«Durante i filmati necessari per i rilievi, abbiamo notato che una sola persona ha attraversato la piazza a raso nell’arco di una giornata, non so per quale follia». A parlare è l’architetto urbanista Federico Parolotto, e lo spazio a cui fa riferimento è in realtà una sorta di nonluogo all’interno di una Milano che, tra successi e fallimenti, sta cercando di aprirsi agli utenti più deboli della strada. Il protagonista è piazzale Loreto, uno snodo di traffico in cui confluiscono otto vie: ciò che accade in quei 17.500 metri quadri ha un impatto enorme su tutto il quadrante nord-est della città.
Chi vive a Milano non se ne rende conto, ma quella tra via Padova e corso Buenos Aires è la piazza più importante del capoluogo. E non solo per il suo legame con la resistenza al nazifascismo. Basti pensare che attorno a questo slargo, nell’arco di venti minuti a piedi, vivono centodiecimila persone, ci sono diversi istituti scolastici e si dirama la zona commerciale più frequentata della città. Il grande paradosso è che piazzale Loreto, la cui viabilità è stata progettata per accogliere il boom della motorizzazione di massa, è impossibile da frequentare a piedi. Ed è anche oggettivamente sgradevole, un immenso potenziale inespresso. Nella parte centrale della piazza ci sono solo carreggiate, cespugli secchi e aiuole mal curate, mentre il perimetro è “circumnavigabile” grazie ai sottopassaggi della metropolitana.
Piazzale Loreto è un regno esclusivo delle automobili, fatta eccezione per pochi metri di corsie ciclabili non protette e i marciapiedi all’estremità, ma la musica dovrebbe cambiare grazie a un imponente progetto di «rigenerazione urbana». Federico Parolotto, citato all’inizio, ha lavorato sulla mobilità e i flussi di un’iniziativa unica del suo genere a livello nazionale, perché è la prima volta che un soggetto privato collabora con un’amministrazione comunale per la riqualificazione di una piazza.
L’azienda in questione si chiama Nhood, è specializzata in servizi immobiliari e gestirà i luoghi di convivenza (dunque tutto ciò che sorgerà in mezzo alla piazza) grazie alla vittoria di un bando – C40 Reinventing Cities – finalizzato al recupero di aree inutilizzate o sottoutilizzate. Loreto fa parte del secondo caso, considerando che solo il quarantuno per cento dello spazio attuale è a destinazione “non carrabile”.
Le ciclabili come bussola
Nel nuovo piazzale Loreto, i cui cantieri dovrebbero partire nel gennaio 2024, la superficie dedicata alle auto scenderà dal quarantuno al trentuno per cento, mentre le zone a uso esclusivo di bici, monopattini e pedoni cresceranno del sessantanove per cento (12.118 metri quadri di spazio “non carrabile”). Il risultato sarà un luogo fruibile dai cittadini in carne e ossa, e non solo dai mezzi a motore: al centro, dove oggi l’essere umano non è contemplato, vedremo una foresta urbana a uso pubblico, spazi per eventi e mostre, negozi e ristoranti (di fatto sorgerà un piccolo centro commerciale su tre livelli, compreso il mezzanino della metropolitana) e altre location in via di definizione. Senza dimenticare le ciclabili (+1,2 chilometri), le quaranta rastrelliere, i posti di ricarica elettrica e i pannelli solari (milleduecento metri quadri di superficie).
«Tutti i materiali utilizzati sono sottoposti a una valutazione del ciclo di vita. Abbiamo poi massimizzato l’utilizzo del legno, dalle facciate alle coperture. Inoltre, installeremo delle vasche di laminazione con sistemi di filtrazione per il recupero delle acque, fondamentali per il riutilizzo nei periodi di carenza d’acqua. Come architetti abbiamo voluto creare una specie di panopticon, eliminando angoli morti e luoghi insicuri per favorire – anche tramite l’illuminazione – la sicurezza», dice a Linkiesta l’architetto Andrea Boschetti, coordinatore del team di progettazione della piazza.
Ma lo scopo del progetto, al di là dei servizi offerti alla cittadinanza, è più ambizioso. Di fatto, consiste in una delicata ricalibrazione dello spazio pubblico che non penalizzi gli automobilisti: la riduzione dei veicoli in entrata sarà solo del cinque per cento rispetto a oggi. Il piano punta a rendere il traffico veicolare più fluido e ad accorciare i tempi di percorrenza degli autobus, senza rinunciare alle nuove aree per la mobilità sostenibile: «Abbiamo svolto un’operazione di compressione e ricalibrazione delle strade. Ad esempio, garantiremo gli attraversamenti a raso per bici e pedoni e aggiungeremo nuovi spazi. Con i nostri modelli di simulazione abbiamo riconfigurato tutti i flussi, che comunque abbiamo mantenuto», racconta a Linkiesta Parolotto.
