Tornano i mostri puntualmente, inesorabilmente. Più la situazione è drammatica e più spuntano da ogni parte, e la tv invece di aiutare a comprendere i fatti eccita i picchiatelli di ogni risma come era successo prima con la pandemia e poi con l’Ucraina. Adesso tocca alla tragedia di Israele scatenare l’ego di personaggi, altrimenti fuori dal giro, che devono farsi notare, gente assurda che disinforma, che non sa niente. Ed ecco che i talk show preparano le sedie per i filo-Hamas comunque camuffati e per i pensosi intellò del terzo tipo a caccia di bisunte contestualizzazioni e distillati di storia desunta dal Bignami nei ritagli di tempo.
La star di questa nuova generazione di mostri è senza dubbio l’ex ambasciatrice Elena Basile, la “nuova Orsini”, che si era già affacciata sul mondo con posizioni, diciamo così, discutibili sull’Ucraina – tanto è vero che era stata subito ingaggiata dal Fatto, dove si reclutano “firme” purché di sicura fede antioccidentale, e la sua firma era “Ipazia”, nom de plume che si richiama a una leggendario personaggio che da sempre e ancora oggi affascina chi, come lei, è alla ricerca della verità e vive nella libertà, come scrisse Silvia Ronchey nella biografia dedicata alla scienziata di quindici secoli fa.
Invece, altro che verità, Basile racconta le cose a senso unico finendo per mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito, come le ha rimproverato Beppe Severgnini, ospite insieme a lei di una puntata surreale di Otto e mezzo (c’erano anche Marco Travaglio e Lucio Caracciolo, e abbiamo detto tutto).
E in effetti affermare che «indifendibile è l’arroganza con la quale l’Occidente crede di appartenere a una civiltà privilegiata, a un giardino assediato dalla giungla» e che «questa opposizione democrazie-autocrazie è una opposizione falsa, perché nelle relazioni internazionali bisogna comporre interessi diversi, entrambi legittimi» è semplicemente una vergogna: la giungla esiste, si chiama Hamas.
Ma se Basile è una new entry nel mostrificio televisivo che purtroppo ci sorbiremo per i prossimi mesi, da Giovanni Floris sono andati in scena l’usato sicuro Alessandro Di Battista, che tra le decine di mortaretti ne ha anche sparato uno a favore di Sergey Lavrov e Vladimir Putin sullo Stato palestinese, una Donatella Di Cesare un po’ confusa e poi anche una sindacalista della minoranza Cgil, una specie di Lotta Continua mezzo secolo dopo, tal Eliana Como, per la quale il principale problema è «togliere l’assedio a Gaza» senza dire una parola sul massacro dei tagliagole, che è poi la “linea” degli studenti che in questi giorni comiziano con il telefonino in mano per leggere il testo del loro bel discorsetto.
Non abbiamo visto il sequel di Cartabianca su Retequattro, regno di Alessandro Orsini, il re dei mostri per la verità un po’ sbiadito, perché impegnati ad assistere al catastrofico debutto di Nunzia De Girolamo su Rai3 con l’intervista al marito Francesco Boccia, una trovata da animatori di un villaggio turistico, emblema di una Rai (quella meloniana) i cui programmi serali fanno spavento – e meno male che il giornalismo Rai si salva con Monica Maggioni la domenica pomeriggio, il resto fa spavento – evidentemente a Saxa Rubra stanno andando persino oltre i mostri, siamo alle tenebre, alla notte della revisione. È proprio mentre servirebbe più che mai un’informazione intelligente e autorevole, in uno dei momenti più drammatici della nostra storia.