Un Parlamento di ragazzini I partiti si dividono anche sulla condanna delle atrocità di Hamas

Le Camere non sono riuscite a produrre una condanna bipartisan neanche contro i tagliagole islamisti. Colpe a destra come a sinistra, ma anche di un governo che pensa solo a seminare scompiglio nell’opposizione

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Il mondo non verrà salvato dai ragazzini del Parlamento italiano, che ieri non è riuscito a produrre una mozione unitaria contro il terrorismo di Hamas che decapita i bambini e dilania i ragazzi a un rave party ma ha approvato ben quattro mozioni simili ma diverse. Immaginiamoci se il 16 marzo del 1978, a Montecitorio, a pochi chilometri in linea d’aria dal più orrendo eccidio politico della storia italiana, i partiti si fossero messi a litigare sulle virgole e a votare mozioni diverse per parti separate. Solo che oggi non ci sono gli Ugo La Malfa e i Benigno Zaccagnini, ma gente che più che all’immagine del proprio Paese si preoccupa di quanti carriarmatini ha conquistato, come a Risiko.

Eppure a parole quello di arrivare a un testo comune era parso l’auspicio di tutti. Non è appassionante qui ricostruire chi si è messo di traverso, però molti indizi portano a Giovanbattista Fazzolari, il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che pare non volesse votare una mozione insieme alle opposizioni, le quali da parte loro, già che c’erano, hanno pensato bene di produrre tre mozioni diverse (Pd-M5s-Sinistra/Verdi; Italia viva-Azione; Più Europa), tutti uniti sulla condanna di Hamas ma divisi sulla opportunità di infilare il giudizio critico su governo di Bibi Netanyahu, come se questo, in queste ore nelle quali si accatastano i cadaveri, fosse la questione dirimente.

Il Partito democratico, con due forti discorsi di Peppe Provenzano e di Elly Schlein, ha mostrato di reggere sulla inequivoca condanna del terrorismo dei tagliagole e sull’appoggio a Israele, seppure condendo il tutto con l’auspicio di una «pace» che purtroppo al momento suona come una parola retorica. E si sa che giungere a questa linea non è stato esattamente una passeggiata stante la presenza nel gruppo dirigente schleiniano e nei gruppi parlamentari di una forte ostilità nei confronti di Israele in quanto tale.

Qui bisognava fare una cosa semplice e opportuna (come fece Mario Draghi sull’Ucraina): una mozione di cinque righe di durissima condanna degli assassini e di sostegno a Tel Aviv. Punto. Nei momenti drammatici si fa così, non ci si perde in quelle chiacchiere che alla fine non possono non dividere.

Strano che gente esperta come i dirigenti del Partito democratico non si siano mossi in questo modo, e anche più strana è la mancanza di una iniziativa esterna del Partito democratico tanto più evidente se paragonata all’attivismo della premier che ieri si è recata a far visita alla Sinagoga di Roma: un bel gesto. C’è dunque un’ala che nell’opposizione frena, un certo maldipancia nel prendere le parti di uno storico “nemico” come lo Stato ebraico – che certo non va confuso con le prime dimostrazioni sostanzialmente antisemite di studenti romani e milanesi, poca roba finora ma il fenomeno si può pericolosamente allargare, e che tuttavia rappresentano un problema per la sinistra democratica.

È un freno speculare all’oltranzismo dei vari Fazzolari e di altri settori della maggioranza, ma a questo riguardo sinceramente non si è capito perché il governo abbia lavorato per dividere e non per unire (malgrado l’intento di Antonio Tajani), cioè come mai Giorgia Meloni non abbia capito che mostrare al mondo di avere dietro di sé tutto il Parlamento sarebbe stata una medaglia non da poco. Evidentemente ha preferito seminare un po’ di scompiglio nell’opposizione a scapito dell’unanimità delle Camere: ma se è così vuol dire che anche lei è una ragazzina.

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