Sempre più spesso capita di vedere giovani cuochi intraprendenti inaugurare progetti particolarmente sfidanti e ambiziosi. Operazioni di riscoperta del territorio piuttosto che ristoranti di ultima generazione alla ricerca sempre più verticale di una experience più o meno esclusiva. È altresì vero che per quanti cercano di portare una voce nuova al discorso gastronomico ve ne sono altrettanti che scelgono di salire a bordo di progetti consolidati e già carichi di storia. È il caso (felice) di Simone Perata, trentacinque anni e originario di Celle Ligure (Sv), il quale dopo una serie di significative presenze in Italia e all’estero – prima da Gualtiero Marchesi, poi al Taillevent a Parigi, al Lasarte di Martin Berasategui, da Paolo Casagrande a Barcellona – torna a casa per una nuova sfida.
Il Mare Hotel di Savona non è certo una realtà nuova per la gente del posto e a dirla tutta non lo è nemmeno per Perata, il quale lavorò da A’ Spurcacciuna, il ristorante dell’hotel, già nel 2008/2009. Una realtà con un secolo di storia, se si vuole essere precisi, e sicuramente tra le più avvincenti del litorale, proprio perché iniziata dai nonni dell’attuale proprietà e portata avanti negli anni dai figli e oggi dai figli dei figli.
La prima sede dell’attività si trovava di fatto nel centro della città di Savona, in via Saredo. Siamo negli anni Cinquanta e già all’epoca i piatti forti della proposta erano i ravioli di magro e il ciuppin (la zuppa di pesce tradizionale). A quel tempo Giuliana era una donna/cuoca particolarmente attiva, con uno smercio notevole di pollame da cortile, vegetali, conserve, sughi, e avendo sempre per le mani tanti affari e tanti contanti i liguri della zona le dicevano scherzosamente «Ti te ‘na spurcacciuna?» e da qui il nome è diventato un segno e un riconoscimento.
Si deve a Giuliana Pessano, madre di Pervinca Tiranelli – attuale proprietaria e oste – l’intuizione di spostare il ristorante in una zona molto più defilata rispetto al centro ma più di passaggio. Nacque così il Mare Hotel, ultimato negli anni Settanta, con annesso ristorante di pesce. Restava forte l’idea di una cucina di prodotto, con una scelta altissima della materia prima ma pensata come ristoro per i viaggiatori, compresi i camionisti. «Inizialmente erano fissi due cartelli giganti fuori dall’hotel con scritto a caratteri cubitali Qui pesce fresco! per cercare di invitare la gente a fermarsi […] La materia prima se non è stata cento è stata almeno centodieci nella nostra famiglia. Senza voler sembrare presuntuosi ma veramente, sì, questo non si è mai discusso».
Da quell’epoca si è arrivati agli anni Duemila, quando Claudio Tiranini – fratello di Pervinca tragicamente mancato l’anno passato – avvia la ristrutturazione integrale delle cucine di A’ Spurcacciuna per intraprendere una svolta decisiva. Per farlo nel 2018 richiama Simone Perata ad unirsi al progetto che oggi, a tutti gli effetti, è nelle sue mani. Uno dei pochi veri tentativi di fine dining ad alto livello presenti nel Ponente ligure e che da qualche tempo attira un numero in crescita di appassionati, gourmet e addetti ai lavori.
La cucina di Perata è marcatamente segnata dal suo percorso. Nel bene, per l’estro creativo totalmente inaspettato e allo stesso tempo nella sfida di proporre una cucina così articolata e tecnicamente lavorata – a prezzi decisamente sostenuti. «A livello locale lavoriamo in sinergia con diversi pescatori della zona, scegliendo accuratamente pesci e crostacei ma senza essere mai certi di un approvvigionamento specifico. Tuttavia, sappiamo che il prezzo cui paghiamo noi il pescato spesso e volentieri non ci aiuta, per certi arrivi non si transige».
Da questo approvvigionamento selezionato nascono due menu degustazione, Alta Marea e Bassa Marea, che lasciano spazio al mare, alla Liguria e alle contaminazioni extra Europa. Non a caso, il benvenuto dello chef è una spiazzante spuma di rocoto (il peperoncino peruviano rosso fuoco e piccante) con ceviche, gelato all’oliva taggiasca e alghe croccanti. Deciso, ottimo e volutamente fuori contesto.
I riferimenti al territorio arrivano in primis dagli ingredienti – gli asparagi di Albenga presidio Slow Food, la toma di pecora Brigasca, la polenta del Mulino di Sassello – così come dal recupero di alcune ricette laboriose quali il cappon magro. Esecuzione riuscita e gusto umani per l’omaggio personale dello chef a Martin Barasategui con la millefoglie di foie gras, tonno rosso, alga nori, daikon marinato e sumiso. Un risotto in carta non manca, nel nostro caso lontano dalla classicità perché composto da aglio orsino, capasanta e triglia affumicata, lampone fermentato.
Tra i secondi, merita di essere menzionata la cima di pescatrice alla Wellington. È con questa ricetta che Simone porta in tavola tutta la tecnica pregressa, con un piatto che in pochi forse sanno valutare da un punto di vista esecutivo ma che indubbiamente ha liaison chiare con tutta la scuola francese – senza contare che si tratta di una rivisitazione dell’iconica cima genovese di vitello e verdure. Servizio al guéridon, direttamente dallo chef o dal navigato Giuseppe D’Angelo, maitre di A Spurcacciuna da oltre trent’anni – con il quale la cima arriva intera, avvolta in una sfoglia di pasta brisé perfetta, burrosa ed elegante. A questa delicatezza fa da contraltare un piccione servito in due servizi e sicuramente più funky grazie alla sua salsa al kimchi di fragole e ciliegie.
Una cena che ha un peso specifico a trecentosessanta gradi: nella formazione di una squadra strutturata con ruoli e ranghi, in una cucina con sette persone operative in alta stagione e impegnata su più di un servizio al giorno, un costo medio decisamente impegnativo e complessivamente un percorso degustazione denso. C’è estro, c’è creatività, c’è ambizione, c’è la voglia di non togliere nulla e di stupire con pennellate di colore e piatti forti. Dopo la nostra visita possiamo garantire che il giovane Perata è più che determinato, assolutamente ben saldo nella sua cucina e con tante ambizioni per il suo ristorante e per la sua stessa Liguria. Speriamo possa incontrare sempre più successi e consensi dall’Italia e dall’estero. Buon lavoro a tutto il team!