Labour WeeklyGli infiniti interventi della politica sui contratti a tempo determinato

La disciplina dei rapporti di lavoro con una scadenza viene cambiata con una frequenza quasi imbarazzante da parte del legislatore. Sembra che ogni governo senta dentro di sé l’obbligo morale di dover affermare «abbiamo fatto la riforma»

Cecilia Fabiano/ LaPresse

La durata dei rapporti di lavoro si distingue in due macro-categorie. Esistono i rapporti di lavoro a tempo indeterminato ed esistono i cosiddetti lavori precari instaurati principalmente attraverso dei contratti a termine. La disciplina dei contratti di lavoro con una scadenza viene cambiata con una frequenza quasi imbarazzante da parte del legislatore italiano. Sembra che ogni Governo senta dentro di sé l’obbligo morale di dover intervenire in questa materia e poter dunque affermare «abbiamo fatto la riforma del lavoro».

Attualmente è possibile stipulare contratti a tempo determinato con una durata massima di dodici mesi senza dover necessariamente specificare il motivo per il quale si procede con l’instaurazione del rapporto di lavoro con il nuovo dipendente. Nel diverso caso in cui il rapporto di lavoro abbia una durata compresa tra dodici e ventiquattro mesi, è necessario indicare nel contratto la causa per la quale si è deciso di sottoscrivere un contratto a tempo determinato.

Secondo quanto previsto dalla legge, le predette causali possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dai sindacati più rappresentativi e successivamente riportate nel contratto individuale di lavoro. Inoltre, i contratti a termine possono attualmente essere stipulati al ricorrere di esigenze tecniche, organizzative o produttive dell’azienda. Ad esempio, possiamo pensare al lancio di un nuovo prodotto o alla necessità di installare in azienda dei nuovi macchinari che richiedono delle competenze specifiche. Infine, è possibile instaurare un rapporto di lavoro a tempo determinato per sostituire legittimamente dei lavoratori assenti. Legittimamente significa che sarà possibile, ad esempio, assumere un dipendente per sostituire una collega in maternità mentre non sarà possibile rimpiazzare un lavoratore che sta esercitando il suo diritto di sciopero.

Per finire, il ricorso ai contratti a termine con durata superiore a ventiquattro mesi è ammesso soltanto a fronte della formalizzazione presso la sede competente dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Come potete notare anche voi si tratta di una disciplina legislativa quantomeno barocca, che risente delle frequenti modifiche effettuate dal legislatore di turno. A farne le spese sono sia i lavoratori precari con poche certezze sul futuro che le aziende spesso coinvolte in contenziosi riguardanti la legittimità della causale apposta nel contratto a tempo determinato.

Non ci resta che aspettare la prossima legislatura per commentare l’ennesima riforma.

*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi

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