Esiste un bel parallelo tra cinema e gastronomia: entrambe le esperienze hanno un campo lessicale ed esperienziale comune, con il necessario intervento dei produttori e la condivisione di uno spazio comune, il cinema o la sala da pranzo. Entrambi stimolano i sensi e vengono amplificati dal momento della condivisione. A tavola come al cinema, quando si riaccendono le luci, la gente racconta quello che ha mangiato, spinta da questo bisogno di condividere un’esperienza che vissuta in solitaria non sarebbe la stessa: «Il cinema è come la tavola, è un generatore di link» spiega Anne Georget, presidentessa di un festival che si tiene ogni anno a Biarritz ed è dedicato ai documentari.
In calendario a gennaio, la manifestazione quest’anno prevede un programma ricchissimo: più di 140 film, cinque serie di documentari, 25 cortometraggi e 19 esperienze digitali. Un totale di 189 opere di ogni tipo, tra cui non mancano anche le riflessioni sul cibo, naturalmente al centro delle preoccupazioni globali.
L’anno scorso il festival ha accolto 32.000 spettatori. Non è proprio una sorpresa per Georget, perché è un evento rivolto a tutti. Programmi accessibili ai più piccoli (dagli otto anni), altri rivolti ai lavoratori, agli scolari, ai pensionati… Insomma, ce n’è per tutti i gusti. L’associazione organizzatrice va ancora oltre, allestendo proiezioni itineranti alla fine della settimana del festival, ad esempio nei centri di custodia cautelare o negli EHPAD (strutture ricettive per anziani non autosufficienti), per attirare un pubblico ancora più vasto.
Questa facilità di accesso è dovuta anche e soprattutto alla pluralità degli argomenti trattati nella programmazione: «Nessun tema è escluso, vogliamo solo storie vere» riassume la presidentessa. La libertà dei registi nella forma è illimitata e spazia dai cortometraggi alle serie di documentari. Tutte le scritture e tutte le grammatiche del cinema vi possono essere rappresentate, a patto che il racconto sia ritmato.
Una sezione del festival ovviamente ci interessa un po’ più delle altre, e si intitola “Le Goût du doc” (“Il gusto del documentario”). Anne Georget spiega il suo personale legame con la cucina, che deriva in particolare da un forte patrimonio culinario familiare. Il messaggio trasmesso dalla cucina e dalla sua condivisione è quindi, da quando ha memoria, sempre stato un tema centrale. Da documentarista, ha realizzato anche due film, “Les Recettes de Mina, Terezin 1944” (2007), e poi “Festins Imaginaires” (2015). Questo è stato presentato nel 2016 alla famosa Berlinale (festival internazionale del cinema di Berlino), in una sezione dedicata alla cucina. È da questa programmazione che Anne Georget ha preso spunto per “Goût du doc”, che dà spazio agli chef, ai prodotti, all’industrializzazione del cibo e più in generale a tutte le tematiche legate al tema, ma ci tiene a dire che il cibo «Non è una sottocategoria, perché mangiare è politico». Biarritz è anche una terra di prodotti eccezionali con un’immensa concentrazione di ristoranti stellati su entrambi i lati del confine: «C’è un interesse naturale per la cosa qui», riassume.
Piano piano negli ultimi due anni ha preso piede il “Gusto del doc”. L’obiettivo è consolidarlo definitivamente, magari completando le sessioni con degustazioni. Si tratta di un progetto che sta molto a cuore al team del festival perché i film che vengono proiettati hanno spesso un tocco piuttosto leggero rispetto a documentari dai toni più seri, o addirittura più drammatici. Il “Taste of the Doc” presenta quest’anno cinque film, ma essendo il cibo un argomento molto trasversale, altri documentari che avrebbero potuto rientrare nella nostra categoria preferita vengono presentati attraverso altri piani.
FIPADOC, dal 19 al 27 gennaio a Biarritz.
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