Il 28 ottobre 1935 a Milano veniva inaugurato il velodromo Vigorelli. Una pista da ciclismo ovale lunga circa quattrocento metri, larga 7,5 metri, ricoperta con settantadue chilometri di listarelle di pino di Svezia. Appena tre giorni dopo, nell’impianto completamente vuoto perché non c’era stato tempo per pubblicizzare l’evento, il ciclista Giuseppe Olmo vi stabilì il nuovo record dell’ora. Fu il primo uomo al mondo a infrangere il muro dei quarantacinque chilometri percorsi in un ora; precisamente 45,090. Fu una vera e propria impresa sportiva. Nella sua carriera il “Gepin”, come veniva chiamato dagli amici, vinse anche due Milano-Sanremo, una medaglia d’oro olimpica nel 1932 e venti tappe del Giro d’Italia.
La seconda guerra mondiale mise fine alla sua attività agonistica, ma non alla sua intraprendenza e alla voglia di ciclismo. Al termine del conflitto appesa la bicicletta al chiodo, iniziò la produzione di biciclette, pneumatici e tubolari, creando dal niente aziende che sono diventate un’eccellenza mondiale.
Giuseppe Olmo che veniva da una famiglia semplice, amava la campagna Toscana e considerava la terra come: rifugio, sostentamento e bellezza. Quasi un antesignano di quegli sportivi che una volta terminata l’attività sul campo, si ritirano in campagna e iniziano a produrre vino.
Così negli anni ’80 decise di acquistare la Tenuta di Artimino sulle colline tra Firenze e Prato.
Il cuore di questo luogo è la Villa Medicea “La Ferdinanda”, una struttura del 1596 (patrimonio Unesco) che si affaccia davanti al Borgo di Artimino, circondata da settecento ettari di terreno con colline, bosco, fiume, laghetti, vigneti e uliveti. L’area vanta una lunga storia enologica, iniziata con gli Etruschi e continuata con la famiglia de’ Medici. Il Carmignano fu protagonista del bando che Cosimo III emise nel 1716 e che viene considerato il “disciplinare” più antico al mondo.
Oggi alla guida dell’azienda ci sono Annabella Pascale e Francesco Spotorno Olmo, terza generazione della famiglia.
Annabella segue il progetto di riqualificazione di tutta la Tenuta, con l’obiettivo di fondere insieme l’enoturismo alla gastronomia e alla sostenibilità (l’uso di diserbo chimico nelle vigne è quasi inesistente), l’arte al lusso e alla scoperta del territorio toscano.
Il Carmignano a distanza di secoli è ancora prodotto con l’impiego di “uva francesca”, ovvero Cabernet, vitigno che si potrebbe quasi considerare autoctono: si racconta infatti che sia stato portato da Caterina de’ Medici a metà del Cinquecento. «Questo grande vino da arrosto e da cacciagione, a lungo invecchiamento, citato persino in alcune opere di D’Annunzio, ha ormai da tempo affermato la sua propria identità, diversa dal Chianti» dichiara Annabella.
I vini prodotti all’interno della tenuta sono suddivisi dalle denominazioni Docg, Doc e Igt.
Sono due le Docg toscane di cui si fregia la Tenuta. Il Carmignano Docg, amato già dalla famiglia Medici, prodotto in piccole quantità, caratterizzato dalla presenza del Cabernet nel blend. Il Chianti Docg invece è una denominazione più ampia e sicuramente più nota, sinonimo di Toscana e di eccellenza.
Per quanto riguarda le Doc c’è il Barco Reale che prende il nome della riserva di caccia voluta dai Medici per le proprie attività venatorie. La Doc si declina in rosso e in rosato e si caratterizza per vini territoriali che rappresentano l’alternativa al più importante Carmignano. Il Rosato prende il nome di Vin Ruspo che deriva dal termine toscano “ruspare” cioè rubare. Una volta infatti i contadini tenevano per sé il mosto che usciva dai bigonci di legno che portavano in cantina e che essendo stato per poco tempo a contatto con le bucce dava origine a un rosato.
L’Igt Artumes, il cui nome è un omaggio all’antico nome del paese di Artimino, è un bianco profumato e versatile. L’altro Igt, un rosso gentile, è il Centocamini; come si usa chiamare ancora oggi la Villa in virtù del numero di comignoli che svettano sul suo tetto. Infine c’è il Marrucaia, l’ultimo Igt, un vino di grande spessore e corpo, che stupisce per eleganza e carattere.