Sorpasso a destraLa durissima legge francese sull’immigrazione e qualche appunto per il Pd

Il nuovo provvedimento dell’Assemblea Nazionale piace all’elettorato ed è un trionfo per il Rassemblement National di Le Pen. Questa storia deve valere come promemoria anche per la sinistra italiana

AP/Lapresse

La durissima nuova legge sull’immigrazione fa tremare il mondo politico francese, ma viene molto apprezzata da un popolo felicemente incurante del teatrino della politica. Il terremoto politico ha una ragione molto semplice: la legge è tanto rigorosa che è stata approvata all’Assemblea Nazionale sia dai deputati di Emmanuel Macron – ma una trentina hanno votato contro – sia dai neogollisti, sia da Marine Le Pen. Una prima volta assoluta e sconvolgente per la sinistra che la sdogana e la fa entrare definitivamente nell’ambito repubblicano. Premessa per una vittoria sempre meno improbabile nelle presidenziali.

Dunque, un netto spostamento a destra dell’asse di governo della presidenza Macron, una quasi rottura con la forte componente socialista del suo partito e infine un trionfo per Marine Le Pen ormai completamente sdoganata quanto ad affidabilità democratica.

Se lo si analizza dall’Italia, questo scombussolamento della scena politica francese è più che interessante perché, al di là delle dinamiche tra partiti, questo irrigidimento estremo non tanto sugli immigrati, ma addirittura contro gli immigrati riscuote la netta approvazione dell’elettorato. I sondaggi danno infatti dal sessanta al settanta per cento di soddisfazione popolare per il voto dell’Assemblea nazionale per questa durissima legge sull’immigrazione e addirittura un sondaggio accompagna la massima soddisfazione a un settantatré per cento degli intervistati che sostiene che la legge è stata ispirata dal Rassemblement National di Le Pen.

Un fenomeno dirompente a due passi dai nostri confini, sul quale la nostra distratta sinistra, a iniziare da Elly Schlein, farebbe bene a riflettere, perché smentisce e ribalta tutti i capisaldi della sinistra e del Partito democratico quanto a regolamentazione dell’immigrazione regolare.

Innanzitutto, il settantasei per cento dei francesi – sondaggio di Le Figaro, confermato da quello di Le Point – approva l’eliminazione dell’automatismo dello ius soli, in vigore da decenni in Francia a causa del suo strutturale deficit demografico. D’ora in avanti chi nasce in Francia da genitori stranieri non diventerà più automaticamente cittadino francese di diritto, ma dovrà chiedere specificamente e consapevolmente la cittadinanza tra i sedici e i diciotto anni – e potrà essere non concessa in caso di fedina penale sporca. Evidentemente, la schiacciante minoranza dei francesi ritiene che la cittadinanza non si debba ricevere per automatismo, ma debba essere frutto di una scelta cosciente.

Da notare che dopo cinque anni di soggiorno regolare in Francia la legge prevede già chiunque abbia compiuto gli undici anni, possa chiedere la nazionalità, che può essere rifiutata, e dare l’apposito esame. Primo promemoria per il Partito democratico e la sinistra.

Addirittura, l’ottantaquattro per cento dei francesi concorda con il ritiro della nazionalità francese ai possessori di doppia nazionalità che abbiano commesso crimini contro le forze dell’ordine. Un reato diffuso e una disposizione durissima contro i giovani rivoltosi delle banlieue. Un provvedimento durissimo, che apre la strada a centinaia di espulsioni di cittadini francesi di origine maghrebina orbati della cittadinanza.

Il settantacinque per cento dei francesi è poi d’accordo con la fine dell’automatismo generalizzato per ricevere gli assegni familiari. D’ora in poi potranno essere percepiti dagli immigrati solo dopo cinque anni di soggiorno regolare e quindi di versamento dei contributi.

Uguale la percentuale dei francesi che approva la necessità per gli immigrati di cumulare cinque anni di residenza prima di avere diritto ai contributi sociali per l’affitto oppure di godere di altri contributi familiari per famiglie numerose.

Sempre al settantacinque per cento il gradimento per l’articolo che prevede che le quote di immigrati regolari da fare entrare in Francia ogni anno non siano più decise per via amministrativa dal ministero del Lavoro ma vengano discusse in una sessione parlamentare, dunque, siano sottoposte a valutazioni di opportunità politica e non solo di esigenze del mercato del lavoro.

L’unico articolo della legge che non riscuote la maggioranza netta dei favori dei francesi è quello che proibisce l’internamento dei minori nei centri di detenzione amministrativa, quindi un provvedimento progressista.

Nel complesso, un giro di vite rigidissimo, che ha messo in evidente imbarazzo un Macron privo di una maggioranza parlamentare e quindi costretto a patteggiare con le opposizioni.

Ma soprattutto, la conferma che in Francia, come in altri Paesi europei, sulla regolamentazione dell’immigrazione regolare – questo è il punto, non sul tema dei clandestini – l’elettorato è addirittura più a destra dei suoi parlamentari.

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