Quesiti linguisticiCome usare la parola «pedissequamente», spiegato dall’Accademia della Crusca

In latino indicava era il «servo che accompagna a piedi il padrone». L’aggettivo viene usato per chi «segue l’esempio altrui senza alcun apporto proprio e originale» o per un’azione che viene eseguita «in modo preciso, ma privo di originalità»

(Unsplash)

Tratto dall’Accademia della Crusca

Pedissequo (da pronunciare con l’accento sulla i) è un aggettivo di origine colta, derivato dal latino pedĭsĕquus, a sua volta formato da pes, pedis ‘piede’ e dalla radice del verbo sĕquor ‘seguire’. Il termine in latino ha valore prevalentemente nominale e indica il ‘servo che accompagna a piedi il padrone’. Anche in italiano pedissequo si trova usato in tal senso nei libri di storia, sia come nome, sia anche come aggettivo (il servo pedissequo): ha proprio questo significato nella sua prima attestazione, risalente alla fine del secolo XV (un esempio di Girolamo Savonarola segnalato nel GDLI: “Disse Michea [al re Acab]: Tu vincerai colli pedissequi de’ prìncipi delle provincie. E ragionati questi pedissequi Acab ne trovò 232”). Ricalca il latino la grafia con una sola -s-, che è oggi tramontata, nonostante le ripetute difese, nell’Ottocento, da parte del lessicografo Giovanni Gherardini, che, in questo come in altri casi, indicava come corretta la grafia con la consonante scempia, conforme al latino classico.

Ma il significato principale di pedissequo, usato solo come aggettivo, è un altro, e cioè quello (diffuso a partire dal sec. XVIII) di ‘che segue l’esempio altrui senza alcun apporto proprio e originale’ (riferito a persone) o ‘che è stato eseguito in modo preciso, ma privo di originalità’ (riferito a cose). L’aggettivo si usa non di rado con riferimento all’operazione del tradurre: si parla di traduzione pedissequa di una poesia a proposito di una traduzione letterale, parola per parola, fedele ma poco riuscita sul piano stilistico.

Se dunque, nell’uso comune, il termine pedissequo ha un valore riduttivo, se non spregiativo, c’è però anche un uso settoriale, proprio del linguaggio del diritto, in cui l’aggettivo significa ‘che è connesso logicamente e cronologicamente a un determinato atto giuridico’ e, dunque, non ha alcuna connotazione negativa.

Un lettore ha trovato pedissequo in un testo del 2022. Si tratta di un documento burocratico della Sapienza Università di Roma, di cui, grazie alla rete, possiamo riportare un passo più ampio di quello inviatoci dal lettore:

Al fine di garantire lo svolgimento delle attività in condizioni di sicurezza, devono essere applicate con il massimo rigore le misure di contenimento del contagio previste dal richiamato D.L. n. 24/2022, nonché le seguenti misure stabilite dalla Task Force Safety di Ateneo:
– mantenimento, ove possibile, della distanza interpersonale di un metro;
– utilizzo pedissequo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
– divieto di accedere o permanere nei locali universitari ai soggetti con sintomatologia respiratoria o temperatura corporea superiore a 37,5°;
– mantenimento delle attività di tracciamento dei contatti. (Catalogo dei Corsi di studio)

Nel documento (che, può aver tenuto presente l’uso giuridico di pedissequo) il significato dell’aggettivo, che forse il lettore ha trovato un po’ forzato in quanto riferito al termine utilizzo, è quello, normale, di ‘passivo’, inteso però nel senso, positivo, di ‘rispettoso delle indicazioni’, ‘corretto’, ‘senza interventi personali che potrebbero comprometterne l’efficacia’.

Deriva da pedissequo l’avverbio pedissequamente, che è senz’altro una forma corretta (e così rispondiamo alla domanda di un altro lettore), come dimostra la sua registrazione in tutti i principali dizionari italiani. Anch’esso può essere usato con valore negativo (come nell’esempio di Benedetto Croce riportato nel GDLI: “era uno dei tanti metodi bolscevici [sic] che il preteso regime antibolscevico pedissequamente imitava”), ma anche in senso positivo, per esempio da chi impartisce un ordine (“mi raccomando di seguire pedissequamente le mie indicazioni”). Il GRADIT data l’avverbio prima del 1952, ma Google libri ci fornisce un esempio della fine del sec. XVIII:

La falsità del sentimento del Severini, pedissequamente seguito dal Gualtieri, venne dimostrata nel secolo passato dall’Ab. Mario Francesco Mariotti. (Giuseppe Colucci, Antichità picene, XVIII, 4, Fermo, pei torchi dell’autore, 1793, p. 8)

Allo stesso lettore diciamo invece che *pedissequioso (di cui non ho trovato attestazioni) non è una forma accettabile, diversamente da ossequioso. Anzitutto, “il suffisso -oso ha la funzione di formare con la designazione di un’entità X un aggettivo con il significato ‘pieno di X’, come per esempio […] in occhi lacrimosi o in spiaggia sassosa” (Ulrich Wandruszka, in Grossmann-Rainer 2004, p. 382). Inoltre, si aggiunge prevalentemente a basi nominali (come negli esempi finora citati) o, di rado, verbali (come nel caso di appiccicoso o pensoso), ma non aggettivali; e pedissequo è un aggettivo, diversamente da ossequio. Infine, la forma corretta sarebbe se mai *pedissequoso, perché la -i prima di -oso non fa parte del tema (ancora una volta diversamente da ossequioso, analizzabile come ossequi-oso). Data anche la vicinanza semantica tra ossequioso e pedissequo (chi segue passivamente qualcuno può farlo in segno di ossequio), è forte il sospetto che *pedissequioso costituisca una contaminazione tra i due aggettivi.

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