Per contenere l’aumento della temperatura della Terra entro gli 1,5 gradi Celsius (rispetto ai livelli preindustriali) ed evitare gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici, i governi dovranno triplicare le installazioni di capacità energetica da fonti rinnovabili entro il 2030. Le conclusioni di un rapporto dell’Irena (l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), di Global renewables alliance (un’associazione industriale) e della presidenza della Cop28 non sono inedite, ma ribadiscono un concetto sul quale si era già espressa l’Agenzia internazionale dell’energia, la massima autorità del settore.
Secondo il recente rapporto dei tre enti, le installazioni globali di capacità rinnovabile dovranno «raggiungere più di undicimila gigawatt» entro il 2030, trainate dal solare fotovoltaico e dall’eolico. Lo scopo è ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili, la causa principale delle emissioni di gas serra. Carbone, petrolio e gas naturale, però, valgono ancora l’ottanta per cento circa del consumo energetico mondiale. E nel 2022 le emissioni collettive di gas serra hanno raggiunto un nuovo record, 36,8 miliardi di tonnellate.
Stando a un’analisi di luglio dell’Agenzia internazionale dell’energia, triplicare la capacità installata globale di fonti rinnovabili entro il 2030 è «la singola leva più importante» per ridurre sensibilmente le emissioni di CO2 e permettere il raggiungimento dei target nazionali di neutralità carbonica entro il 2050. L’espansione delle rinnovabili secondo questi termini permetterebbe di evitare che sette miliardi di tonnellate di CO2 finiscano nell’atmosfera tra il 2023 e il 2030: una quantità equivalente alle emissioni associate al settore elettrico della Cina, il Paese nettamente più emissivo.
L’agenzia pensa che triplicare le fonti pulite nel giro di appena sette anni sia un obiettivo ambizioso ma fattibile. Dal 2015 al 2022 le aggiunte annuali di capacità rinnovabili sono già raddoppiate, crescendo in media dell’undici per cento ogni anno: se si facesse leggermente di più, si riuscirebbe nell’impresa. A settembre, inoltre, venti nazioni – tra cui la Cina, gli Stati Uniti e l’India – si sono accordate proprio per perseguire la triplicazione delle rinnovabili entro il 2030.
Raggiungere un’intesa del genere alla Cop28, la conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici che si terrà tra novembre e dicembre a Dubai, potrebbe però non essere facile. Sia perché la platea dei partecipanti è molto più vasta (le nazioni partecipanti sono quasi duecento), e sia perché c’è chi pensa che focalizzarsi sulle rinnovabili non sia sufficiente: bisognerà anche approvare un patto condiviso per la dismissione dei combustibili fossili.
L’Unione europea è di questo parere. Il commissario Wopke Hoekstra, responsabile dell’azione per il clima, ha dichiarato a proposito che «non si può avere solo l’obiettivo sulle rinnovabili e poi definire la Cop un successo». Ma una dichiarazione per il phase-out dei fossili verrà probabilmente osteggiata dai governi esportatori di greggio e gas (come gli stessi Emirati Arabi Uniti, che controllano la compagnia petrolifera Adnoc) e da quelli consumatori. Di recente l’inviato per il clima della Cina ha detto che pensare di eliminare completamente le fonti fossili è «irrealistico». Un anno fa, nel contesto della Cop27, l’India precisò che «non ci sarà nessuna transizione dal carbone nel futuro prossimo» del Paese, nonostante i piani di sviluppo dell’energia pulita.
Al di là di queste importanti divergenze politiche, triplicare la capacità rinnovabile entro il 2030 è una sfida infrastrutturale, logistica ed economica. Secondo i calcoli dell’Agenzia internazionale dell’energia, per arrivare a undicimila gigawatt bisognerà che gli investimenti annuali internazionali passino da milleottocento miliardi di dollari (la cifra prevista per il 2023) a quattromilacinquecento miliardi. A questi andranno aggiunti i soldi necessari al rafforzamento delle reti elettriche, che dovranno essere in grado di ricevere e gestire molta più energia da impianti intermittenti.
Oltre alle rinnovabili, l’agenzia pensa che anche l’energia nucleare dovrà diffondersi maggiormente nel mondo, attraverso le centrali tradizionali e i nuovi reattori modulari in via di sviluppo. Lo stesso vale per le automobili elettriche (in sostituzione di quelle a benzina e gasolio) e per l’idrogeno a basse emissioni (utile a rimpiazzare i combustibili fossili nelle industrie non elettrificabili).
In ultimo, considerata la necessità dell’intervento pubblico, il processo di transizione ecologica andrà reso desiderabile alle popolazioni: una conversione troppo lenta rischia di mancare i target, ma una troppo brusca potrebbe impattare sull’occupazione e sulle capacità di spesa dei cittadini. Il report parla infatti della necessità di raddoppiare il tasso di efficienza energetica al 2030: negli edifici, ad esempio, andranno potenziate le installazioni di pompe di calore e contatori intelligenti al posto dei termosifoni e dei dispositivi tradizionali.