Un effetto tsunami superiore a quello provocato, il 22 febbraio 2021, dal niet dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede. È quanto, senza ombra di dubbio, si può affermare della dichiarazione Fiducia supplicans, che il medesimo dicastero ha diffuso lunedì a seguito dell’udienza pontificia con il cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández e il segretario per la Sezione dottrinale Armando Matteo. In poco più di due anni, infatti, il Papa ha rivisto la sua posizione in tema di benedizione di coppie di persone dello stesso sesso. Le quali, in linea con quanto già risposto al secondo dei cinque dubia cardinalizi e reso noto il 25 settembre scorso, potranno d’ora in poi essere impartite. A beneficiarne anche le coppie etero «in situazioni irregolari», ossia conviventi o divorziate risposate.
Com’era prevedibile, da più parti si è gridato e si continua a gridare allo scandalo o addirittura all’eresia. È il prezzo che purtroppo si paga nell’assolutizzare il valore di quanto prodotto dall’ex Sant’Uffizio e nel considerarlo come vincolante per sempre, immutabile, non suscettibile di variazioni nel tempo. Eppure, basterebbe citare, a riprova contraria, il decreto del 20 gennaio 1644 sul divieto di attribuire il titolo «immacolata» alla concezione di Maria, poi definita come tale l’8 dicembre 1854 da Pio IX. O quello del 28 novembre 1958, in cui si vietò la diffusione di immagini e scritti sulla devozione della Divina Misericordia secondo il diario – posto anche all’indice perché ritenuto in più punti infetto di mariavitismo – di suor Faustina Kowalska, che dal 2000 la Chiesa cattolica venera come santa con tanto di istituzione, a livello universale, della festa della Divina Misericordia. Ovviamente grazie a Giovanni Paolo II.
Al contempo sbaglierebbe, e di molto, chi leggesse in una tale apertura un mutamento sostanziale della «dottrina perenne della Chiesa». La Fiducia supplicans si pone, infatti, nell’ottica di approfondimento della stessa e di superamento di ciò che è caduco e contingente. Non a caso nella breve presentazione al documento il cardinale prefetto ribadisce la «dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione».
Cosa che viene maggiormente esplicitata nella dichiarazione, laddove si afferma, fra, l’altro, che «sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale “unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli”, e ciò che lo contraddice» (nr. 4) e che, «a proposito delle benedizioni, la Chiesa ha il diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione. Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione a unioni fra persone dello stesso sesso» (nr. 5). Da questo principio ne discende il divieto a benedire coppie in situazioni irregolari o di persone dello stesso sesso «contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio» (nr. 39).
Rispetto al citato Responsum del 2021 il passo in avanti della Fiducia supplicans nella comprensione della dottrina e nelle conseguenti disposizioni disciplinari-pastorali è costituito dall’analisi del senso delle benedizioni e dai diversi tipi di questo sacramentale. Analisi, che copre l’intero secondo capitolo per un totale di ventitré paragrafi. Il Dicastero, così, ricorda come accanto alle benedizioni liturgiche e ritualmente fissate esistano da sempre le spontanee e non ritualizzate, al cui alveo sono da ricondurre quelle da impartire alle dette coppie. Ne consegue dunque l’obbligo a non «promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare», come fatto, ad esempio, nel 2022 dalla Conferenza episcopale belga.
Ma si specifica, al contempo, che «non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa a ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo e aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà» (nr. 38). Un tale tipo di benedizione, ricorda inoltre la dichiarazione, può «trovare la sua collocazione» in contesti come «la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio», essendo il fine sotteso quello di «aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, e anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà» (nr. 39).
A ben guardare, la dichiarazione si pone nel solco della linea teologico-pastorale, già tracciata nel 2021 dal cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn. In un’intervista a Der Sonntag, infatti, il porporato e teologo austriaco (ex studente e pupillo di Joseph Ratzinger) aveva fra l’altro affermato «la questione se si possono benedire le coppie dello stesso sesso appartiene alla stessa categoria della domanda se ciò sia possibile per le persone risposate o per le unioni senza licenza di matrimonio. E qui la mia risposta è relativamente semplice. Se la richiesta della benedizione non è uno spettacolo, quindi non è solo una sorta di rito esteriore, se la richiesta della benedizione è onesta, è proprio la richiesta della benedizione di Dio per il percorso di vita che due persone, in qualsiasi condizione si trovino, tentano di fare, allora questa benedizione non dovrà essere loro negata. Anche se, come prete o vescovo, devo dire: Non hai realizzato tutto l’ideale. Ma è importante che voi viviate il vostro cammino sulla base delle virtù umane, senza le quali nessuna relazione può riuscire. E questo merita una benedizione. Se la giusta forma di espressione per questo è una cerimonia di benedizione della Chiesa, bisogna pensarci attentamente».
Valutata in una prospettiva storico-ecclesiale, la Fiducia supplicans va forse letta anche come una soluzione personale di Bergoglio all’impasse in cui, su questo tema e su altri relativi alle persone Lgbt+, si è venuta a trovare la prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Il ne verbum quidem della Relazione di sintesi ne è un’amara quanto eloquente riprova. Per il vescovo Massimiliano Palinuro, che, quale vicario apostolico di Istanbul, ha partecipato alla recente assise come padre sinodale, «la dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede è un documento di grande importanza, che testimonia la forza d’animo di Papa Francesco nell’aprire questa prospettiva. È indubbiamente un superamento dello stallo del Sinodo, ma anche un atto di grande coraggio, direttamente determinato dalla volontà del Santo Padre. Personalmente ammiro un tale atto e condivido totalmente contenuto e significato della Fiducia supplicans».