Mangino il puddingSe il Times dichiara guerra al panettone

Il quotidiano londinese sferra un attacco contro il dessert natalizio italiano, giudicato immangiabile. Eppure gli inglesi ne comprano tantissimi

Foto di Matt Seymour su Unsplash

«Basta con il panettone! Troppo dolce, pesante ed eccessivamente cotto. Buono soltanto per regalarlo». Attacco durissimo al più noto e tradizionale dolce natalizio milanese. Ma se pensate che l’invettiva sia opera di un pasticciere di Verona, invasato supporter del pandoro, siete fuori strada. E potete abbandonare anche la pista che porta a Napoli e a qualche raffinato e iracondo produttore di pastiere e babà.

A dirlo, anzi a scriverlo, è stato nientepopodimeno che il critico gastronomico del Times. Tony Turnbull, food editor del più prestigioso dei quotidiani londinesi, si è scagliato contro il dolce italiano con una ferocia a dir poco bizzarra, ma soprattutto palesemente sospetta, anche perché abbinata a una strenua difesa del classico Christmas pudding, che per la tradizione inglese rappresenta l’unica e degna chiusura del pranzo di Natale. Il panettone – scrive più o meno il critico londinese sotto il titolo “Perché detesto il panettone” – è troppo cotto, pesante, dolce e addirittura “pericoloso”. Però ­– spiega – è ben confezionato e per questo va benissimo come regalo a un collega o alla dog-sitter, che a loro volta lo rifileranno a qualcun altro, in una sorta di gioco della “patata bollente”, in cui l’importante è non rimanere con il pacco in mano la vigilia di Natale. Insomma: il panettone in versione Peppa Tencia.

Ma non basta. A chiusura della sua astiosa sparata anti-panettone l’ineffabile Turnbull aggiunge che l’unico modo per utilizzare il dolce milanese è aspettare l’avvicinarsi della “scadenza di aprile” per farne un gigantesco pudding, con l’aggiunta di burro. Ed eccoci al pudding e alle vere motivazioni dell’articolo. Soltanto pochi giorni prima tutti i quotidiani di Gran Bretagna avevano raccontato come in Inghilterra sia scoppiata una sorta di panettone-mania. Un successo già iniziato qualche anno fa, ma che in questi giorni ha raggiunto punte di vendita, e di apprezzamento, mai toccate. Tanto che la catena di supermercati Waitrose ha recentemente segnalato che le vendite nell’intero Regno Unito sono aumentate del ventiquattro per cento. Dati confermati anche dai grandi magazzini Selfridges.

Insomma, giornali e servizi televisivi rivelano la grande passione inglese per il panettone in tutte le sue declinazioni: dal più tradizionale a tutte le possibili varianti di farcitura, senza dimenticare le versioni salate per aperitivi e antipasti. Ma è senza dubbio il successo del panettone dolce, simbolo stesso delle festività natalizie, che ha messo in moto l’astiosa reazione del signor Turnbull. Da più parti infatti il successo del prodotto italiano è stato presentato come una clamorosa sconfitta per il Christmas pudding.

Ed ecco allora il “food editor” scendere in campo per prima cosa a contestare i dati forniti da commercianti, giornali, riviste e tv. Non è possibile – è la tesi di Turnbull – fare paragoni fra la diffusione dei due dolci nelle famiglie inglesi per un semplice motivo: il panettone può essere solo comprato, mentre il pudding si può fare in casa. Quindi non è possibile calcolare quanti sudditi di Sua Maestà festeggino il Natale consumando con grande soddisfazione un pudding di produzione casalinga.  «Per questo – confessa – sospetto (e spero) che i dati non raccontino l’intera storia» e lascino grande spazio al più tradizionale dei dolci natalizi britannici: il Christmas pudding, appunto.

Ma di cosa si tratta? Chiamato anche plum pudding o plum duff, è un budino di frutta secca di forma rotonda. Per realizzarlo servono uova, mandorle, canditi, zucchero, melassa, rum e spezie di vario genere. Normalmente viene servito flambé e decorato con un rametto di agrifoglio ed è, come dicevamo, il principale dessert natalizio inglese, popolarissimo non solo nel Regno Unito, ma anche in Irlanda.

Decisamente più complesso ricordare la ricetta del panettone, che dalle antiche origini milanesi si è esteso a tutta Italia, in una infinita e fantasiosa serie di variazioni. Dalle più semplici, con l’eliminazione dei canditi o delle uvette, alle più complesse e a volte cervellotiche farciture.

La storia dice che la prima traccia di panettone si trova in un documento del 1470 in cui Giorgio Valagussa, precettore degli Sforza, parla del cosiddetto “rito del ciocco”: a Natale si metteva un grosso ceppo di legno sul fuoco, poi i commensali mangiavano delle fette di pane di frumento. Fatto eccezionale perché i fornai, tranne quelli che panificavano per i nobili, avevano il divieto di usare farina di frumento, riservata a nobili e ricchi. Le Corporazioni milanesi avevano però deciso che a Natale tutti mangiassero lo stesso pane, detto “Pan de Sciori” o “Pan de Ton”, cioè pane dei signori, di lusso, che veniva arricchito con zucchero, burro e uova.

La prima ricetta vera e propria risale invece al 1549, con il cuoco ferrarese Cristoforo di Messisbugo, che elenca gli ingredienti di un dolce tipico del milanese: farina, burro, zucchero, uova, latte e acqua di rose, da far ben lievitare e avere forma tonda. La prima definizione ufficiale di panettone è invece del 1606, quando nel dizionario milanese-italiano il termine “Panaton” viene tradotto con “grosso pane preparato per Natale”.

Infine il panettone, come lo intendiamo oggi, nasce ufficialmente nel 1919 dall’inventiva imprenditoriale di Angelo Motta. Ma, oltre la storia c’è la leggenda. E la leggenda vuole che nel 1495 il cuoco di Ludovico il Moro si ritrovi disperato per aver bruciato il dolce del cenone natalizio. Ed ecco che in suo soccorso arriva il garzone, Toni, che, con un panetto di lievito messo da parte per sé, realizza un dolce strepitoso: il “pan del Toni”, che ha un grande successo a Corte e in breve diventa una tradizione per l’intera città. Insomma, un dolce ricco di sapore e profumo, ma anche di storia e di fantasia.

Impossibile sapere se il food editor del Times sia al corrente di tutto ciò e se ci abbia pensato prima di scrivere il suo articolo. Forse un ripassino gli sarebbe servito. Ad ogni modo è Natale e un augurio non si nega a nessuno. Neanche a mister Turnbull. Un augurio. E una fetta di panettone. Male che vada, la userà per prepararsi un pudding.

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