«Ci siamo posti l’obiettivo di non peggiorare la situazione esistente dal punto di vista veicolare, ma di migliorarla radicalmente dal punto di vista della ciclabilità e della pedonalità. Le strade verranno ridirezionate e la città avrà diecimila metri quadri di spazio accessibile in più», aggiunge l’architetto di Mic-hub. Piazzale Loreto, nella migliore delle ipotesi, potrebbe imporsi come un raro esempio di disegno urbano che parte dalle ciclabili per progettare lo spazio pubblico. La vera sfida, però, sarà integrare queste nuove infrastrutture con gli assi attorno a Loreto, soprattutto corso Buenos Aires e viale Monza, per garantire la massima continuità negli spostamenti.
All’apparenza, insomma, sembra tutto molto intrigante e in linea con la direzione già intrapresa dalle capitali europee. Ma un progetto così mastodontico e ambizioso, destinato a cambiare il volto della città, merita di essere approfondito in tutti i suoi aspetti e le sue criticità, due su tutte: il modello pubblico-privato e i cantieri.
Privatizzazione: croce e delizia
Nhood, come anticipato, amministrerà i luoghi di convivenza al centro della piazza. L’investimento del privato è pari a ottanta milioni di euro. Il Comune si occuperà invece dei cantieri, della viabilità e del traffico. Questa partnership tra privato e pubblico delinea un modello di gestione urbana di stampo neoliberista, diffuso da tempo nei Paesi anglosassoni. A Milano è stato finora applicato per la Biblioteca degli alberi (Bam) di Porta Nuova e il parco di CityLife, mentre Loreto sarà la prima piazza. Il futuro del capoluogo lombardo, considerando il pessimo stato delle casse comunali, pare sempre più orientato in questa direzione. Basti pensare alla riqualificazione dell’ex Trotto, coordinata dal Comune e dalla società immobiliare Hines.
Il modello pubblico-privato genera sia benessere, sia disuguaglianze. La bilancia pende a destra o sinistra a seconda del progetto e degli interventi comunali, anche in termini di gestione del conflitto e degli spazi partecipativi. Da una parte, questo sistema permette di attuare progetti all’avanguardia, capaci di creare valore economico, sociale e ambientale; dall’altra può invece innescare effetti di gentrificazione dannosi per le classi meno abbienti.
Loreto open community (Loc), il nome del programma, è stato criticato per la presenza di negozi che andrebbero a “privatizzare” uno spazio di tutti e di rilevanza storica. Senza la partnership tra Nhood e il Comune, però, la piazza sarebbe rimasta un nonluogo angusto ancora per molto tempo. Le sfumature sono troppe per criticare o elogiare a priori una novità simile.
Il progetto è realizzabile in tempi relativamente brevi e verrà implementato attraverso meccanismi che sono apparsi chiari fin da subito: «I critici del modello neoliberista all’interno delle città devono anche pensare a politiche urbane di sostegno e compensazione rispetto a questo tipo di interventi. Non basta la critica, bisogna ragionare meglio sui dispositivi – politiche di sostegno e supporto della cittadinanza – per limitare effetti di gentrificazione ed espulsione di alcuni soggetti», dice a Linkiesta Ruben Baiocco, docente di Pianificazione urbanistica all’Università degli Studi di Milano.
Secondo il professore, la riqualificazione di piazzale Loreto rimane «un’opportunità di sviluppo nel quadro del ciclo di trasformazione urbana di stampo neoliberista». Un modello di cui, sottolinea Baiocco, «non dobbiamo sorprenderci. Forse questa modalità non avrà più senso in futuro, ma ora siamo lì. Possiamo essere contrari, ma dobbiamo renderci conto delle opportunità fornite da progetti del genere. Non ci sarebbe stata una trasformazione di piazzale Loreto così “breve” senza la partnership tra pubblico e privato».
Il percorso verso la nuova piazza, inoltre, non prevede la partecipazione diretta dei cittadini nelle fasi decisionali, ma “solo” una capillare campagna di informazione e comunicazione. In via Porpora, per esempio, a gennaio è stato inaugurato un hub (Loc 2026) in cui i cittadini possono raccogliere informazioni, fare proposte e avanzare eventuali perplessità. Nei mesi scorsi, inoltre, sono stati organizzati una serie di incontri per parlare apertamente della nuova piazza. Secondo Baiocco, è importante che durante i cantieri – fonte di disagio per la cittadinanza – il Comune «apra degli spazi realmente orientati alla gestione del conflitto». Quest’ultimo è proficuo perché può rivelarsi un processo di aggiustamento democratico e partecipato.
