Dopo il sisma del 1783 sullo Stretto di Messina, per risollevare l’economia locale l’allora governo borbonico emanò una singolare normativa per incentivare l’imprenditoria internazionale nella città. Le regole erano quelle che vediamo anche oggi: importanti sgravi fiscali e agevolazioni per incentivare lo sviluppo economico.
L’effetto fu positivo per il tessuto socio-economico del territorio e nacque una fiorente economia del settore agrumario che diete origine all’industria di trasformazione degli agrumi. Succhi, essenze, agrocotto (il succo concentrato destinato, tramite processo di purificazione, alla produzione dell’acido citrico) e agrumi in ogni forma partivano dal porto di Messina per raggiungere America Centrale, America del Sud, Russia e la vicina Europa. L’azienda più grande era di una famiglia inglese, la Sanderson & Son, che fece dell’industria agrumaria una specificità della provincia.
A partire dal 1980 in poi la storia dell’industria agrumaria andrò spegnendosi – come buona parte dell’economia di questa zona – fino a perdersi, ma gli agrumi che nascono intorno alle sponde dello Stretto continuano a rimanere eccellenti, restando di ispirazione per gli artigiani che li lavorano per ottenere semi lavoratori per la pasticceria.
A cinquecento metri dalla spiaggia davanti l’isola di Lipari il sole è forte a metà dicembre e nel laboratorio di Nino e Consuelo si lavora a porte aperte, come fosse primavera.
Sono entrambi di buon umore nel loro piccolo laboratorio artigiano a Rometta Marea, la località tipica per la casa al mare dei messinesi che non vogliono allontanarsi troppo dalla città.
È il periodo in cui le pasticcerie lavorano molto e le produzioni casalinghe di dolci lievitati triplicano, e qui c’è molto da fare. Da Don – Il candito siciliano si lavorano le bucce di agrumi per fare eccellenti canditi, paste di arance e limoni per l’uso della pasticceria, a partire da materie prime locali come le arance calabresi, i limoni locali e i capperi di Salina.
Consuelo e Nino – compagni nella vita – sono i proprietari di questa bottega speciale. Lei, cubana, con un passato da indossatrice a Milano, mi racconta di sé mentre prepara gli ordini da spedire in giornata. È responsabile della logistica e dell’amministrazione.
E poi c’è Nino, messinese e fiero maestro del candito. Mi accoglie mentre prepara la purea di arancia. «Andrà alle pasticcerie per aromatizzare i grandi lievitati. La purea di agrumi è un altro ingrediente tipico dei panettoni perché funziona come un eccellente aroma naturale derivato sempre da agrumi canditi».
Nino specifica che il processo di canditura per la produzione della purea di agrumi deve essere diverso, meno zuccherino – quasi come un semi-candito – in modo che si esalti ancora di più il profumo e l’aromaticità.
Parlando di lievitato e impasti, chiedo a Nino se è figlio d’arte e da dove arriva la passione per la canditura. Il racconto che ne viene fuori è una storia di riscatto, dove la dedizione al lavoro diventa una ragione di vita.
«Nel 2015 ho avuto un problema di gioco d’azzardo. Sono entrato in questo tunnel perdendo tutto quello che avevo. Due anni dopo entro nella Comunità di San Patrignano e lì ho incontrato la mia salvezza». Dentro la Comunità, dove esistono programmi di formazione nel campo della pasticceria, Nino Modica viene inserito nel laboratorio di canditura. Giorno dopo giorno, per due anni, ha la possibilità di imparare un mestiere raro, appassionarsi e perfezionarsi. «Il tutto senza mai assaggiarli perché sono diabetico».
Una volta guarito dalla ludopatia, Nino e Consuelo hanno avviato un’attività cominciando a spedire canditi ai pasticceri che più stimano, per poi lavorare sui loro feedback e continuare a migliorare.
Il processo di canditura della frutta è una lavorazione che necessita di molta attenzione e di tempi lunghi. Questo è il principale motivo per cui i pasticceri sono soliti affidarsi ai professionisti o alle industrie. Si tratta di una lavorazione che vede l’uso di due ingredienti principali, zucchero e frutta, utili per avviare un processo fisico che permette di esaltare e bloccare i sapori della materia prima e conservarli nel tempo. Nel tempo tra gli ingredienti tradizionali si è inserito anche lo sciroppo di glucosio, che sovente viene sostituito a una parte di zucchero al fine di facilitare il processo.
Per la sua complessità nella lavorazione, la canditura è ormai una lavorazione rara da trovare in forma artigiana, a vantaggio di quella industriale in cui, chiaramente, si rischiano di perdere il vero profilo aromatico del frutto candito.
I metodi di canditura solitamente adottati sono due: quello italiano e quello francese, che si differenziano in base al momento di aggiunta e gestione dello sciroppo di zucchero durante il processo. Negli anni si è aggiunto il metodo Morandin – chiamato così perché creato dal maestro canditore Rolando Morandin, che aveva semplificato il processo.
Oggi Nino Modica studia la sua via nella tecnica di canditura, cercando di trovare il giusto equilibrio per ogni frutto.
L’obiettivo è quello di ottenere un candito in cui lo zucchero sia capace di stare un passo indietro rispetto alla aromaticità della materia prima, senza che il colore naturale si disperda. E poi c’è la consistenza, che deve essere soda, lontana dalla gommosità dei canditi di scarsa fattura.
La qualità della frutta è un elemento fondante di un buon candito. Nino spiega che per lui è condizione imprescindibile l’uso di frutta maturata senza il supporto di fattori esterni e non trattata. La provenienza, of course, non può che essere locale: «Ho iniziato con le bucce di agrumi siciliani, ma poi ho provato le bucce calabresi e sono rimasto sorpreso dal risultato. Ad oggi, ho un fornitore in Calabria per la buccia cubettata di arance non trattate. Sempre dalla Calabria arriva il cedro Diamante, mentre mandarini e limoni sono siciliani, questi ultimi di varietà Femminello».
Il candito di Don si è affinato nel tempo, anche grazie ai feedback dei pasticceri che hanno aiutato l’artigiano a identificare le migliorie da apportare.
«Ad oggi produco un candito che posso definire di qualità e sono grato di questo perché il mestiere della canditura mi ha tenuto lontano da gesti estremi, in un momento molto buio della vita. Per questo, sento di essere in debito e quello che posso fare è puntare al migliore candito possibile».
E così che forse si completano i tanti racconti del panettone artigianale di cui abbiamo letto in queste settimane: guardando al duro lavoro che inizia ancora prima dell’impasto e passa tra le mani di altrettanti artigiani e professionisti che concorrono a ottenere il meglio. Nella frenesia del lievitato, ci dimentichiamo spesso che la qualità delle singole materie prime, come il candito, sono determinanti quanto l’insegna che impasta e inforna.
Nella pasticceria italiana il candito non si prende mai il centro della scena del dessert. Ma che sia un cannolo, una cassata o un panettone, quando il candito è buono, è l’aura con cui quel dolce brilla e si distacca da tutti quegli altri che hanno solo il sapore dello zucchero.
Lascio il laboratorio all’ora di pranzo. Abbiamo tanto parlato di panettoni, di produzioni del Natale e della frenesia di questi giorni, ma fuori il sole scotta e si sento solo il rumore del mare calmo.
Don – Il candito siciliano artigianale
Via Carlo Alberto dalla Chiesa – Rometta (Messina)