L’entità antisemita Le danze sudafricane sul genocidio e sulla cancellazione di Israele

Anziché isolare o condannare certi forsennati israeliani, a partire dalle responsabilità di Netanyahu, i beniamini dei tagliagole e la cloaca social danno spazio a generalizzazioni che finiscono solo per negare a un Paese, e al suo popolo, l’esistenza

AP/Lapresse

Avevamo fatto qualche banale considerazione, qui, sulla funzione screditante e sul presupposto neo-antisemita dell’accusa di genocidio rivolta a Israele. Era prima che si aprissero le danze sudafricane del processo all’Aia, intentato da quella affidabile democrazia con il visto di approvazione di una buona quota di Stati-tagliagole, con il favore della fogna social fremente nell’attesa della sentenza che liberi quelle terre dalla grinfia giudaica, e con l’incondizionata linea di credito processuale garantita agli accusatori dall’associazionismo pacifista specializzato nella rimozione e deposizione nella monnezza dei volantini con le immagini degli ostaggi israeliani.

E se di quell’accusa – genocidio – avessimo dovuto scrivere oggi, cioè dopo l’inizio del processo per la denazificazione di Israele, previa sbianchettatura del 7 ottobre, ci sarebbe toccato osservare che in realtà è anche peggio di quel che l’andazzo preconizzava: neppure soltanto l’imputazione infamante, la più infamante, a carico dell’Entità colonizzatrice, infatti, ma la spoliazione del suo diritto di difendere in qualsiasi modo una terra indifendibile perché usurpata.

La grande mozione politico-ideologica dell’accusa, di cui l’addebito di genocidio è soltanto un simulacro, coincide cioè con la contestazione originaria: la contestazione del diritto all’esistenza di Israele. E mentre è verissimo che da parte israeliana sono venute sconsiderate dichiarazioni di qualche ministro o di qualche generale, ma senza che nulla di simile si sia mai istituzionalizzato in nessuno strumento ufficiale, né in una pratica documentata, è altrettanto vero che da più parti, non solo dai cortei apertamente filo-sgozzatori, sono venute le inestimabili gemme sul 7 ottobre che non viene dal nulla e sul diritto dei terroristi di “difendersi”, non senza il capolavoro argomentativo (sempre fonte Onu) secondo cui Israele non ha invece titolo per difendersi dai razzi perché questi in realtà non partono da una realtà indipendente, ma da un territorio occupato.

E così, anziché isolare e condannare gli spropositi cui si lasciano andare certi forsennati israeliani, e anziché lavorare sulle responsabilità politiche di un primo ministro screditato e irresponsabile, si fa il fascio di tutto e gli si dà il nome di genocidio: un nome senza il quale sarebbe sempre possibile, ma un po’ più difficile, fare spallucce davanti alla rivendicazione del diritto di risiedere dal fiume al mare passando per lo sterminio nel kibbutz e per il massacro degli impudenti che danzano in faccia alla gente che soffre.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter