Accanimento terapeuticoL’anacronistico progetto per riqualificare un impianto sciistico in provincia di Como

Il rilancio turistico delle aree montane deve fare i conti con le conseguenze del cambiamento climatico di natura antropica. L’iniziativa “OltreLario: Triangolo Lariano meta dell’outdoor”, che interessa il monte San Primo, testimonia che il nostro Paese non si sta muovendo per ripensare l’inverno

Manifestazione dicembre 2022 in località San Primo - Alpe Borgo, con l'unica nevicata dell'inverno 2022-2023. Courtesy of Circolo Ambiente "Ilaria Alpi"

In Italia la rete autostradale si estende per circa settemila chilometri. Considerando che l’estensione totale delle piste da sci si sviluppa per circa seimila chilometri in tutta la penisola, si può affermare che l’offerta sciistica certo non manca. Del totale di questi impianti, il novanta per cento viene innevato artificialmente per via delle temperature sempre più alte. Una misura indispensabile soprattutto per l’economia del turismo e dello sport outdoor, che però cela un problema che si autoalimenta: si usa la neve artificiale perché quella naturale è insufficiente, ma continuando a utilizzarla si contribuisce all’impatto ambientale e all’innalzamento delle temperature, per cui nevicherà sempre meno.

In questo contesto si inserisce il progetto “OltreLario: Triangolo Lariano meta dell’outdoor”, un’iniziativa che interessa il Monte San Primo, la montagna lariana che si colloca tra le Prealpi comasche e che nel suo punto più alto raggiunge un’altezza di 1.682 metri sopra il livello del mare. La proposta è stata pensata come mezzo per il rilancio turistico della località San Primo (Bellagio); si articola in diversi punti e prevede la costruzione di nuove infrastrutture sciistiche e un impianto di innevamento artificiale dove ormai nevica sempre meno.

Come riportato dal progetto di fattibilità tecnica ed economica i finanziamenti stanziati ammontano a più di cinque milioni di euro: un milione erogato da Regione Lombardia, un milione dalla Comunità Montana Triangolo Lariano, tre milioni dal ministero dell’Interno. Oltre alla riqualificazione di un impianto sciistico, i fondi sono destinati alla realizzazione di altre opere, tra cui un nuovo bacino di accumulo, tapis roulant, livellamenti, allargamenti e messa in sicurezza delle piste, giochi, attrazioni, parcheggi e riqualificazione dei sentieri.

Il progetto presenta diverse criticità a livello di sostenibilità ambientale ed energetica, ma anche economica. La prima riguarda la natura del monte San Primo: la zona interessata dal progetto si estende da quota 1.115 m.s.l.m. fino a quota 1.480 m.s.l.m. «Tutti gli studiosi ci dicono che in questo momento lo scii ha futuro solo a partire dai 1600 m.s.l.m. – racconta a Linkiesta Pietro Lacasella, antropologo e scrittore interessato ai contesti alpini e curatore del blog Alto-Rilievo – voci di montagna –. Ora si inizia anche a parlare dei 1.800 m.s.l.m. Questa cosa è molto grave, perché si parla sempre di soldi della comunità – nell’ordine dei milioni – che vengono investiti a favore di pochi, perché sciare è diventata una pratica che solo in pochi si possono permettere con l’aumento dei prezzi».

Le problematicità legate all’impatto ambientale dell’intero progetto riguardano anche le infrastrutture legate allo sci e tutto ciò che consegue la realizzazione di un impianto. «È prevista la costruzione di qualche decina di parcheggi, ma anche di un laghetto artificiale che avrebbe la base in plastica e che dovrebbe ricevere le acque piovane, senza tener conto del rischio siccità – afferma Roberto Fumagalli, presidente del Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” –. Si pensi anche ai tapis roulant che necessiterebbero di strutture in cemento, dei toboga di plastica, dei cannoni sparaneve e delle cabine elettriche che dovrebbero fornire nuova energia e che avrebbero un forte impatto sul contesto naturale».


Anche dal punto di vista economico e gestionale il progetto presenta delle criticità: come racconta il presidente del Circolo ambiente “Ilaria Alpi”, nella valle del San Primo sono presenti delle strutture ricettive, come rifugi, ristoranti e un hotel, che già oggi raggiungono spesso il tutto esaurito nei giorni festivi. I rischi sono legati anche alle incognite sulla futura gestione dei nuovi impianti, vedendo ad esempio quanto accaduto con l’Alpe Borgo, una struttura composta da un agriturismo con stalle di proprietà della Comunità Montana Triangolo Lariano che è stata ristrutturata oltre dieci anni fa grazie a fondi europei. «Dopo i lavori, però, non è stata fatta alcuna gara d’appalto per affidarne la gestione e attualmente la struttura è di fatto inutilizzata. L’intero progetto delle nuove strutture può rivelarsi un buco nell’acqua. Il rischio è che nessuno si voglia prendere in carico la gestione degli impianti, visti gli elevati costi di esercizio, e che questi rimangano lì, ad arrugginire nuovamente», chiude Fumagalli.


La valorizzazione del territorio da un punto di vista turistico è possibile, anche in maniera sostenibile. «Ci sono già dei sentieri che oggi possono essere frequentati 365 giorni all’anno e che invece in passato erano inagibili durante i periodi invernali, a causa della nevicate – continua Fumagalli –. Per valorizzare questi sentieri, oggi, è necessaria una manutenzione. Questo potrebbe essere un modo per incentivare le passeggiate e l’afflusso di turisti, senza però impattare sul territorio».

La costruzione dell’infrastruttura sciistica sul Monte San Primo si trova al momento in una fase di fattibilità del progetto. «C’è molta confusione riguardo a questo progetto», racconta a Linkiesta Angelo Barindelli, sindaco di Bellagio. Secondo il primo cittadino, l’iniziativa «non prevede la costruzione di alcun nuovo impianto, ma parla piuttosto di riqualificazione attraverso l’introduzione di nuove infrastrutture. Si tratta di un intervento ecologico, che non ha niente a che vedere con il cambiamento climatico». Barindelli lo definisce anche un progetto di turismo sociale, volto anche a mitigare gli effetti della crisi ecoclimatica: «Verrà realizzato anche un invaso in prossimità delle piste, che fungerà da riserva idrica in caso di siccità e servirà anche come risorsa per agire sugli incendi. La struttura sparaneve sarà mobile, così che se non dovesse servire potrebbe essere spostata anche da un’altra parte», chiude.

Il caso del monte San Primo ha catturato l’attenzione anche della stampa internazionale, come la Cnn e il Telegraph grazie al Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo”, composto da una rete di cittadini, cittadine e trentatré associazioni civiche che propongono iniziative di informazione, sensibilizzazione e protesta nei confronti dei finanziamenti con soldi pubblici di nuovi impianti di risalita e di innevamento artificiale al San Primo, che implicherebbero un ingente consumo di suolo e di risorse.

Manifestazione dicembre 2022 in località San Primo – Alpe Borgo. Courtesy of Circolo Ambiente “Ilaria Alpi”

«Stiamo vivendo una fase di transizione che dovrebbe spingere le amministrazioni a reimmaginare il territorio e la pianificazione territoriale alpina – commenta Lacasella  –. Il problema è che si continuano a riprodurre dei modelli turistici anacronistici, di matrice anni Sessanta, quando le condizioni climatiche e sociali erano diverse rispetto a quelle odierne. È un accanimento terapeutico, un progetto che non ha futuro».

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