Nella Milano del 2023 fa più rumore un incrocio “colorato” rispetto all’undicesimo pedone morto investito dall’inizio dell’anno. È bizzarro, perché – dati alla mano – dipingere l’asfalto fa parte del pacchetto di soluzioni per risolvere il problema della violenza stradale. La polemica sulle novità emerse tra corso Monforte, via Visconti di Modrone e via San Damiano, in pieno centro, è quindi sterile e provinciale.
Sterile perché è sorta soprattutto a causa di organi di stampa che, al posto di spiegare una misura potenzialmente destabilizzante, hanno preferito fomentare la cittadinanza e pubblicare articoli incentrati sui commenti delle persone su Facebook o Instagram. Descrivere la segnaletica orizzontale di un’intersezione usando termini come «tetris», «labirinto», «incrocio pazzo» o «rompicapo» è un approccio perfetto per aggravare i mal di pancia – comprensibili o meno – di una Milano che deve ancora digerire una serie di cambiamenti inevitabili. In mezzo al polverone, ovviamente, non poteva mancare il commento del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che su Instagram ha scritto di essere «senza parole».
Provinciale perché fuori dai nostri confini è normale vedere interventi simili, spesso elogiati dal turista italiano in vacanza. Ma quando il suo orticello diventa meno “autocentrico” e si adatta alle nuove esigenze della mobilità urbana, togliendo centimetri al suo 4×4, apriti cielo. Fatele a casa vostra, quelle linee sull’asfalto.
Troppo rosso e poco grigio rispetto alle abitudini. Il nuovo incrocio meneghino fa discutere solo perché è disegnato a misura di pedone e ciclista, mettendo l’automobilista in secondo piano (anche per via delle precedenze semaforiche). È un’indignazione simile a quella registrata durante la realizzazione delle bike lane in corso Venezia, corso Buenos Aires e viale Monza, al contempo criticatissime e utilizzatissime. La strada più semplice è convincersi, senza basi concrete, che una ciclabile sia fatta male. Quella più tortuosa (ma necessaria) è ammettere che, prima o poi, sarà necessario abituarsi.
L’incrocio tra via Visconti di Modrone e corso Monforte, dove è da poco stata inaugurata una nuova ciclabile lunga poco meno di un chilometro, è stato progettato per incrementare la sicurezza degli utenti più deboli della strada, fornendo loro (ma anche agli automobilisti e ai motociclisti) tutte le indicazioni necessarie per procedere. Le foto pubblicate sui social network, spesso scattate dagli angoli e non in “prima persona”, non rendono giustizia all’utilità della misura. Ma è sufficiente recarsi sul posto per comprenderne la semplicità e la non eccezionalità. Per sopravvivere in questo «labirinto» bisogna rispettare il codice della strada e osservare la segnaletica: atti quasi rivoluzionari.
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I critici che accusano il Comune di aver colorato e tratteggiato «più del necessario» sono spesso gli stessi che contestano l’amministrazione per la mancanza di segnaletica in altre zone del capoluogo. In Italia, quando si parla di mobilità urbana è sempre tutto sbagliato. Il risultato? Per evitare polemiche e perdere consenso, le amministrazioni agiscono senza coraggio.
Cosa dovrebbero dire, allora, gli abitanti di Bauné, piccolo villaggio francese nel dipartimento di Maine e Loira, dove l’incrocio tra le strade D74 e D82 è stato riempito di linee ondulate e intrecciate apparentemente prive di senso? In attesa dell’entrata in vigore del nuovo codice della strada, che inasprirà le sanzioni per eccesso di velocità, le amministrazioni hanno puntato su questa soluzione creativa per indurre gli automobilisti a rallentare. Dopo lo sgomento iniziale, il «disturbo visivo» – per usare le parole di Grégoire Jauneault, vicesindaco di Loire-Authion – è risultata efficace: la velocità delle auto, che in quella zona toccavano anche gli ottanta chilometri orari, si è ridotta «drasticamente», in linea con il limite già presente dei trenta all’ora.
Colorare e tratteggiare le intersezioni è un’attività facoltativa ma diffusa ormai da anni. Il Comune di Milano non ha inventato nulla e ha agito prendendo spunto da esempi collaudati. Secondo uno studio di Sam Schwartz, nota azienda newyorkese che fa ricerca sul traffico, dipingere completamente o parzialmente un incrocio porta benefici impossibili da ignorare: cinquanta per cento in meno di incidenti che coinvolgono pedoni o ciclisti; trentasette per cento in meno di incidenti gravi con feriti; aumento del ventisette per cento dei conducenti che danno la precedenza ai pedoni sulle strisce.
«L’ingegneria del traffico è una scienza sociale. Stai cambiando le aspettative dei conducenti, umanizzando l’ambiente stradale in favore della sicurezza. Tutti gli elementi che limitano fisicamente la carreggiata permettono agli automobilisti di capire subito che stanno entrando in un’area in cui è facile incontrare pedoni», racconta Michael Flynn di Sam Schwartz.
Quello di corso Monforte, va specificato, non è un esempio di urbanistica tattica (come le Piazze Aperte, che sono tutta un’altra cosa). Il Comune ha “semplicemente” colorato le corsie ciclabili dentro l’intersezione, aggiungendo – oltre a qualche freccia in più – un corridoio tratteggiato per permettere ai ciclisti che arrivano da corso Monforte di girare a sinistra e immettersi in via San Damiano.
Parliamo di segnaletica orizzontale bike friendly che, a Milano, potrebbe diventare uno standard per le intersezioni, esattamente come sta accadendo in Germania: si dipinge partendo dagli incroci, ossia i punti più pericolosi e in cui il colore può sprigionare tutti i suoi vantaggi.
In generale, tingere le ciclabili (non solo in corrispondenza delle intersezioni) è una buona idea anche per combattere la sosta selvaggia e incoraggiare il rispetto delle regole. Un report del 2021, focalizzato su quattordici infrastrutture berlinesi, ha mostrato che il rivestimento (in quel caso verde) ha disincentivato le auto a parcheggiarci sopra: le bike lane sono state occupate dai mezzi a motore per il quaranta per cento del tempo in meno. Non è tutto: la percentuale di ciclisti sui marciapiedi si è quasi dimezzata, e la distanza tra bici in transito e auto in sosta si è mediamente allargata.
Tornando alla segnaletica orizzontale pro-bici agli incroci, la Nacto – un’associazione che rappresenta cento grandi città e aziende di trasporto pubblico del Nord America – ha pubblicato diversi esempi in grado di confermare che quello di Milano è tutt’altro che un azzardo, bensì un adeguamento alla direzione in cui deve procedere un centro urbano. Secondo l’agenzia, i benefici di questi interventi sono molteplici: aumentano la sicurezza dei ciclisti, dei motociclisti, degli automobilisti e dei pedoni; segnalano in maniera più efficiente la precedenza dei ciclisti; rendono i movimenti dei ciclisti più prevedibili; riducono gli incidenti tra ciclisti e mezzi a motore in fase di svolta; aumentano la visibilità di chi pedala.