto le eccessive uscite, ma le ridotte prospettive di crescita.

(fonte: Fmi)

Le stesse ragioni hanno probabilmente consentito anche di avere una spesa per pensioni relativamente più bassa che in Italia, 26,1 per cento del totale contro 30,6, e una per educazione, invece, più alta, 9,1 per cento contro 7,4. Più elevata è anche quella per malattia e invalidità, famiglia, disoccupazione.

(fonte: Eurostat)

Naturalmente diventa difficile distinguere quali tra la crescita economica, il dato sul debito e sul deficit, la percentuale di laureati o ancora la spesa sociale sono la causa e quali l’effetto. Quello che è certo è che per lo sviluppo di un circolo virtuoso sono indispensabili delle scelte da confermare con coerenza nel tempo e la capacità di non cadere in tentazioni pericolose.

La Spagna non gode solamente di condizioni strutturali più favorevoli di origine antica, come la maggior proporzione di grandi imprese rispetto all’Italia, una popolazione già venti anni fa più istruita, un debito ereditato minore. Ha anche scelto di non usare i numerosi – e ben più sostanziosi che in Italia – tesoretti che si è trovata in cassa nei momenti più fortunati per una spesa facile e conveniente per l’oggi, per esempio in pensioni, e ha deciso di investirli in futura crescita domani. I risultati, pur tra scivoloni e battute di arresto, lo stanno dimostrando. Se l’Italia non riuscirà ad apprendere quanto è di più utile dall’esperienza di Madrid i prossimi confronti potremmo essere costretti a farli forse con la Grecia?

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