Se vedo, non credoIl profilo dettagliato dello scettico moderno

Come spiega Antonio Sgobba nel suo libro "Sei scettico? Una filosofia antica per i tempi moderni", edito da Einaudi, gli scettici sono più vicini di quanto immaginiamo. Sono risentiti, emotivi, dipendenti dalla tecnologia, creduloni e diffidenti allo stesso tempo

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Sentiamo di frequente parlare di scettici e di scetticismo oggi, quasi sempre ci si riferisce a persone o a teorie che mettono in dubbio o negano l’esistenza di qualcosa, spesso sulla base di cosiddette ricerche portate avanti autonomamente. Ci sono gli scettici dei vaccini, gli scettici del covid, gli scettici della scienza in generale. Possiamo leggere per esempio un articolo del «New York Times» che descrive atteggiamenti, abitudini, convinzioni dei cosiddetti scettici del Covid-19: vengono trattati come malati, i medici tentano di curarli con più informazioni, per correggere le loro convinzioni errate, ma questo non basta. Non basta mai.

Questi scettici di oggi sono ossessionati dalla purezza del proprio corpo e della propria mente, non vogliono contaminarli né con sostanze né con idee diverse dalle loro. Parlano molto spesso di libertà e dicono di non aver nessun atteggiamento di deferenza nei confronti di chi occupa una posizione di potere. «È davvero difficile fargli cambiare idea con i fatti e le informazioni. Non puoi ragionare così con loro», constatano sconsolati gli esperti consultati. Gli scettici dei nostri giorni pensano spesso ai complotti: una fantasia di complotto è rassicurante, un riparo in tempi difficili, un modo per portare ordine dove l’ordine non c’è.

(…) I cosiddetti scettici di oggi sembrano non trovare pace. Sono divorati dai dubbi, dalla paura, dall’ansia. Leggo tra le pagine online di uno dei più importanti quotidiani italiani: «Quando l’Italia ha iniziato a vaccinare, molti cittadini, per svariate ragioni, erano scettici». L’ho sempre pensato. Gli scettici sono più vicini di quanto immaginiamo. Certo, non credevo cosi tanto vicini: nei primi mesi del 2021 scopro di essere praticamente circondato. L’articolo riporta un’indagine effettuata in tutti i ventisette paesi dell’Unione europea dall’agenzia Eurofound. Qui posso trovare anche un profilo dello scettico mio connazionale: chi si definisce scettico «è uomo, ha un’età compresa tra i trentacinque e i quarantanove anni (diciassette per cento), è disoccupato (ventisei per cento); ha un livello educativo mediamente basso (trenta per cento); ha una salute molto buona (ventitré per cento) e vive in aree rurali (trentaquattro per cento) […] si informa per lo più tramite social media (trentuno per cento)».

Questo scettico mi somiglia: ha la mia età, il mio genere, la mia provenienza, la mia salute, sta sempre attaccato allo smartphone come me. D’accordo, un lavoro e un’istruzione io ce li ho, e può essere una differenza non da poco. Ma questo scettico credo di conoscerlo, di sicuro qualche volta ci avrò parlato. Potrebbe essere un mio parente, un mio compagno di scuola, l’avrò incontrato al bar.

La ricerca è europea, gli scettici non sono quindi solo un prodotto tipico statunitense o italiano. Leggo: «Sulla base delle quasi cinquantamila risposte analizzate, Eurofound stima che la percentuale di scetticismo in Europa segue una sorta di divisione geografica». I più scettici di tutti sono i paesi dell’Est, seguono quelli dell’Europa centrale, poi vengono i paesi mediterranei e infine quelli del Nord, i meno scettici del continente.

Nel dettaglio: in Danimarca, Malta e Irlanda a rifiutare il vaccino è solo il dieci per cento dei cittadini; in Slovenia, Croazia, Lettonia e Bulgaria la percentuale è superiore al quaranta per cento. In comune gli scettici europei hanno un’abitudine: «Secondo i nostri dati, coloro che si aggiornano tramite post e tweet sono due volte più propensi a essere scettici riguardo al vaccino, rispetto a coloro che usano i tradizionali mezzi di informazione; e sono quattro volte più propensi a credere che il Covid-19 non esista». E una condizione: «le categorie che hanno sperimentato una maggiore insicurezza professionale e finanziaria, come i disoccupati e liberi professionisti, sono coloro che hanno una maggior propensione a credere che il covid non esista, oppure che sia tutta una cospirazione».

Che cos’è successo a queste persone per ritrovarsi così? «Hanno accumulato un forte risentimento nei confronti delle istituzioni a causa dell’impatto economico che la crisi ha avuto su di loro e quindi non accettano le indicazioni espresse da chi li rappresenta: non tollerano le misure di contenimento del virus, come i lockdown e le quarantene, e rifiutano i vaccini», scrivono i ricercatori che mettono anche in relazione il tasso di scetticismo con un altro indice: «può essere riconducibile alla fiducia che la popolazione ha nel proprio servizio di sanità pubblica: più alta è la fiducia, minore è lo scetticismo». Risentiti, emotivi, dipendenti dalla tecnologia, creduloni e diffidenti allo stesso tempo. Oggi gli scettici vengono descritti così. Io me li ricordavo diversi.

Da “Sei scettico? Una filosofia antica per i tempi moderni”, di Antonio Sgobba, Einaudi, 184 pagine, 18 euro

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