Difficilmente, però, la proposta di Baiocco si concretizzerà. Secondo Giancarlo Tancredi, assessore comunale alla Rigenerazione urbana, «il Comune e Nhood promuoveranno altri momenti pubblici di presentazione e aggiornamento dei cantieri, ma non è previsto un vero e proprio percorso di partecipazione. C’è stato un bando pubblicato dal Comune, che è stato aggiudicato da un operatore attraverso una procedura pubblica con delle regole precise. La partecipazione è sempre positiva, ma non possiamo pensare di impostarla per ogni progetto, soprattutto con le scadenze legate al Pnrr e alle Olimpiadi invernali».
Opportunità nel disagio dei cantieri
Il piano prevedeva l’avvio dei lavori nel periodo autunnale, ma probabilmente dovremo attendere il mese di gennaio: «Sarebbe la soluzione più sensata rispetto a ciò che accade in città da Sant’Ambrogio a Natale. Intanto continuiamo a lavorare sulla comunicazione, a partire dal tessuto commerciale e dai municipi interessati (2 e 3, ndr)», spiega a Linkiesta l’assessore Tancredi.
Le incertezze maggiori riguardano però il taglio del nastro. Il progetto si chiama “Loc 2026”, un nome che lascia presagire l’inaugurazione della piazza nell’anno dei Giochi invernali di Milano-Cortina (6-22 febbraio). Non a caso, anche la roadmap parla di 2026 come data di chiusura dei cantieri. Contattato da Linkiesta, Carlo Masseroli, development & strategy director di Nhood, ha specificato che «il progetto non impatta direttamente sulle Olimpiadi, ma l’obiettivo rimane aprire la piazza nel corso del 2026». L’assessore Tancredi ha aggiunto che il Comune «sta valutando la possibilità di inaugurare alcune parti del nuovo piazzale entro le Olimpiadi», ma «sarà molto difficile finire tutto entro dicembre 2025».
I tentennamenti sono legati alla delicatezza dei cantieri, che andranno a impattare notevolmente sulla viabilità dello snodo più importante di Milano: «Più sei veloce nei lavori, più crei conseguenze sul traffico. Ma se procedi per fasi – così da creare meno disagi – impieghi più tempo. È una sorta di trade-off», ci spiega Masseroli. Come per la M4, la nuova metropolitana che collega l’aeroporto di Linate al centro cittadino, il Comune spera che i residenti riescano ad anteporre i benefici futuri ai malesseri momentanei. Per ridurli al minimo, l’obiettivo è segmentare i cantieri in tante piccole fasi, una delle quali dovrebbe prevedere la pedonalizzazione del tratto tra piazza Argentina e Loreto.
«Durante i lavori permetteremo alle biciclette di passare attraverso il cantiere. Il progetto si è poi impegnato a supportare MM (la società d’ingegneria che gestisce le metropolitane milanesi, ndr) con la creazione di apposite uscite dalle metropolitane», dice Andrea Boschetti. Si tratterà di cantieri “bike & pedestrian friendly”, capaci di sperimentare nuove forme di viabilità veicolare e ciclistica che siano coerenti rispetto al progetto e al bando C40.
Secondo Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano e presidente della sottocommissione alla Mobilità attiva e Accessibilità, «nei disagi dei lavori sarebbe auspicabile stimolare anche un cambio di abitudini. Passare da Loreto in auto potrebbe diventare oneroso in termini di tempo, ma è in quel momento che dovrà essere incentivato l’uso dei mezzi pubblici, della bicicletta o dell’intermodalità».
Ad ogni modo, anche se i rendering appaiono articolati, l’intervento di piazzale Loreto non è troppo complicato: «C’è una pavimentazione, si scava e si realizzano le fondazioni degli edifici nuovi, che però non sono né enormi né altissimi. Vedo più difficoltà nella parte del sottosuolo, dato che c’è una convergenza delle linee metropolitane e dei sottoservizi, alcuni dei quali molto datati», racconta Ruben Baiocco della Statale di Milano. Questi intoppi potrebbero tradursi in tempi più lunghi e costi più elevati.
Gli scogli maggiori, però, rimangono le pressioni da parte di cittadini, lobby automobilistiche e forze politiche. Se l’amministrazione cedesse il passo a eventuali proteste, sarebbe una colossale occasione persa. Indipendentemente dalle opinioni sul modello pubblico-privato, quella di Loreto è una delle partite più rilevanti nella storia recente di una città che, secondo Baiocco, «non può permettersi di non sperimentare fino in fondo le formule contemporanee di regolarizzazione del traffico e di aumento degli spazi pedonali e ciclabili».
Come in ogni aspetto, la comunicazione rivestirà un ruolo chiave, ma le attività realizzate nei quartieri e nella piazza non sono sufficienti: lo snodo è frequentato solo in minima parte dai residenti. Per contenere le polemiche bisogna mostrare ai cittadini che il progetto, alla fine, non prevede una drastica riduzione delle auto nella piazza. Ma è proprio questo il potenziale punto debole dell’intervento: rischiare di accontentare tutti e ottenere l’effetto opposto.