Algoritmo lentoIl deludente limbo di Threads

L’app di Meta che avrebbe dovuto soppiantare Twitter finora non ha sconvolto il mercato dei social network ma è ancora troppo presto per giudicarlo un fallimento. La piattaforma al momento soffre degli identici problemi di X: bot, linguaggio d’odio e una marea di contenuti spazzatura

AP/Lapresse

Nonostante il clamore, a poco più di un mese dal lancio in Europa, Threads non ha scombussolato il mondo dei social network. L’app di Meta è approdata sugli smartphone dei cittadini europei lo scorso 14 dicembre, dopo un tribolato percorso di approvazione per soddisfare le condizioni imposte dal Regolamento generale sulla protezione dei dati Ue. Erano già passati quattro mesi dal lancio statunitense e dall’annuncio, in pompa magna, di un risultato storico: cento milioni di utenti raggiunti in meno di cinque giorni. Spodestare ChatGpt, che solo qualche mese prima aveva infranto ogni record, era sembrato l’inizio di un processo irreversibile: la fine (precoce) della nuova (controversa) gestione di Twitter e l’inizio di una nuova era del microblogging social. L’amore, invece, è durato poco: dopo un mese, il tempo che gli americani dedicavano a Threads era già diminuito dell’ottantacinque per cento rispetto ai primi giorni e gli utenti attivi erano calati drasticamente.

I numeri hanno dato ragione a Mark Zuckerberg solo in parte: l’app è stata la più scaricata nel mondo nel terzo trimestre del 2023 (duecentotrentasei milioni di download) ma l’ottanta per cento delle nuove iscrizioni è arrivato a luglio, il mese del lancio. Secondo Exploding Topics, a gennaio 2024 gli utenti totali hanno raggiunto quota centosessanta milioni. Come già detto, la crescita ha rallentato notevolmente nel corso dei mesi, dopo aver sfruttato il vantaggio che avrebbe dovuto rappresentare il vero vantaggio di Threads: la sconfinata base di utenza di Instagram (oltre un miliardo di account), in grado di approdare sul nuovo social network in maniera agile. Sono dati facilmente interpretabili: dopo aver vissuto uno dei più grandi debutti della storia, l’interesse nei confronti della nuova piattaforma è rapidamente calato e l’app sta sgomitando per ottenere una fidelizzazione degli utenti che al momento sembra mancare, almeno per quanto riguarda i grandi numeri.

È ancora troppo presto per sentenziare sulla riuscita di Threads nel vecchio continente, dove peraltro Twitter non ha mai attecchito completamente sul grande pubblico e l’effetto novità è stato maggiore. Non è difficile invece interpretare un declino così evidente oltreoceano. Il problema più lampante di Threads, fin da subito, è stato il fatto di non rappresentare una novità. Sotto ogni punto di vista. A partire da quello tecnico, relativo all’algoritmo: come spiegato a Wired US da Jonathan Stray, esperto di “algoritmi di raccomandazione”, l’approccio è coerente con quello adottato dalle altre piattaforme di social media. «L’engagement, in varie forme, è senza dubbio il parametro principale utilizzato per il ranking dei contenuti essenzialmente da tutte le piattaforme».

Le nostre abitudini su Instagram si ripercuotono sul feed di Threads. Per questo, soffermarsi sugli account delle celebrità o mettere like a post che ritraggono gatti sul primo influenzerà direttamente il secondo. Da un punto di vista strettamente tecnico, ciò avviene perché il nuovo social non è altro che un’estensione dell’Api (application programming interface) del servizio di condivisione delle foto di Meta. Che è anche il motivo per cui il nostro flusso è costantemente intasato da post che iniziano con «Qualcuno bravo con Photoshop», seguiti dalla richiesta di eliminare elementi dallo sfondo di una foto scattata da chissà chi (con annessa l’immancabile trafila di collage ironici realizzati a partire dall’immagine originale).

Non finisce qui. La piattaforma soffre, come prevedibile, degli stessi identici problemi di X: bot, linguaggio d’odio e una marea di contenuti spazzatura. Persino Adam Mosseri, capo di Instagram, si è scusato personalmente con gli utenti per la scarsa qualità dei contenuti proposti dalla sezione “suggerimenti”. Nella pesca a strascico che è la ricerca di follower su una nuova piattaforma, il cosiddetto rage farming (suscitare indignazione attraverso dei post) e la diffusione di messaggi discriminatori hanno infatti preso il sopravvento. Il risultato di ciò sono feed che, tra un «qualcuno bravo con Photoshop» e l’altro, risultano saturi di post omofobi e razzisti. Nulla di troppo diverso da quanto avviene sull’app di Elon Musk.

Nell’ottica di un confronto con X, anche l’assenza dei trending topics resta una mancanza non da poco. Sembra però che Meta stia lavorando a una funzione simile, in modo da colmare il divario con la piattaforma rivale in termini di qualità di feed (allo stesso scopo è stata annunciata anche l’introduzione degli hashtag)

Ma non basta. O meglio, non è questo il punto. Sebbene Instagram abbia commercializzato Threads come un’alternativa a X, non lo è affatto. Quest’ultima è stata a lungo conosciuta come una piazza digitale, l’unico social in cui i non addetti ai lavori potevano accedere ed essere notati da politici o personaggi pubblici, oltre a tenersi aggiornati sulle notizie in tempo ultra-reale. Lo stesso Adam Mosseri, invece, ha dichiarato in più occasioni che Threads non ha in programma di potenziare le news e i contenuti politici. Inoltre, le sue linee guida impongono una stretta aderenza a regole che soffocano l’umorismo esplicito e dark. Che, nel bene o nel male, è ciò che piace a una larga fetta degli utenti del fu Twitter.

In quest’equazione relativa al futuro delle piattaforme di microblogging manca però la variabile “terremoto”, una variabile particolarmente apprezzata da Musk. Si ritorna periodicamente sulla sfida X-Threads perché è quello il nocciolo della questione: solo il fallimento dell’una attesterà il vero trionfo dell’altra. Il successo del nuovo parco giochi di Mark Zuckerberg dipenderà più dal social controllato dal patron di Tesla – e amministrato da Linda Yaccarino – che non da sé stesso. Soprattutto in Europa.

Il miglioramento e l’aggiunta di feature tecniche, unite alla spinta migratoria per fuggire dalla vecchia piattaforma dell’uccellino blu, naturalmente, giocheranno un ruolo importante per l’andamento dell’app di Meta. Tuttavia, X potrebbe decidere di rovinarsi con le proprie mani, intensificando ulteriormente il conflitto tra Musk e gli inserzionisti presenti sul social, dopo mesi di polemiche e la decisione di grandi marchi come Ibm e Disney che hanno tolto la loro pubblicità dalla piattaforma.

Inoltre, la compagnia di San Francisco potrebbe arrivare davvero a ritirare X dai Ventisette a causa delle normative più severe che si stanno avvicinando, come il Digital Services Act. La Commissione europea ha già avviato un’indagine a ottobre, per la presunta diffusione di disinformazione sulla piattaforma riguardo agli eventi in corso in Palestina. Insomma, molto dipenderà da quanto l’Europa si accanirà contro X: un ban si tradurrebbe nella definitiva carta vincente per Meta. Ironico, considerata la storica insofferenza di Menlo Park nei confronti della «guastafeste Bruxelles».

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