Imbarazzo alimentarePochi italiani chiedono la doggy bag al ristorante perché si vergognano

La nuova indagine di Fipe-Confcommercio e Comieco conferma il tabù italiano sull’abitudine già molto diffusa in diversi Paesi: solo il 15,5 per cento dei clienti chiede al ristoratore il contenitore per il cibo avanzato. E la percentuale scende all’11,8 per cento con il vino

(Unsplash)

Pochissimi italiani chiedono oggi la doggy bag al ristorante, soprattutto perché li imbarazza la richiesta di portare a casa il cibo non consumato o magari perché lo ritengono di cattivo gusto. La nuova indagine di Fipe-Confcommercio e Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi) conferma il tabù italiano sull’abitudine che invece è già molto diffusa in diversi Paesi: solo il 15,5 per cento dei clienti italiani chiede la doggy bag, nonostante la quasi totalità dei ristoratori – quasi il 92 per cento – sia già attrezzato con contenitori e vaschette di alluminio per consentirlo. E la percentuale scende all’11,8 per cento con il vino: in tanti, per vergogna, preferiscono alla fine lasciare a tavola le bottiglie a metà.

Mentre Forza Italia ha presentato di recente un disegno di legge che prevede di introdurre l’obbligo di fornire la doggy bag ai clienti dei ristoranti (e una proposta di legge analoga era stata presentata lo scorso dicembre al Senato dalla Lega), i dati dicono che la consuetudine di portarsi a casa il cibo ordinato e non consumato riguarda ancora solo una piccola parte della clientela.

La resistenza è soprattutto culturale. Secondo un ristoratore su due, il basso numero di richieste è dovuto al fatto che il cliente si vergogna di chiedere di portare a casa gli avanzi e non perché sia contrario. Anche perché gli italiani, soprattutto dopo la fiammata del caro prezzi nel carrello, sono sempre più attenti agli sprechi: il 74 per cento si dice a favore della possibilità di portare a casa il cibo che non è riuscito a consumare e per il 22 per cento è addirittura una variabile centrale nella scelta del ristorante.

Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher International di Andrea Segrè, più della metà degli italiani dice di non riuscire sempre a mangiare tutto ciò che ordina. Ma tra questi, ancora la metà ammette di non portare via quello che resta nel piatto. Il 26 per cento è contrario, principalmente per imbarazzo (14 per cento) o perché è una scelta di cattivo gusto (12 per cento). Risultato: in Italia nel 2022 sono stati buttati poco più di 4,2 milioni di tonnellate di cibo, per un valore economico di 9,3 miliardi di euro.

Eppure non sono pochi i ristoratori (43 per cento) che tentano di superare l’imbarazzo comunicando che si ha la possibilità di portarsi via cibo e vino non consumati. Anche perché la maggior parte dice di essere pienamente attrezzata per gestire l’asporto con contenitori adatti alla conservazione di prodotti alimentari.

A chiedere la doggy bag sono soprattutto i più giovani under 35 «perché viene naturale». Mentre tra i pochi adulti che lo fanno, la motivazione è economica: «Perché ho pagato tutto quello che mi hanno portato». Solo il 31 per cento cita la motivazione etica «per evitare lo spreco di cibo».

L’abitudine di chiedere un contenitore in cui conservare gli avanzi dei pasti al ristorante è sdoganata in diversi Paesi, in particolare negli Stati Uniti. Negli ultimi anni diversi Paesi europei, dalla Spagna alla Francia, hanno adottato delle leggi per rendere obbligatorie le doggy bag nei ristoranti.

In Italia, già nel 2019 un’indagine di YouGov aveva fatto emergere che tra le principali motivazioni della mancata richiesta della doggy bag c’era la vergogna. Il 21 per cento delle persone intervistate era contraria all’idea di portare a casa gli avanzi perché temeva che questa richiesta potesse essere considerata maleducata o ritenuta sinonimo di tirchieria. E quindi preferiva evitare.

Negli ultimi anni però, complice la maggiore sensibilità alla sostenibilità ambientale, l’avversione degli italiani nei confronti delle doggy bag  si è ridotta. Secondo un’analisi del Censis per conto di Coldiretti pubblicata a gennaio dopo la presentazione del disegno di legge di Forza Italia, quasi un italiano su due (il 49 per cento) è favorevole al loro utilizzo.

«Che il contrasto dello spreco alimentare sia sempre di più nell’agenda politica è un fatto positivo», ha detto Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio. «Ma la giusta sfida pone anzitutto uno sforzo culturale per superare i tanti pregiudizi che ancora condizionano le scelte delle persone. Occorre, cioè, una “spinta gentile” che porti ad assumere comportamenti virtuosi in grado di fare la differenza». In linea anche Andrea Segrè: «Più che di obbligatorietà, in rapporto alle food bag nei ristoranti, dovremmo parlare di prevenzione, sostenibilità, educazione alimentare».

In vista della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del prossimo 5 febbraio, Fipe e Comieco hanno rinnovato la collaborazione che nel 2019 ha promosso il progetto “Rimpiattino”, la versione italiana della doggy bag, attraverso il quale sono stati distribuiti ai ristoranti aderenti all’iniziativa i contenitori di carta per portare a casa il cibo e il vino non consumati a tavola. In totale, a oggi, sono stati distribuiti 24.000 “Rimpiattini” tra 875 ristoranti di 22 città. «La diffusione su base volontaria del Rimpiattino tra i ristoratori ha proprio l’obiettivo di abbattere il muro dell’imbarazzo che ancora oggi rappresenta l’ostacolo più importante alla diffusione dei comportamenti anti spreco», ha spiegato Stoppani.

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