Solo nel mese di giugno, il settore della ristorazione cercava 200mila risorse. Un numero destinato ad aumentare nel corso di tutta la stagione estiva: si stima che durante l’intero trimestre la domanda di lavoro supererà la soglia delle 300mila unità. Il problema è che spesso questi annunci restano senza risposta. E in quasi la metà dei casi i posti di lavoro vacanti in bar, hotel e ristoranti resteranno scoperti. Una condizione che si è acuita con la pandemia e che oggi sta spingendo aziende della ristorazione e imprenditori del comparto a reinventarsi in termini di modelli di business e di lavoro, anche per rendere questo settore più attrattivo agli occhi dei giovani.
«Stiamo ancora assistendo a una crisi in termini di scarsità di candidature e mismatch di competenze», conferma Nadia Piscioneri, National Industry Leader FMCG di The Adecco Group Italia. «Durante il periodo pandemico sono uscite dal comparto circa 500.000 persone, che rappresentano più del doppio di tutte le assunzioni avvenute negli anni precedenti. La chiusura delle attività ha comunicato un’immagine di crisi e insicurezza. I lavoratori si sono sentiti poco tutelati, buona parte di loro ha trovato una nuova occupazione. Il settore ha perso reputazione e, alla ripresa delle attività, molti hanno deciso di non tornare al lavoro di prima».
Anche perché, cambiando settore, in tanti hanno scoperto turni e ritmi di lavoro più leggeri rispetto a quelli martellanti della ristorazione. «Hanno assaporato il concetto del work-life balance e dello smart working, quindi una flessibilità in termini di orari e luoghi di lavoro, rispetto a un’attività lavorativa su turni, che si gestisce spesso su sette giorni su sette o sei giorni su sette», spiega Nadia Piscioneri. «Oggi le nuove generazioni sono alla ricerca di equilibri migliori tra vita e lavoro, e quest’ultimo deve generare benessere emotivo e inserirsi in un progetto di vita».
La cattiva reputazione del settore si riflette anche nel calo drastico delle iscrizioni agli istituti alberghieri, diminuite del 46% dal 2014 a oggi, e nel tasso di abbandono dal medesimo percorso del 75%. «La percezione che hanno i giovani è quella di un settore caratterizzato da poche possibilità di carriera, carichi di lavoro eccessivi e sacrificanti, mancanza di tutele e scarsa possibilità di conciliazione dei tempi di lavoro e tempi di vita», spiega la manager.
Da qui la necessità per gli imprenditori di reinventarsi, sia in termini di modelli di business che di modelli organizzativi, anche per stare al passo con una crescita che rende indispensabile l’inserimento di nuove risorse: secondo i dati del Centro Studi di Fipe-Confcommercio, nei primi tre mesi del 2023 l’aumento del fatturato della ristorazione è stato del 30% rispetto allo stesso periodo del 2022.
Stanno dunque aumentando i ristoranti che chiudono anche più di un giorno a settimana e quelli che restano aperti solo a pranzo o solo a cena, per rendere più «umana» la gestione del lavoro. Si evitano, ad esempio, i turni spezzati. Si garantiscono i giorni di riposo. «È una trasformazione epocale, le aziende stanno imparando a gestire meglio gli orari, i giorni di riposo, e a investire maggiormente sullo sviluppo delle competenze», dice Nadia Piscioneri.
Anche il lavoro, dunque, oltre al cibo, diventa sostenibile. «In passato era sufficiente che un ristorante pubblicasse un annuncio di lavoro per essere sommerso di candidature», racconta Nadia Piscioneri. «Oggi bisogna andare a stimolare e attrarre i candidati. L’employer branding diventa asset strategico. Il settore, quindi, deve necessariamente trasmettere un messaggio di rassicurazione e regolarità nel rapporto di lavoro con le giuste tutele. La narrazione deve evidenziare benessere, aggiornamento continuo e professionalità, e mostrare le possibilità di carriera con soddisfazioni al pari di altri settori, oltre che una retribuzione adeguata».
Inoltre, oggi, anche la ristorazione sta evolvendo verso l’innovazione digitale indotta soprattutto dalla contestuale variazione dei comportamenti della clientela «con investimenti tecnologici che integrano soluzioni digitali alla presenza fisica, e strategie importanti di attraction ed engagement che si basano su un approccio nuovo in termini di stile lavorativo, di ambiente, di team. La digitalizzazione ricopre un ruolo importante anche nella definizione della customer experience: oggi i clienti chiedono maggior rapidità ed efficienza in alcune fasi, come l’ordine o l’acquisto, e, al contempo, cercano contesti capaci di garantire un’esperienza di qualità anche in termini di cucina sana, eccellenza delle materie prime e ambienti piacevoli. Si registra una crescita esponenziale dell’e-commerce e l’adozione di soluzioni innovative tra sistemi contactless per i pagamenti digitali, sviluppo del delivery e del menù in formato QRcode e prenotazioni dei tavoli in maniera smart, attraverso le app», spiega Nadia Piscioneri.
Davanti a questa trasformazione epocale e generazionale, le aziende si stanno impegnando a far sì che il settore rinasca a una seconda vita, puntando proprio sulle future generazioni e lavorando in partnership con realtà come Adecco, che facilitano il dialogo con le scuole e gli studenti fin dalla fase di orientamento. «Comunichiamo ai ragazzi, insieme ai nostri partner, che questo è un settore gratificante e con opportunità di carriera, con ruoli riconosciuti dal mercato del lavoro e coinvolgimento nella mission e nei valori aziendali. Molto spesso, ad esempio, si entra come dipendente e poi si diventa imprenditori avviando un’attività in proprio», chiude Nadia Piscioneri.