Le armi giusteLa disastrosa strategia di Netanyahu per il futuro di Gaza e la speranza elettorale di Israele

Le politiche estremiste del governo non mirano alla normale eliminazione di Hamas, ma alla colonizzazione della Striscia. A questo punto solo gli elettori possono salvare lo Stato ebraico da questa destra estrema, aggressiva e fanatica

AP/Lapresse

Benjamin Netanyahu ha elaborato una nuova, disastrosa strategia per il futuro di Gaza. Per un decennio ha favorito uno status quo con Hamas, ha ordinato che dall’aeroporto Tel Aviv passassero liberamente centinaia di milioni di dollari destinati a Gaza provenienti dal Qatar e da altri donatori, nella convinzione che – fatto salvo i lanci di razzi intercettati da Iron Dome – Hamas non costituisse un pericolo strategico per la sicurezza di Israele. Anzi, che il suo oltranzismo verbale, favorisse lo status quo in Cisgiordania e la fine della prospettiva dei due Stati.

L’incredibile mancanza di una qualsiasi linea di difesa militare tra la Striscia e il territorio nazionale è stata figlia di questa direttiva politica, più che dell’insipienza dei vertici militari – che pure c’è stata. La facilità con la quale duemila miliziani hanno travolto la barriera elettronica e fatto strage di milleduecento civili nei kibbutz e nel Rave Party, lo scorso 7 ottobre, ha dimostrato che quella strategia del governo era un suicidio. Una sconfitta epocale, per certi versi vergognosa, un trionfo di Hamas nella carneficina del pogrom che segnerà per sempre il popolo israeliano. La più grande e penosa sconfitta della sua storia. Ingiustificabile responsabilità di una leadership fallimentare.

Netanyahu però non intende prendere atto delle proprie, enormi responsabilità e quindi, come spesso ha fatto, ora ribalta la sua posizione e punta a condurre la guerra non solo per distruggere Hamas, come è giusto e indispensabile fare, ma anche per espellere da Gaza quanti più palestinesi possibile. Da una posizione liberale, quale ha sempre avuto, si è rapidamente spostato sulla posizione di estrema destra suprematista e xenofoba dei suoi alleati Itamar ben Gvir e Bezael Smotrich. Secondo quanto riporta Le Monde, il 25 dicembre, nel corso della direzione del Likud, ha infatti annunciato: «Ridurrò la popolazione di Gaza al suo minimo».

In realtà, questa strategia – ancora una volta suicidale, ma ora coloniale – è quella dei suoi alleati di governo di estrema destra. Bezael Smotrich, leader di Sionismo Religioso e ministro delle Finanze ha infatti dichiarato il 31 dicembre alla Radio Militare: «La soluzione corretta per il conflitto è incoraggiare l’emigrazione volontaria da Gaza verso Paesi disposti ad accogliere i rifugiati che vi si rifaranno una vita. Dobbiamo impedire che a Gaza rimangano due milioni di palestinesi che sognano la distruzione di Israele. Noi peraltro non vogliamo governarli. Se in definitiva vi resteranno centomila o duecentomila arabi, tutto l’assetto relativo al dopo la distruzione di Hamas cambierà. Israele deve mantenere al confine con l’Egitto e nella Striscia un controllo militare a oltranza che richiede anche una presenza civile di sostegno». Parole inequivocabili, degne di un leader che si autoproclama «fascista».

La gravità di questo progetto, che trasformerebbe Israele in una nazione che attua una pulizia etnica feroce e colonizza Gaza, è tanto drammatica quanto insostenibile.

Smotrich – subito appoggiato da Itamar Ben Gvir che dice che «la guerra è un’occasione per incentivare l’emigrazione da Gaza» – vuole espellere, evidentemente manu militari e con stragi, perché altra possibilità non vi è, il novanta per cento della popolazione palestinese di Gaza, che supera i due milioni, e sostituirla con coloni ebrei.

Secondo quanto riporta il Times of Israel alcuni ministri della coalizione avrebbero già contattato il Congo, che avrebbe dato il suo assenso, per trasferirvi abitanti di Gaza, ovviamente indisponibili a un esilio forzato. Dunque, una conduzione feroce della guerra non più mirata solo a distruggere Hamas, ma anche e soprattutto a terrorizzare la popolazione civile per costringerla a fuggire di là dai confini. Un orrore intollerabile.

Netanyahu tace e, a quanto risulta, acconsente, anche perché senza i voti di Smotrich e Ben Gvir il suo governo non ha la maggioranza.

È questa una strategia tanto feroce quanto suicida. Se solo venisse tentata, infatti, gli Stati Uniti si dissocerebbero e non eserciterebbero più il veto contro le risoluzioni più dure e ultimative contro Gerusalemme, che si troverebbe in una posizione insostenibile senza l’aiuto militare e diplomatico di Washington che infatti ha subito bollato Smotrich e ben Gvir come «irresponsabili».

Il tutto – il punto è cruciale – nei confronti di una Striscia che non ha nulla a che fare con la storia del popolo ebraico, con la Bibbia e con lo storico Regno di Israele. A quei tempi infatti, Gaza, porto fenicio, era occupata dai filistei e successivamente è sempre e solo stata abitata da arabi. È stata occupata militarmente da Israele con l’occupazione del Sinai a seguito della sconfitta egiziana del 1967.

Dunque, neanche la minima, peraltro ingiustificabile, motivazione di un possesso ebraico storico. Puro colonialismo e – si può usare il termine – imperialismo.

A fronte di tutto questo è tanto indispensabile quanto urgente che – ora che la guerra si è cronicizzata e che i riservisti iniziano a tornare a casa – il governo Netanyahu dia al più presto le dimissioni e si vada a nuove elezioni. Solo gli elettori possono salvare Israele dal male oscuro rappresentato da questa estrema destra aggressiva e fanatica.

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